Miriam Leone: «Mi riprendo la mia libertà»
Un tuffo in mare, una nuotata di un’ora e poi stendersi su uno scoglio. È questo il primo desiderio di Miriam Leone per l’estate 2020. Mentre lo dice, pare di vedere il sole pieno di una giornata estiva, una perfetta cartolina mediterranea che ti sorprende alla fine di un tunnel. La siciliana Miriam è davvero così, allegra e trascinante, sembra ignorare quella scocciatura dei tormenti interiori o, se ne ha, sa come tenerli a bada.
Impaziente, non vede l’ora di ritornare sul set, appena si potrà. Prima del lockdown, mancava un solo giorno di lavorazione al film di Riccardo Milani Corro da te. Il set, per Miriam, è il luogo della felicità. Le piacciono le sveglie antelucane, i camper, il trucco che «quando arrivi sembri una faccia ritratta da Picasso con i connotati al posto sbagliato e poi ti trasformi e per settimane, magari mesi, sei tu e non sei più tu, vivi attaccato agli altri nella condivisione totale di un mondo parallelo».
Un anno fa, e sembra un secolo, senza mascherine né disinfettanti, Miriam girava la bella commedia L’amore a domicilio che, non potendo uscire in sala, arriva direttamente su Prime Video. Interpreta Anna, una ragazza agli arresti domiciliari, una rapinatrice strampalata e sexy. In autunno poi dovrebbe uscire anche Diabolik dei Manetti Bros, forse con passaggio alla Mostra del cinema di Venezia: Miriam è ovviamente Eva Kant, splendida criminale.
La Miss Italia 2008 ha fatto strada e di questo se ne sono accorti in tanti, addetti ai lavori e non. E anche se il divismo non abita più questo secolo, Miriam è la più promettente attrice del cinema italiano, con tutte le mostrine che servono sulla divisa di una star: le serie televisive e i film giusti, le coccole del mondo della moda, un contratto da ambasciatrice per L’Oréal Paris.
Come sta?
«Sono in un momento di grande accettazione, mi voglio più bene del solito. In passato ho snobbato la serenità, pensavo sempre che la vita dovesse essere una girandola di emozioni forti, invece adesso apprezzo la dolcezza».
Vabbè, è innamorata!
«Eh, lei è molto perspicace (ride, ndr)».
No, è che ho letto che si era sposata con il suo fidanzato, Paolo Carullo, manager finanziario.
«L’ho letto anch’io e ho smentito. E lo hanno letto tutti i miei amici e parenti. Ho ricevuto una valanga di telefonate di gente offesa perché non era stata né invitata né informata. In particolare ci sono rimaste male le zie in Sicilia: mi tengono pronto il corredo da anni. Spiace deludere, niente nozze. Però confermo che la persona c’è».
La infastidisce che si parli della sua vita privata?
«Vorrei che si parlasse solo del mio lavoro ma ho capito che non sempre è possibile, quindi immagino che stiano parlando di un ologramma che non sono io. A volte, in questi anni, qualcuno ha scritto cose negative su di me, avrei voluto reagire ma poi non l’ho mai fatto, anzi. La gentilezza verso chi vorrebbe ferirti è un’arma più potente. Nel caso di questo non-matrimonio ho dovuto rispondere per forza».
Come è potuto succedere che sia uscita una notizia così, dal nulla, proprio in pieno lockdown?
«Ah, questo me lo deve spiegare lei, è lei la giornalista (ride, ndr). Io penso che l’abbiano buttata lì a caso, sapendo che avevo appena compiuto 35 anni che forse qualcuno considera l’età giusta per il matrimonio».
Come è stato il compleanno in lockdown, il 14 aprile?
«Con tanti brindisi online! Io ero in Toscana, eravamo partiti per un weekend proprio due giorni prima della chiusura di tutte le Regioni. Ci siamo fermati per tre mesi da questi amici, in una casa in campagna. È stata una grandissima fortuna».
Come molti italiani, ha passato il tempo panificando?
«Eravamo in cinque in casa, dovevamo sempre cucinare a turno, era un po’ una specie di Grande Fratello. Abbiamo fatto anche la pasta e la pizza qualche volta ma non sono stata presa dalla sindrome ossessiva per il lievito. Mi è venuta, invece, la pazza idea di dipingere, io che non so da che parte si comincia. Ho comprato colori e pennelli, fomentatissima per la pittura. Ovviamente ho già smesso! Questi amici da cui eravamo non erano particolarmente intimi, lo sono diventati. Nessuno dei miei cari si è ammalato, ero ogni giorno in contatto con tutti. Sono stati giorni strani, in parte sembrava non finissero mai, dall’altra sono volati».
Qual è stato il giorno più lungo?
«Il 18 marzo. Il giorno in cui abbiamo visto le immagini dei camion che portavano via le bare a Bergamo. Non lo dimenticherò mai. Credo che nessuno di noi lo farà. Dentro di me spero che faremo tesoro di questo tempo sospeso che ci è toccato vivere. Tutti abbiamo una vocina che ci dice di non correre solo in una direzione, tutti abbiamo una vita interiore che chiama e spesso la ignoriamo. Forse è arrivato il momento di non ignorarla».
Che cosa ha fatto il primo giorno fuori?
«Shopping! Non vedevo l’ora. Sono entrata in un negozio di candele e profumi e ci sarei stata dentro una giornata intera. Poi mi sono accorta che c’era una signora che aspettava fuori il suo turno e me ne sono andata, vergognandomi anche un po’».
È vero che non le piace rammentare il suo passato di Miss Italia? Non vuole che si sottolinei la sua bellezza?
