10 cose che ci mancheranno dei Compact Disc
Alcune catene Usa hanno smesso di vendere Compact Disc, dando il via all'estinzione: a noi i CD mancheranno per 10 motivi
È giunta l’ora di dire addio al CD: molte catene americane hanno chiuso i battenti in faccia a questo dinosauro della tecnologia.
E, oltre ai battenti, hanno chiuso anche il coperchio del sarcofago di quella che le nuove generazioni considerano una mummia tecnologica.
Per noi della tecno-generazione, però, cresciuti quando gli accessori tech da desiderare erano Tamagotchi, My Magic Diary e Game Boy, la notizia dell’addio al Compact Disc è un colpo al cuore.
Perché i CD hanno fatto da colonna sonora alla nostra giovinezza, da soundtrack alle nostre Smemorande e da tappeto sonoro ai nostri primi baci.
Ecco le 10 cose che più ci mancheranno.
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L’estasi da scellophanatura
Chi non ha mai avuto tra le mani quella sensazione dell’oggetto fisico, probabilmente non può capire.
Il Compact Disc, così come i libri, è uno degli ultimi esempi di oggetto in cui si annida quella sacralità fatta di peso, concretezza e durezza.
Ed è innegabile che, al confronto di una playlist su Spotify o di un calderone di tracce in MP3, il Compact Disc abbia un fascino anni Novanta che solo chi ha trascorso serate intere in un Blockbuster a scegliere VHS conosce.
Una delle cose che più mancheranno ai nostalgici è l’involucro di cellophane da scartare, momento topico che è stato per molti la cartina di Tornasole della propria maniacalità.
Il libretto da sfogliare, vero piacere tattile e olfattivo
Un altro elemento che correda il CD e che mancherà tanto alla Generazione X è il libretto in dotazione.
Come in un farmaco non può mancare il bugiardino, così nella medicina numero uno per curare l’anima deve esserci un manuale di istruzioni.
Così era per i vinili, per le musicassette e poi per i CD mentre nella società 2.0 il libretto con i testi delle canzoni, con i credits e con le foto dei backstage ha alimentato il falò dell’impalpabilità, bruciando quella carta in vece della fumosa incorporeità di file, jpg, GIF & compagnia bella. O brutta, dipende da chi la giudica.
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La facilità con cui confezionare il pacchetto regalo
Grazie ai CD, siamo stati tutti maestri dell’arte dell’origami.
Non c’era compleanno in cui il nostro pacchetto sfigurasse: con quella forma quadrata, dagli angoli così ben definiti, con quella liscezza da mandare in brodo di giuggiole qualsiasi tatto-maniaco, potevi impacchettare il CD perfino con i cartoni della pizza e sarebbe venuto fuori un packaging impeccabile.
Le ghost track che credevamo di avere scoperto solo noi
Scoprire un brano non annoverato nella tracklist segnata sul retro della custodia è equivalso per ciascuno degli attuali trentenni/quarantenni alla scoperta della penicillina, dell’identità di Jack Lo Squartatore o di Elena Ferrante.
In quei tempi (che paiono lontanissimi) in cui l’analogico ammantava le nostre vite, scevre e ben lontane dal digitale, non avevamo accesso a blog, Social Network e alle idee di chiunque, spiattellate su Twitter e annessi, quindi le scoperte che facevamo nella segretezza dell’offline erano per noi uniche, fatte solamente da noi.
Purtroppo le nuove generazioni non potranno mai godersi un momento di gloria simile, a volte ben più lungo di quei 15 minuti di cui parlava Andy Warhol: negli anni Novanta poteva passare anche un anno prima di scoprire che il bambino protagonista del telefilm Super Vicki non era Billy Corgan degli Smashing Pumpkins.
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Sul lunotto posteriore per ingannare gli autovelox
Cos’è che potrà attaccare adesso il tamarro 2.0 sul lunotto posteriore della sua auto?
Se non siete ancora a conoscenza di questa leggenda metropolitana e non vi siete mai spiegati il motivo per cui un sacco di macchine esponevano CD sul retro, sappiate che fino a pochi anni fa c’era gente convinta che posizionando un CD dal lato riflettente rivolto verso il vetro del lunotto posteriore proteggesse dagli autovelox.
