Amanda Seyfried: Mia figlia non crescerà a Hollywood
È andata a vivere in campagna e da pochi giorni è diventata mamma. Amanda Seyfried non è più la ragazza insicura di un tempo ma una diva con le idee chiare.
La prima volta che ho incontrato Amanda Seyfried è stato sei anni fa e, oltre che entrambe più giovani, eravamo tutte e due anche molto più scapestrate. Ci trovavamo a Verona, per la promozione del film Letters to Juliet, una commedia romantica infarcita di molti stereotipi. Lei interpretava Sophie, un’aspirante giornalista che, aiutando una signora inglese (Vanessa Redgrave) a ritrovare il suo amore adolescenziale (Franco Nero), capiva molte cose di se stessa e di che cosa cercare in un uomo.
Reduce dal successo di Mamma Mia! Seyfried all’epoca era considerata l’aspirante ideale al ruolo di nuova fidanzatina d’America, posizione che ogni cinque anni rimane vacante e che lei, bella senza risultare eccessivamente sexy, dolce senza sembrare troppo banale, sembrava poter ricoprire alla perfezione.
All’epoca fidanzata con l’attore Dominic Cooper, Amanda aveva una vita sentimentale così instabile che nel pezzo scrissi una cosa del tipo: “c’è la possibilità che, quando questo articolo andrà in stampa, i due si siano già mollati e che si siano già ripresi e mollati ancora nel tempo in cui questo giornale arriverà nelle mani dei lettori”. Cosa che più o meno è accaduta.
La donna che ho ritrovato a New York è, invece, la prova che l’irrequietezza è ormai un ricordo del passato. Amanda, che durante questa mia intervista sfoggiava un gran pancione e iniziava il conto alla rovescia verso la sala parto, da pochissimi giorni è diventata mamma di una bambina avuta con l’attore Thomas Sadoski, conosciuto nel 2015. Poche settimane fa i due si sono pure sposati in gran segreto. «Siamo fuggiti, in campagna, solo noi e un prete», ha raccontato lui in tv.
L’occasione per cui incontro l’attrice è la presentazione di Live Irrésistible Eau de Parfum (vedi anche pagina 146), nuova fragranza di Givenchy, maison di cui Amanda è testimonial per i profumi già dal 2013.
Seduta sul divano della suite che ci ospita con il suo cane rannicchiato ai piedi, Amanda è rilassata e serena. Mentre lei parla accarezza la testa di Finn e lui, come risposta, appoggia il muso sulle sue ginocchia: «È il mio primo cane: sono sempre stata un’amante dei gatti, ma nel momento in cui è entrato nella mia vita, ho capito che non potevo farne a meno. Ora viene sempre con me dappertutto, lo considero il mio supporto emotivo».
Amanda, che al cinema sembra sempre perfetta e impeccabile grazie agli occhi grandissimi ed espressivi, alle ciglia folte e all’incarnato di porcellana, dal vivo è ancora più affascinante, perché unisce alla tipica gentilezza da ragazza d’altri tempi anche una timidezza che fa di lei una diva fuori dagli schemi.
Da qualche mese l’attrice e Thomas Sadoski si sono trasferiti in una fattoria nella valle dell’Hudson, a nord di Manhattan. «Abbiamo gatti, pecore, cavalli e cani. Quando vado a Los Angeles sto a casa di mia sorella, ma la fattoria è quella che ora considero come la mia vera casa. Il posto giusto per crescere un bambino».
Che tipo di madre pensa che sarà?
«Alla mano. Voglio essere una donna che ispira e che si lascia ispirare dal proprio figlio. Non vedo l’ora: sento di essere nata per fare la mamma».
Vivere circondata da animali era il suo sogno da bambina?
«Sì. Sono cresciuta in Pennsylvania, alla periferia di Allentown. La mia famiglia era piccolo borghese, vivevamo in un normalissimo appartamento. Tutte le volte che venivamo in vacanza nei dintorni della valle dell’Hudson io sognavo che da grande avrei abitato in una fattoria piena di animali. All’epoca non sapevo che prima o poi me la sarei potuta permettere. Poi l’anno scorso è successo: ho trovato una casa che mi piaceva e l’ho acquistata. La settimana scorsa abbiamo comprato un’altra capra. Fosse per me avrei ancora più animali».
E come è successo che una bambina che sognava una vita in campagna sia poi finita molto presto a fare la modella e poi l’attrice?
