Alice Pagani è la giovane protagonista della serie TV di Netflix sullo scandalo delle baby prostitute a Roma. E qui racconta la sua storia di rgazza che ha fatto l’attrice per caso, ma poi ha saputo convincere anche un regista premio Oscar
Una principessa punk. Si definisce così la 20enne Alice Pagani, scoperta da Claudio Amendola in Il permesso e fatta conoscere al grande pubblico dal premio Oscar Paolo Sorrentino in Loro.
Una carriera partita per caso, mi racconta di fronte a una tazza di tè allo zenzero fumante: «Ero in vacanza a Roma e sulla metropolitana l’assistente di quella che oggi è la mia manager, Yvonne D’Abbraccio, mi ferma per propormi uno stage. Ero diffidente, poi mi sono informata e ho scoperto la scuola di recitazione che ha cambiato la mia vita, la Yd’ Actors».
Da allora Alice ha studiato tantissimo. «Anche di notte, per superare provini importanti come quello con Sorrentino», dice. E la fatica la sta portando verso nuovi traguardi: dal 30 novembre arriva su Netflix la serie Baby, sulla vicenda delle baby squillo scoperte nel 2014 a Roma, nel quartiere dei Parioli. «Quando ho affrontato le scene della prostituzione sono stata malissimo», spiega Alice.
Chi è Ludovica, il suo personaggio?
«Una ragazza molto fragile, caotica, con una famiglia difficile e il peso enorme del divorzio dei suoi che lei non vive affatto bene. Fa la scelta di stravolgere la sua vita. Non è stato semplice per me lasciare sul set queste emozioni. E mi sono ritrovata a girare scene molto impegnative».
Ha avuto modo di parlare con ragazze che scelgono vite come quelle che raccontate in Baby?
«No, i miei riferimenti sono stati solo cinematografici: film come Memorie di una geisha o Angelina Jolie in Ragazze interrotte. Ludovica è una giovane tormentata. Mi ha fatto male portarla sullo schermo perché vive ogni emozione fino in fondo, cerca di risolvere problemi a volte non suoi e affronta ogni sfida come fosse un muro da prendere a calci. Ma a volte sa essere anche luminosa: interpretare buio e luce è stata una bella prova».
Ha dovuto ripescare in momenti bui personali?
«Non ho avuto un’infanzia facile: i miei ce l’hanno messa tutta, ma in alcune situazioni li ho fatti impazzire. A 15 anni avevo un caratteraccio, ero chiusa, timida, ma per paura di essere giudicata reagivo male. Ho avuto le prime batoste amorose, le delusioni dagli amici. Ci sono ragazze che sanno vivere queste situazioni in maniera più fredda, io ho sempre affrontato tutto di petto. In Ludovica ho messo tanto della mia adolescenza».
Come affronta le scene di nudo?
«Senza troppi problemi: sentire il mio corpo è semplicemente umano, inoltre avendo frequentato il liceo artistico considero il nudo arte, lo percepisco come una cosa bella. Certo, ho lavorato tanto su me stessa per stare bene con il mio fisico: tutte possiamo avere complessi, anche io, ma cerco di combatterli. E recitare, in questo, aiuta molto».
Anche a vincere la timidezza?
«Eccome. I primi tempi a scuola di recitazione ero così timida che non riuscivo neanche ad alzare lo sguardo, avevo paura, mi tremavano la voce e le mani, pensavo sempre che gli altri mi stessero giudicando. Ci ho messo un po’ per lasciarmi andare. E poco a poco ho sentito la paura svanire».
Rivedersi sullo schermo che effetto le fa?
«Per me è sempre un trauma. Il lavoro è finito e non hai più chance di cambiare qualcosa. Penso sempre: “Potevo fare meglio”».
Ci racconta come ha convinto Sorrentino?
«Ce l’ho messa tutta. Mi chiese di accomodarmi sulla sedia davanti a lui, nel suo ufficio. Tenevo busto, spalle e faccia immobili per non dare a vedere che mi tremavano le gambe di fronte a un regista premio Oscar. Lui parlava senza fermarsi, fumando il sigaro. Per attirare la sua attenzione mi sono alzata dalla sedia, ho recitato il testo in piedi, col pensiero fisso di non poter perdere quella chance. La concentrazione in questi casi è tutto: mi ripetevo che potevo essere la migliore».
Da Riccardo Scamarcio a Luca Argentero ha avuto compagni di set invidiabili: che cosa le hanno insegnato?
«Scamarcio trasmette energia, mi ha insegnato lo studio, ma anche l’estrema libertà sul set. Lo stesso Luca Argentero, che però è meno giocherellone. Entrambi mi hanno raccontato la loro storia, come sono arrivati a raggiungere certi obiettivi. A me invece sembra sempre di non sapere dove io stia andando, mi affido agli eventi. Mi sento così piccola che posso solo dare il meglio e sperare di farcela».
Che cosa la spaventa?
«Tendo a entrare molto nei personaggi, ho paura di non saperne uscire. Se voglio arrivare al pubblico devo essere vera, senza temere di sbagliare».
I suoi genitori la sostengono?
«La mia è una famiglia semplice, abita nelle Marche e io sono cresciuta in una realtà piccola. Ho sempre avuto voglia di fuggire, mia madre mi ha insegnato il senso di responsabilità, si fida molto di me, ma è anche un po’ preoccupata. Mio padre invece scrive, dipinge, ascolta musica: devo a lui l’amore per il cantautore Fabrizio De André, mi ha stimolato molto artisticamente e mi ha sempre detto: “Vai Alice, buttati”. E così ho fatto».
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