Margot Robbie: La vera selvaggia sono io
Al cinema la vedremo tenere testa a Tarzan, il Re della giungla. Ma anche nella vita Margot Robbie non è il tipo che fa sconti. Anzi, l’attrice australiana, cresciuta come un maschiaccio, ha le idee molto libere sui rapporti tra uomo e donna. E a Grazia spiega come da ragazzina occhialuta e brufolosa si è trasformata nella nuova, e supersexy, Jane
Bionda, sexy e anticonformista. E, cosa che non guasta, tenuta a battesimo da Leonardo DiCaprio. Non ho dubbi: l’attrice australiana Margot Robbie è l’ultima arrivata, ma non sarà una meteora nello star system popolato da attori destinati a venire dimenticati dopo qualche giro. La giovane attrice protagonista del kolossal The Legend of Tarzan (ora nelle sale) in cui tiene testa al re della giungla, l’attore Alexander Skarsgård, è stata proiettata dal quasi anonimato alla celebrità grazie ai film giusti, certo, ma soprattutto per merito della sua energia, del suo sex appeal.
Impossibile dimenticarla nel ruolo “incandescente” di Naomi, la moglie dello spregiudicato finanziere Jordan Belfort interpretato da DiCaprio nel potentissimo film di Martin Scorsese Il lupo di Wall Street. Memorabili un paio di scene: in una Margot seduce il compagno spogliandosi («E pensare che il regista mi pregava di indossare un accappatoio, ma sarei stata meno efficace», racconta divertita) e nell’altra, per punirlo dopo un litigio, siede a terra e si toglie la biancheria intima davanti alle telecamere di sorveglianza in modo da farsi vedere dagli addetti al di là dello schermo.
Margot è una Jane fuori degli schemi. E il 18 agosto sarà ancora più spiazzante nella parte di una psicologa criminale dal look estremo, innamoratissima del perfido Joker (l’attore Jared Leto) in Suicide Squad, il film di David Ayer ispirato ai fumetti della DC Comics. «Il successo mi è caduto addosso senza che quasi me ne accorgessi», racconta lei. «Da ragazza, quando vivevo ancora in Australia, ho deciso di recitare perché volevo vivere tante vite diverse, conoscere tutte le sfumature della realtà. La stessa motivazione mi guida anche oggi che ho successo. Dello star system con i suoi riti e i suoi privilegi mi importa poco», mi dice Margot quando la incontro a Londra, la città dove abita con il fidanzato, l’aiuto regista Tom Ackerley, incontrato due anni fa sul set del film Suite francese.
È vero che dividete la casa con altri due amici? «Sì, almeno paghiamo meno d’affitto», mi spiega allegra, «detesto spendere soldi inutilmente. La sola idea mi rende nervosa. Conduco una vita semplice e amo stare in compagnia. Da sola mi annoierei mortalmente. E poi, diciamo la verità, la coabitazione permette di dividere i doveri di casa. Laviamo i piatti a turno e i ragazzi portano fuori la spazzatura, il compito meno glamour che si possa immaginare». Scoppia in una risata. Margot porta i capelli sciolti, gli occhi sono sapientemente truccati e ha labbra molto carnose. Ci tiene ad apparire spontanea, ed è molto sexy fasciata da una maglia bianca che le scopre le spalle e la pancia abbronzata: in tanti anni che intervisto le attrici, anche in piena estate ho sempre incontrato pallidi fantasmi pronti a tutto pur di evitare il sole. Margot è la prima che non si preoccupa di scurirsi. Un sintomo di “normalità”, forse di anticonformismo: non è un caso se i suoi indomiti personaggi le somigliano. Come la storica compagna di Tarzan nel film di David Yates.
