Carla Tomasini: «I bambini felici sanno come mangiare»
Negli ultimi anni sono aumentati i casi di disturbi del comportamento alimentare nei più piccoli. L’importante è insegnare loro che cosa mettere nel piatto già dai primi anni, spiega a Grazia la pediatra Carla Tomasini, nota sul web come PediatraCarla. Perché l’infanzia serena si costruisce a tavola
Sono una pediatra di famiglia e con questo vi ho già raccontato molto di me, perché faccio un lavoro bellissimo: aiuto le famiglie a “crescere” nel loro insieme e nella loro complessità. L’intera famiglia è il mio paziente. Sostenere un bambino e il suo nucleo familiare nei primi anni significa infatti cambiare le sorti di quel bimbo per sempre, perché l’infanzia è il terreno su cui cammineremo per tutta la vita. Si gettano le basi per la salute fisica e psicologica.
Ma è più facile dirlo che farlo: siamo davanti a nuove sfide. Sono in aumento i disturbi psichiatrici nei bambini, quelli alimentari, le dipendenze tecnologiche e i danni fisici da sedentarietà. Ma davanti a un panorama così preoccupante abbiamo anche grandi risorse: pediatri sempre più pronti all’ascolto.
Ho deciso di dedicarmi alla nutrizione come strumento universale di salute, sia del bambino sia del Pianeta, perché mangiare sano significa anche contribuire a un minore impatto ambientale. Ma c’è di più: attraverso il cibo noi entriamo in contatto con noi stessi e con le nostre emozioni più profonde, costruiamo un’identità familiare e culturale. E soprattutto il cibo è una forma di comunicazione universale: quando dobbiamo vederci con degli amici li invitiamo a cena e quando si celebra un rituale religioso in qualsiasi latitudine il cibo ne è sempre parte. Perché da che mondo è mondo il cibo unisce e la tavola è un centro di interazione sociale. E in una società malata aumentano i disturbi del comportamento alimentare e interessano sempre di più la fascia d’età pediatrica. Non è più raro che debba diagnosticare l’anoressia in una bambina di 9 anni e quotidianamente ricevo richieste di aiuto da parte di genitori che descrivono il pasto come “un incubo”. Ho deciso di occuparmi di comportamento alimentare fisiologico per fare in modo di evitare, nel limite del possibile, queste situazioni.
La salute non si fa solo nel piatto, ma anche e soprattutto intorno al piatto. Riflettiamo: un bambino che rifiuta un piatto non lo fa solo per il sapore, probabilmente sta comunicando qualcosa. Magari è stanco, assonnato, vuole più attenzioni. Sono mille le possibilità e la chiave è mettersi in ascolto. Ciascun genitore è il miglior esperto del proprio bambino. Oggi c’è sovrabbondanza di cibo (non sempre sano) perciò l’ultima preoccupazione dovrebbe essere la denutrizione, eppure nei primi anni di vita la famiglia è ossessionata dal timore che il piccolo non mangi, producendo la sua fuga dalla tavola. C’è chi li intrattiene con televisione e tablet, ma sono solo stratagemmi che sortiscono l’effetto opposto: un bambino che ottiene attenzioni perché non mangia, non mangerà per ottenere attenzioni. E negli anni seguenti? La preoccupazione diventa quella opposta: l’obesità. Ecco che scattano i commenti sul peso e i primi divieti che generano tristezza intorno al cibo, creando un circolo vizioso.
L’ideale è partire con il piede giusto: fiducia nei propri bambini e anche in se stessi come genitori, non temere i rifiuti perché fanno parte del quotidiano nei bimbi più piccoli (poi passano!), offrire comunque alimenti sani, dare regole e limiti (ma saper essere elastici quando serve) e ricordare che i momenti che i nostri figli ricorderanno di più quando non ci saremo saranno molto probabilmente quelli in cui erano a tavola con noi. La tavola è un luogo dove si produce ossitocina, l’ormone dell’amore e della famiglia, non c’è niente di più potente che un buon ricordo della tavola per poter dire di avere avuto un’infanzia felice.
di Carla Tomasini
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