«Non lo so, ma è accaduto. A 16 anni, quando ancora facevo la modella per gioco, non la vivevo come una professione. E poi sono venuta a New York e ho iniziato a prendere lezioni di recitazione. Da lì è partito tutto: il ruolo in Mean Girls nel 2003 e poi quello ancora più importante nella serie Big Love nel 2006. Il resto lo sapete».
Che cosa rappresentava per lei la recitazione all’inizio?
«Una cosa divertente che mi permetteva di scaricarmi, di buttare fuori le negatività. Ma soprattutto un’attività di cui sapevo che non mi sarei mai stancata e che sentivo avrei potuto fare per tutta la vita. Certo, ci sono stati anche momenti difficili: all’inizio la mia insicurezza mi ha bloccato, non volevo deludere nessuno e avevo sempre paura di non essere all’altezza. Ancora oggi ho giorni in cui andare a lavorare mi costa molta fatica, ma poi mi passa e sono felice delle scelte che ho fatto».
Recitare è stata per lei in qualche modo una forma di terapia?
«Certamente. Ero una ragazza molto ansiosa e fare l’attrice è stato uno strumento per indirizzare tutta quell’energia che avevo e che non sapevo gestire. Ancora oggi per me è un’attività terapeutica: se interpreto una scena in cui, per esempio, devo piangere, mi basta ritornare a quelle sensazioni che conosco così bene. La cosa più bella è potersi lasciare andare e non sentirsi mai giudicata. È una sensazione che mi fa sentire benissimo, forte».
Come se la cava con la gestione della fama e la violazione della privacy?
«È un aspetto poco piacevole del mio lavoro, ma se le dicessi che combatto tutti i giorni contro il demone della fama mentirei e francamente sembrerei ridicola. La protezione della privacy è una cosa che varia molto, certi giorni ti senti più indifesa, in altri neanche te ne accorgi. E poi io non vivo una vita stravagante, viaggio molto, ma alla fine ho sempre una casa dove tornare e tante persone normali che mi vogliono bene».
Qual è la parte migliore del successo?
«La libertà. È una sensazione bellissima».
Hollywood è così competitiva come sembra vista da fuori? E lei si sente parte delle dinamiche di quel mondo?
«Sì e no. Cioè ne sono coinvolta, ma non sempre ne sono consapevole. Quanto alla competitività, le confesso che ogni volta che un’altra attrice ottiene un ruolo o che Hollywood punta improvvisamente i suoi riflettori su qualche volto nuovo, una parte di me si chiede perché non mi abbiano pensato e se, per caso, sono stata dimenticata. È una reazione del tutto irrazionale, ma come attrice a volte ho paura di perdere la cosa che mi fa felice. E se non ottengo un ruolo, mi tormento pensando a quanto sarebbe stato giusto per me, a quanto avrebbe fatto bene alla mia carriera. Purtroppo l’ego è un elemento potente e a volte tenerlo a bada e gestirlo costa più fatica di quanto si voglia ammettere».
Come mantiene l’equilibrio e rimette tutto nella giusta prospettiva?
«Facendo affidamento sulle persone che mi vogliono bene davvero e che mi sono vicine da quando avevo 16 anni. Sono gli amici e i collaboratori del periodo in cui ho cominciato a lavorare».
Quanto è importante non prendersi troppo sul serio? Per esempio, la campagna pubblicitaria di Live Irrésistible sembra un inno alla spensieratezza.
«La leggerezza è fondamentale. Purtroppo viviamo tempi di paura, nei quali è facile essere spaventati ed è importante non dimenticare che dentro di noi abbiamo anche una parte spensierata e bambina che troppo spesso soffochiamo. Ma che esiste».
Quali sono, secondo lei, le cose più spaventose di questa epoca?
«Si va dalla guerra al riscaldamento globale, all’odio che certe persone nutrono le une per le altre. Eppure sono tutti problemi con cui dobbiamo avere a che fare. L’ironia e la leggerezza sono le armi che io uso per affrontarle. La prima cosa che noto infatti nelle persone è questa: l’umiltà e la capacità di sorridere di se stessi».
In effetti non ce la vedo in una di quelle pubblicità con la testimonial di turno tutta imbronciata.
«Non riuscirei mai a interpretare una donna fatale, sexy e arrabbiata. È per questo che mi trovo bene con Live Irrésistible: quella che vedete sono io, spensierata e fresca».
Qual è il profumo che lei associa alla felicità?
«L’odore di torta. Perché ricorda la mia infanzia e ancora oggi mettere un dolce in forno mi rende felice»
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