Non si trattava di un rito apotropaico né di un’offerta al Dio che protegge dalle contravvenzioni bensì una credenza su base pseudo-scientifica secondo la quale il CD sarebbe stato in grado di riflettere la luce e abbagliare l’autovelox, accecandone il sensore.
Anche se sembra più plausibile l’altra leggenda metropolitana, quella per cui l’autoerotismo renderebbe ciechi, questa bislacca pratica del CD appeso al lunotto era seguita pedissequamente.
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Come corredo degli spaventapasseri più grunge
Chi ha abitato o abita tutt’ora in campagna avrà avuto modo di vedere con i suoi occhi spaventapasseri degni del Burning Man.
E addirittura del Coachella.
A metà degli anni Novanta, i contadini più illuminati scoprirono che non c’erano striscioline di stagnola o frammenti di specchio che potessero competere con il potere ornitofugo del CD.
Appesi al collo o alle braccia degli spaventapasseri, erano perfetti dissuasori in grado di scacciare qualsiasi specie di uccello.
Lo scambio di CD doppi, tipo i doppioni delle figurine Panini
I musicofili diventati tali nei Nineties collezionavano CD e amavano tantissimo scambiarsi non solo consigli ma anche doppioni.
Esattamente come capita tra chi raccoglie figurine dei calciatori o Rollinz dell’Esselunga, in una compagnia di amici di un paio di decenni fa lo scambio del CD doppio era sacro come adesso lo è il doppiogioco delle “amiche” tra virgolette, quelle che fanno le tali ma in realtà sono serpi in seno.
E tra poco non potranno nemmeno più farsi perdonare dall’amica tradita regalandole l’ultimo CD uscito della boy-band del cuore.
L’idea regalo più semplice e veloce
Sempre sulla scia di questo amarcord, vi era un tempo in cui per fare un regalo di compleanno a più mani non bisognava fare un gruppo WhatsApp un mese e mezzo prima, scervellarsi e linkare la qualunque per poi sperare che il tale accessorio - ovviamente pezzo unico - che alla fine avete comprato su Etsy in Nuova Zelanda arrivasse in tempo per l’occasione.
No: vi era un tempo in cui bastava andare alla Ricordi (che ricordi!) e comprare l’ultimo CD della band di grido.
Per alcuni sarà un amarcord davvero nostalgico. Un amar(re)cord!
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L’attesa dell’arrivo del CD sullo scaffale del negozio
Per i figli del Decennio grunge, Babbo Natale era colui che riforniva i negozi di dischi settimanalmente, facendoci trovare sotto l’alberazione degli scaffali del record store il più bel pacchetto da spacchettare: il CD incellophanato, appunto.
Lo si aspettava con trepidante attesa, entrando dalle tre-quattro alle tredici-quattordici volte in negozio per recitare sempre la stessa battuta: “È arrivato l’ultimo di/degli/delle?”.
Un’attesa spasmodica che era essa stessa il vero piacere, ben più intenso di ciò che avremmo provato poi ascoltando gli otto striminziti pezzi della tal boy/girlband di turno.
Ciò che più ci mancherà del CD e dell’epoca che simboleggiava sarà proprio l’attesa del prodotto, una specie in via d’estinzione in una società che ha reso ogni desiderio un ordine. Amazon Prime.
Rovistare tra i CD di una nuova fiamma per scoprirne vita, morte e miracoli
C’è chi potrebbe dire che guardare il profilo Spotify di qualcuno sarebbe la stessa cosa.
Di certo a dirlo non sarà un coetaneo del nostalgico dei Nineties: i babyboomers targati Eighties, non potevano spiare sui social network le nuove fiamme quindi si basavano sulle pile di CD che campeggiavano a casa di chiunque avesse uno stereo (quindi di chiunque).
Per scoprire l’affinità di coppia tra noi e X, Y o W, ci aiutavano i CD e le Smemo. Per i più tecnologici, già con un piede infilato nel 2.0 antelitteram (antenumerum, in questo caso), oltre ai CD, ai libri e alle Smemo c’era anche un oracolo sacro: il My Magic Diary, l’unico misuratore scientifico dell’affinità di coppia che a metà degli anni Novanta mandò in crisi non poche cartomanti.
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