Viv Albertine: il racconto onesto degli anni del punk tra moda, musica e ragazzi
Lato Uno e Lato Due. La vita come un vinile, quelli che ascoltavi e poi dovevi alzarti a girare e far ripartire per poter andare avanti.
Viv Albertine racconta così la sua storia in “Vestiti, Musica, Ragazzi”, l’autobiografia uscita ora in Italia per Blackie Edizioni, una storia fatta sì di questi tre elementi ricorrenti e di ricordi personali, ma anche testimone di un momento storico e culturale ben preciso e dei personaggi che ne hanno fatto parte, della difficoltà di essere donna e artista rivoluzionaria negli anni 70 e del reinventarsi quando le cose cambiano.
Viv Albertine alla chitarra e Ari Up durante un concerto delle Slits - Foto Getty Images
Un libro onesto (anche troppo forse per sua stessa ammissione) che colpisce chi legge da subito per il linguaggio diretto e spoglio da fronzoli decorativi e che attraversa la gioventù della protagonista seguendola nella sua crescita intervallata dalla descrizione dei look suoi e delle sue coetanee carichi di inventiva e voglia di comunicare e degli aneddoti con i nomi che hanno fatto del punk quello che conosciamo ora. Johnny Rotten e Sid Vicious (suo grande amico) dei Sex Pistols, Joe Strummer e Mick Jones (con il quale ebbe una profonda storia d’amore) dei Clash, ma anche Vivienne Westwood, Malcolm McLaren e il negozio Sex, rifugio sicuro per chi non si riconosceva nei canoni della società di allora e che ha giocato un ruolo fondamentale nell’estetica del momento.
Ecco cosa ci ha raccontato l’autrice:
Come mai ha sentito la necessità di scrivere un libro?
Mi stavo riprendendo dal cancro, attraversando un divorzio ed avevo appena avuto una bambina, sicuramente poteva sembrare un pessimo momento per scrivere un libro, ma ho sentito come un senso di libertà. Dopo 25 anni avevo anche ricominciato a suonare la chitarra, per cui ho pensato che ci fosse come un arco narrativo che andasse dal prendere in mano uno strumento per la prima volta a 21 anni, io classe operaia, senza modelli a cui ispirarmi o fare riferimento, fino alla me stessa di ora: sulla cinquantina, divorziata, mamma single. In entrambi i casi mi sembravano due cose molto punk da fare. E nessuno avrebbe potuto scrivere questo libro se non me stessa.
Parliamo di vestiti. Quelli indossati all’epoca stavano mandando un messaggio o cercando di far scaturire una reazione. In che modo sceglieva come comporre i look?
È difficile spiegare quanto fossi povera all’epoca. Mia madre era single e senza un soldo. Compravo i miei abiti nei mercatini second-hand e di beneficenza, dove tutto era ammucchiato su panche traballanti nel cortile della chiesa la domenica mattina e dovevi lottare per accaparrarti qualunque cosa. Ho provato a creare degli abiti da sola ma non ero molto brava. Quando ho incontrato Vivienne Westwood e visto come concepiva gli abiti lei, tagliando vecchie t-shirt e poi creando delle stampe sopra, scarabocchiando slogan radicali sui vestiti, unendo i pantaloni, esprimendo la propria sessualità divertendosi e sfidando le persone con i propri abiti, ecco era proprio quello che volevo fare io. All’epoca frequentavo la scuola di moda per cui era anche un ottimo territorio per sperimentare. Ovviamente poi sono stata buttata fuori perché il mio lavoro per loro era offensivo e anche per aver portato Sid Vicious a lezione!
Viv Albertine e Ari Up a Los Angeles - Foto Getty images
Se dovesse scegliere qual è il look preferito indossato all’epoca? E cosa indossa ora?
Ho creato un abito ricavato da vecchie canottiere da uomo che ho tinto di nero e decorato con preservativi neri nei bordi, come delle frange. Ce l’ho ancora anche se i preservativi sono poi marciti e si sono trasformati in forme strane. Ora anche se scrivo di vestiti (e musica e ragazzi) non me ne importa più tanto. Non ho comprato nessun abito negli ultimi cinque anni.
