Alla Mostra del Cinema di Venezia SUSAN SARANDON ha ricevuto un premio speciale. E a Grazia la “rompiscatole di Hollywood” racconta i giovani amori, le battaglie politiche e tutto quello che ha imparato seguendo solo una regola: «Andare sempre controcorrente».
Sui social, si presenta così: madre, attivista, attrice. Ha tre figli (Eva, 32, avuta dal regista italiano Franco Amurri, mentre dal collega americano Tim Robbins sono nati Jack Henry, 28, e Miles, 25), è nonna di due nipoti, ostenta una robusta predisposizione alle battaglie civili che le ha procurato il soprannome di “rompiscatole di Hollywood” e vanta una lunga carriera nel cinema, coronata dall’Oscar.
Al nostro appuntamento, Susan Sarandon arriva sfoggiando stivaletti texani e un’ampia scollatura che comunica l’orgoglio dei suoi 70 anni. «Un tempo le donne avevano la data di scadenza, dopo i 40 erano erano considerate da buttare.
Per fortuna i tempi sono cambiati», mi dice con aria vagamente complice, e mi pare di vederla mentre litiga con il conduttore tv inglese Piers Morgan che aveva definito “volgare” il suo reggiseno in vista sotto l’abito da sera, rimediando, povero lui, una replica al vetriolo: «Questo tipo deve avere dei problemi con la sensualità femminile, forse la mamma non l’ha allattato», ha tuonato l’attrice. «È ora di finirla con i pregiudizi secondo i quali le donne di una certa età possono o non possono fare determinate cose».
Qual è la molla che la spinge tuttora a lavorare senza sosta?
«La voglia di continuare a divertirmi e il fatto di non essere mai soddisfatta dei risultati. Penso di avere ancora tante cose da imparare e sono mossa dalla curiosità: quando comincerò ad annoiarmi, cercherò qualche altra cosa da fare».
Come si è trovata con Xavier Dolan, un regista di appena 28 anni?
«Mi sono innamorata del suo entusiasmo. Cura ogni dettaglio e si preoccupa di tutti. Nel film sono la madre alcolizzata del protagonista, un’ex star di Hollywood interpretata da Kit Harington. E ho finito per sentirmi la mamma di Xavier: le donne che lavorano con lui prima o poi lo diventano».
E ai suoi veri figli che cosa insegna?
«A dimenticare il successo, almeno come lo si intende comunemente, cioè in termini di soldi, onori, fama. La nostra missione nella vita è inseguire l’autenticità».
Lei è riuscita sempre a esprimerla?
«Credo di sì, almeno ci ho provato. Il mio impegno permanente nasce dal bisogno di verità nei confronti degli altri. Ho sempre considerato il cinema come uno strumento per servire cause importanti. Quando fai il mio mestiere, hai davanti a te due strade: usare la notorietà o esserne usati. Io ho scelto la prima».
Come attrice impegnata e femminista, pensa che la posizione delle donne a Hollywood stia cambiando e che la parità sia più vicina?
«Sì e trovo straordinario il movimento che sta coinvolgendo sempre più donne nel mio ambiente. Solo un paio d’anni fa non sarebbe stato pensabile. Negli Anni 70 combattevamo contro la sottomissione, considerando gli uomini come i nostri antagonisti. Oggi abbiamo fatto un passo avanti e tendiamo a includerli nelle battaglie. Bisogna continuare su questa strada, insieme».
Sul set di Thelma e Louise eravate consapevoli di compiere una rivoluzione nel cinema e nel costume?
«Certamente no. Il film era partito come un piccola storia senza importanza, invece parlava di scelte e di potere. Invitava a inseguire un sogno, a essere quello che si desidera. Ma non a tutti andò giù. E ancora oggi dobbiamo combattere contro la diseguaglianza e la mancanza di opportunità. Quella storia può aiutarci a vigilare contro la violenza sulle donne».
Che effetto fa a una militante democratica come lei vivere nell’America governata da Donald Trump?
«Quando ho appoggiato la campagna di Sanders mi sono nuovamente innamorata del mio Paese, perché ho visto tante persone mobilitarsi e riscoprire l’impegno. Oggi è semplicemente terrificante avere un presidente che ha risvegliato il razzismo e l’omofobia. Ma c’è una buona notizia: Trump sta facendo cose così goffe e stupide da risvegliare il senso di responsabilità dei cittadini. Avverto in giro una nuova consapevolezza che mi rende ottimista».
Come mai non ha sostenuto la candidatura di Hillary Clinton?
«Non mi sono sentita di appoggiare una donna in quanto tale, ho preferito puntare su un candidato che non fosse legato alla finanza e ai poteri forti».
E come si concilia il suo impegno civile con il ruolo di ambasciatrice di un marchio di bellezza?
«Non ho niente contro il desiderio di volersi sentire meglio. La prima volta che ho incontrato la squadra di L’Oréal Paris, la stanza era piena di donne e questa cosa mi è piaciuta molto. Trovo addirittura rivoluzionario lo slogan del marchio: “Perché io valgo”».
In che senso?
«Dobbiamo truccarci e prenderci cura di noi per piacere a noi stesse, non certo per attirare un uomo. Abbiamo il diritto di essere felici a ogni età, anche alla mia: sono orgogliosa di fare da testimonial dei prodotti di bellezza insieme con Jane Fonda, che in dicembre compirà 80 anni».
Che effetto le ha fatto compiere i 70?
«Vuol sapere la verità? È stato uno choc, perché nella mia testa non sento di avere questa età. Arrivare a 40, 50 e 60 ha significato poco o nulla, ma oggi è diverso. Eppure non mi butto giù. L’età, tutto sommato, mi ha insegnato a essere fedele a me stessa».
Perché ha fondato una casa di produzione?
«Per raccontare le storie che hanno qualcosa da insegnare. Realizzerò un documentario su Hedy Lamarr, l’attrice austriaca naturalizzata americana che ebbe successo a Hollywood negli Anni 40 del secolo scorso. Ex studentessa d’Ingegneria, per sconfiggere i nazisti durante la Seconda Guerra mondiale inventò un sistema di trasmissione delle informazioni che è tuttora alla base della telefonia e della tecnologia wireless. Solo negli Anni 90 le venne attribuita la maternità del brevetto: era troppo bella per essere considerata capace di una simile invenzione».
Se le chiedessi qual è il suo più grande successo, Susan, che cosa mi risponderebbe?
«Il fatto di aver sempre vissuto come mi sentivo di fare. E non ho nessuna intenzione di smettere».
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