«La mia Jane è particolare, non obbedisce agli stereotipi, è tutt’altro che una damigella in pericolo. È molto combattiva, indipendente, sa sempre come cavarsela perché è cresciuta in Congo. Il suo rapporto con l’ex uomo-scimmia è molto attuale. Ecco, in una donna così posso riconoscermi facilmente», mi spiega Margot infervorandosi. «Quando ho letto la sceneggiatura di The Legend of Tarzan ho fatto un salto sulla sedia: finalmente un personaggio femminile anticonvenzionale. Il film lascia spazio ai sentimenti e all’introspezione ma ci sono anche tante scene d’azione: alle donne non le affidano mai, si pensa che non siamo portate a questo tipo di intrattenimento. Non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione». Le chiedo se, sotto sotto, si senta un maschiaccio. «Sono cresciuta all’aria aperta, nella campagna australiana, a tu per tu con gli animali, e ho praticato mille sport. Fino a una certa età non sapevo nemmeno che cosa fossero i vestiti e le frivolezze femminili», mi rivela Margot. «Poi, lasciato il mio Paese e sbarcata dall’altra parte del mondo, ho iniziato a fare cinema e ho scoperto quant’è bello curare il proprio aspetto. Oggi adoro fare shopping, non posso rinunciare alla manicure e alla pulizia del viso. Se al mattino ho l’aria stanca, metto due cucchiai sugli occhi e, come per incanto, i segni scompaiono. Faccio ogni giorno una doccia fredda per rassodare la pelle, lavo i capelli spesso. Mi coccolo, insomma».
Mi racconta ridendo che durante le riprese di The Legend of Tarzan ogni tanto fuggiva dal set per andare al pub a bere un bicchiere di nascosto dal suo personal trainer che le aveva imposto una dieta ferrea: «Poverino, voleva tenermi in forma e io, invece, gliela facevo sotto il naso». La disciplina è stata la parte più dura della sua partecipazione al film? «No, la vera difficoltà è stata imparare a parlare la lingua degli abitanti della giungla», mi risponde l’attrice con un’altra risata. «Scherzi a parte, mi piace pensare che su ogni set io possa imparare qualcosa di nuovo: è forse l’aspetto più eccitante del mio lavoro». Anche, per esempio, baciare Leonardo DiCaprio è una di quelle cose che si imparano? «Direi proprio di sì», esclama l’attrice. «Leo se la cava benissimo, è un vero professionista. Per il fatto di aver girato le scene erotiche con lui sono stata invidiata da milioni di donne, lo so, ma la realtà è meno entusiasmante di quello che si può pensare. A volte servono 17 ore per girare una sequenza e in quei momenti pensi soltanto alla fatica. Tuttavia lavorare con Leo è stato fantastico: si è preso cura di me, mi ha messo sotto la sua ala protettrice. Si è comportato come un fratello maggiore».
Per il suo compleanno, Margot ha organizzato a Londra una festa durata 24 ore tra casa sua, alcuni locali e Hyde Park, il grande parco nel centro della città: «Solo i miei amici più fedeli sono sopravvissuti a quella folle giornata», mi racconta con l’aria di una bambina che l’ha fatta grossa. Oggi l’attrice è un concentrato di glam, spopola sulle copertine e sui red carpet, ma da piccola aveva i brufoli, gli occhiali e le insicurezze di tutte le adolescenti. Con ammirevole senso dell’umorismo ha recentemente mostrato alla tv americana una sua vecchia foto in cui nessuno riconoscerebbe la diva attuale. «In quell’immagine ho 13 anni e indosso gli occhiali: li avevo messi solo per somigliare al mio idolo Harry Potter», mi racconta.
Crescendo, ha imparato ad apprezzare le proprie capacità e scoperto il gusto della sfida. Ci è voluto infatti molto coraggio (e una dose di allegra incoscienza) per interpretare Harley Quinn, la psicologa criminale in calze a rete e shorts innamorata dello spietato Joker nel film Suicide Squad: «Il mio personaggio si veste così non per sedurre un uomo, ma per se stessa», mi dice. «Amo interpretare le donne di carattere, che prendono in mano il proprio destino». Margot lo ha fatto prestissimo, in nome dell’ambizione e di un inconsapevole femminismo. E non ha intenzione di tornare indietro. «Adesso, mentre la battaglia per la parità di genere coinvolge le attrici di Hollywood, il cinema punta sempre di più sulle registe e sulle protagoniste femminili», osserva. «Era ora. Il contributo delle donne all’immaginario collettivo viene finalmente riconosciuto. Ci vorrà ancora del tempo, ma il cambiamento è in corso». È felice?, le chiedo come ultima cosa. «Non riesco a credere alla fortuna che ho. E mi godo ogni momento».
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