Chiara Sfregola ama le donne e racconta il suo mondo, con grande ironia, nel suo primo romanzo, Camera single. Protagoniste: ragazze come lei, «libere, che non dipendono dallo sguardo dell’uomo». Grazia l’ha letto in anteprima e ne parla in esclusiva con l’autrice
C’è Linda che è tornata single e litiga con Margherita, in fase di trasloco: bisogna decidere a chi va la Recherche di Proust e il costoso vibratore. C’è Moira che è gelosissima delle sue numerose fidanzate. C’è Indira che fa innamorare le donne etero. Ci sono Donna e Dina che cercano un amico che permetta loro di diventare madri. Tutte vivono sui social, postano il #pastomesto quando al lavoro mangiano solo un panino, cercano ragazze on line e alle feste, fanno sesso sulla spiaggia di Ostia e nei bagni dei treni regionali. Vanno tanto al cinema e tirano tardi nel quartiere romano del Pigneto, molto bohémien , dove spopola Michele, amico etero della protagonista Linda. L’unico maschio della capitale che riesce, ogni tanto, a sedurre una del gruppo storico delle “lelle”. Lelle sono le lesbiche protagoniste del romanzo Camera single (Leggere editore), nato da una rubrica settimanale comparsa nel 2014 sul sito lezpop.it e diventata di culto nella comunità Lgbt, Lesbiche Gay Bisessuali e Transgender. È il primo romanzo della 29enne Chiara Sfregola, editor di una casa di produzione cinematografica. Che per la prima volta ha raccontato in chiave ironica le leggi sentimentali della “lesbodinamica”. Grazia ha letto il libro in anteprima e ha intervistato Sfregola in esclusiva.
Quanto c’è di Chiara in Linda?
«Tanto. Anch’io sono lesbica, ho un gruppo di amiche storiche con cui condivido serate e vacanze. Anch’io sono una 30enne che vive a Roma e ha un buon lavoro; anch’io vengo da una numerosa famiglia pugliese e borghese. Ma Linda è migliore di me, io sono più cinica. Comunque, il libro vuole offrire un gran campionario di modelli di donne. Nei confronti delle lesbiche c’è ancora lo stereotipo dell’androgina camionista, capelli corti e camicia a scacchi. Qui si vedono invece tante ragazze diverse fra loro e reali: single, o in coppia, o in cerca di un figlio, con tanti amici etero. Il fatto che siano lesbiche aggiunge poco al filo rosso che le accomuna: sono donne libere, che non dipendono, nel loro essere, dallo sguardo dell’uomo».
Molte sono sexy, iperfemminili.
«Vede, un tempo le lesbiche avevano un grosso problema: la riconoscibilità. Per segnalare la tua diversità, adottavi lo stile androgino. Oggi non c’è più bisogno di mandarsi, tra donne, messaggi via look: basta parlare. E molte etero si acconciano come le lesbiche, capelli corti e mocassini. Risultato: le lesbiche sono libere di vestirsi come vogliono, anche col tacco alto e il rossetto rosso, come la mia protagonista».
Nel romanzo non ci sono coming out. Tutte felici perché ormai lo hanno fatto anni prima o perché uscire allo scoperto non è più un problema?
«Ambedue le cose. È sempre meno difficile dichiararsi omosessuali, e si è abbassata l’età in cui lo si fa. A me è successo così: stavo litigando con la mia fidanzata al telefono, avevo 20 anni. Mia madre sente tutto, e dopo viene a consolarmi parlando di un lui che io dovrei capire, un lui che dovrei perdonare, un lui con cui dovrei fare pace. A quel punto le dico: “Mamma, è una lei che devo capire, una lei che devo perdonare. Okay?”. E mamma ha detto: “Okay”. Fine del coming out. A mio fratello l’ho detto al telefono, e quando ho portato le fidanzate più importanti in casa, mia nonna, una matriarca pugliese arrivata a 90 anni, le chiamava “signorine”. E si affezionava pure».
Linda e le sue amiche parlano poco di battaglie politiche, unioni civili, comunità Lgbt. Non teme che il libro sia considerato “poco impegnato” dalla comunità lesbica?
«Alle mie protagoniste piace ridere, essere ironiche e autoironiche, andare al cinema e alle feste. Credo sia una forma di attivismo anche presentare la gioia di essere lesbiche, di divertirsi e godere della vita. E comunque Tuba, una libreria delle donne romana e molto impegnata, mi ha chiesto di presentare Camera single nei suoi spazi. Ne sono stata orgogliosa».
Vorrebbe una compagna per sempre, famiglia e figli?
«No, sono troppo ansiosa per essere una buona madre. E non credo che l’amore duri tutta la vita. Piuttosto mi piacerebbe avere in affido un bambino durante un periodo difficile della sua vita. Aiutare qualcuno, insomma».
Carta d’identità delle lesbiche 30enni di oggi. Icone, registi di culto, passioni modaiole, abitudini digitali.
«Icone glam: l’attrice Kristen Stewart e la modella Cara Delevingne. Musica: Emma Marrone e Tiziano Ferro, il duo canadese Tegan and Sara, formato da due gemelle. Moda: mocassini stile Church’s e Clarks, e sandali col tacco; T-shirt di piccoli marchi creativi. Registi d’elezione: Céline Sciamma. Tra i suoi lavori: Waterlilies, Tomboy e Girlhood. Ma anche Ferzan Ozpetek e Xavier Dolan. Fare dating on line su Wapa, l’app di appuntamenti lesbici».
Il libro è ambientato a Roma. È la città più lesbo-friendly d’Italia?
«No, il top è Bologna, seguita da Milano. In Europa Londra, dove i politici spesso scendono in campo a favore della comunità omo, basti pensare che il principe William ha appena posato sulla copertina del magazine gay Attitude. Ma nessuna al mondo batte San Francisco».
Il recente attentato nel locale gay di Orlando, con decine di vittime, ha riportato l’attenzione sull’omofobia. In Italia, ne patiscono di più le lesbiche o i gay?
«Forse i gay. Io ho sempre abbracciato la mia ragazza per strada. Non è mai successo niente. Una sola volta una signora mi ha visto baciare la mia fidanzata e ci ha detto: “Fate schifo”. Risposta: “Signora, qui l’unica cosa che fa davvero schifo sono i suoi capelli”. È andata via subito».
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