«Ma no! Anzi: sottolineiamo, sottolineiamo! Ho 35 anni, ci tengo più di un tempo. E comunque per me Miss Italia resta importantissima, è stata la mia porta verso l’emancipazione. Quello è stato l’unico anno in cui in giuria c’era Anna Strasberg (importante insegnante di recitazione americana, ndr) e tra i premi per la vincitrice c’era un seminario con lei. Ho imparato moltissimo».
Poi ha fatto televisione come conduttrice di programmi tipo Unomattina estate e Mattino in famiglia, ma non è stata felice fino a quando non è riuscita a recitare.
«La tv in diretta mi ha insegnato la puntualità e a fingere di stare bene anche se hai la febbre e vorresti morire. Ma non era un ambiente adatto a me, così ho scelto di andarmene senza sapere con quali esiti. Lì per lì tutti mi sconsigliarono di farlo e, dal punto di vista economico, fu una scelta irrazionale. Ma decisi che avrei fatto come volevo. Alla peggio avrei sbagliato da sola».
Fa spesso di questi colpi di testa?
«All’esterno sembrano tali, ma sono preparati dentro di me, a lungo. Mi faccio moltissime domande. In segreto, in silenzio, per conto mio».
Quanto conta la popolarità?
«Conta, perché noi attori senza pubblico che faremmo? Chiusi a declamare nelle nostre camerette? Quando facevo la tv del mattino mi piaceva da pazzi incontrare la gente per strada, le signore al mercato e chiacchierare con loro. Oggi cerco di tenere sempre vivo il contatto attraverso i social».
Lei ha interpretato Veronica, una ragazza ambiziosa e disposta a tutto pur di arrivare nella serie 1992 e seguenti. Che cosa le ha insegnato quel personaggio?
«Che se tu non ti dai valore, nessuno te lo darà. E poi che non bisogna mai giudicare troppo le scelte altrui, anche quando sembrano immorali. Preparando quel personaggio, ho conosciuto una ragazza bellissima che si vendeva per vivere. Io le domandavo: “Ma perché lo fai?”. E lei: “Io ho sofferto la fame e là non ci voglio più tornare”. Ho capito che stavo facendo la femminista sulla vita di un’altra e dall’alto del mio frigorifero pieno. I miei genitori, quando ero piccola, hanno avuto qualche periodo di difficoltà economica, ma non mi è mai mancato niente. Bisogna starli ad ascoltare, gli altri, per capirli».
I suoi genitori l’hanno sempre incoraggiata?
«Sì, fin da piccolissima. Mia madre mi ha permesso di rubarle tutte le camicie da notte per farmi i costumi dei miei spettacolini solitari e mio padre mi ha permesso più di una volta di non andare all’asilo per lasciarmi a casa a vedere la televisione. C’era un’emittente locale che trasmetteva di continuo i film della vecchia Hollywood: Fred Astaire e Ginger Rogers, Katharine Hepburn e Cary Grant, cose meravigliose. Io già allora sostenevo che per me guardare quei film fosse più importante che andare all’asilo».
E come in un film degli Anni 50, un giorno Miriam stava mangiando un panino per strada e le hanno proposto un provino. Se non ci fosse stato quel panino, avrebbe provato lo stesso?
«Ero fissata. Ben prima di Miss Italia, un giorno sono andata in un’agenzia di Roma, con i capelli freschi di parrucchiere e un paio di scarpe nuove. Benché fosse una di quelle agenzie scadenti, a pagamento, un mezzo imbroglio, mi mandarono a casa dicendo che non ero adatta. Sono rientrata a Catania e mi sono iscritta a Lettere».
Ma poi è tornata a Roma.
«Prendevo il treno, la Freccia del Sud, detta senza offesa per nessuno “feccia del Sud”, sempre affollato, incasinato e con un gran profumo di arancine e roba fritta ovunque. Di solito andavo a trovare un amico, a vedere delle mostre. Un giorno a Palazzo delle Esposizioni ce n’era una di Mark Rothko e al piano di sopra ce n’era un’altra, di fotografie di Stanley Kubrick. Una delle foto era un ritratto di Sue Lyon, l’attrice interprete di Lolita. Nel vetro mi vedo riflessa accanto a lei. Per la prima volta, penso: non avrò questa faccia per sempre. E sono andata di corsa al provino per Miss Italia».
Non avrebbe voglia di andare all’estero, tentare la strada per Hollywood?
«Sì e no. Ho fatto un corto in Inghilterra l’anno scorso, con una regista italiana, e I Medici, girato in Italia, ma era una produzione internazionale. Però prendere e andare alla ventura per il momento non mi attira, anche perché i progetti che mi propongono qui da noi sono molto buoni».
Che cosa ha pensato quando le hanno proposto di essere ambasciatrice del marchio L’Oréal Paris?
«Che è una delle tante belle sorprese che la vita mi ha riservato. Fare parte di una “famiglia” che comprende attrici che stimo moltissimo, da Jane Fonda a Julianne Moore, è un onore anche perché L’Oréal comunica la bellezza in tutte le sue varianti. E il rispetto, la valorizzazione della diversità della bellezza è un tema che mi sta molto a cuore».
Lei conclude sempre i suoi post su Instagram con l’hashtag #accussì. Può spiegarlo?
«Era un modo di dire di mia nonna Angela, purtroppo mancata nel settembre dell’anno scorso. Era una donna energica e la sua casa era uno specchio: non faceva in tempo a sporcarsi perché lei puliva sempre tutto. E appena finiva un compito diceva: “Accussì”».
Un modo siciliano di dire “missione compiuta”?
«Accussì»
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