Nel libro parla dell’importanza del negozio Sex come rifugio e porto sicuro per lei e i suoi amici e lo descrive come l’unico luogo dove poteva trovare abiti che le piacessero.
Era un posto dove si incontravano persone interessanti e dove potevo acquistare qualcosa con i soldi della borsa di studio. Qui si formavano le band e nascevano amicizie ma era anche un posto difficile da navigare perché Vivienne era molto esigente, ti faceva riflettere sulle tue opinioni e giustificarle. Io non avevo una grande cultura per cui non mi sentivo a mio agio a parlare liberamente. Da un certo punto di vista ero quasi spaventata ad andare lì, perché per me era molto importante l’opinione che aveva Vivienne di me, era molto intelligente e non mi sentivo alla sua altezza.
Che aspetti della musica punk possono essere ritrovati nella musica di adesso?
Non ascolto tanta musica al momento. La musica di adesso non fa per me e la musica del passato l’ho già sentita. So che non è il massimo da dire, ma è quello che provo ora. La musica è stato tutto per me, era la mia religione e mi ha salvata in molti sensi, era la mia maestra di vita, ho imparato a conoscere il mondo tramite le opere degli artisti che ascoltavo, ma essere parte dell’industria musicale ha ucciso quello che provavo. E le Slits sono state così rivoluzionarie, in mille modi ma specialmente musicalmente parlando e a livello di testi, che mi aspettavo lo stesso dai gruppi successivi. Non mi piacciono i gruppi derivativi, non dopo tutto quello che abbiamo fatto quarantacinque anni fa! Sinceramente riesco a malapena ad ascoltare qualunque tipo di musica, troppi ricordi dolorosi.
Perché le persone sono attratte dal racconto dell’epoca punk?
Così sembra che fosse una cosa patinata da rivista! Eravamo un gruppo di giovani nullatenenti, molti di noi di classe operaia, poveri e con difficoltà emotive che si ritrovavano assieme perché ci riconoscevamo l’uno nell’altro. Ci incontravamo da Sex e ai concerti. Riuscivamo a stimolarci creativamente l’un l’altro attraverso la musica e la moda. Tutto è cresciuto senza che noi ci accorgessimo di niente. Non era un movimento riconosciuto. Non era chiamato ”punk”. Era finito nel momento in cui la stampa gli ha dato quel nome. È stato ridotto a qualcosa di coeso e omogeneo nel momento in cui si è guardato al passato, ma in realtà non era per niente così. Era vago, approssimativo e non quantificabile e poi è finito.
Viv Albertine in concerto con le Slits a Londra nel 1981 - Foto Getty Images
Il suo libro è estremamente personale e sincero. A volte si pente di essere stata così diretta?
Sì! Mi sveglio ancora di notte con lo stomaco sottosopra pensando a qualcosa che ho scritto, su me stessa o qualcun altro. Non sapevo cosa stessi facendo. Pensavo che nessuno l’avrebbe letto. Sono stata così onesta perché mi dava un certo brivido mentre stavo scrivendo, poi quando è venuto il momento di consegnare il libro all’editore ho avuto un crollo di nervi. Sapevo che mi ero spinta parecchio in là e che non potevo tornare indietro. Ma questo era l’unico modo in cui potevo immaginarmi il libro, dire la mia verità. Ci sono state molte conseguenze ovviamente, come succede quando si è sinceri nella vita reale. Nessuno vuole davvero che tu lo sia, non è una qualità apprezzata e a volte è crudele. I miei rapporti con la famiglia e gli amici ne hanno sofferto. Ma il pubblico invece ha capito. Mi sono resa conto che la verità funziona nel mondo dell’arte, non nella vita vera. Ancor meno se sei una donna.
La Viv degli anni 70 sognava di essere in una band. Cosa sogna la Viv di adesso?
Mi piace stare da sola quando ne ho bisogno. Avere spazio mentale e tranquillità. Credo che queste cose siano un privilegio e un lusso. Non voglio correre di qua e di là cercando di raggiungere mille obiettivi. Sono stata cinque anni senza far nulla. Le persone attorno a me pensavano stessi morendo dentro e invece ero solo in attesa. Un concetto molto diverso. Mi succede spesso. Una volta è durata per venticinque anni. Quando mi sono risvegliata e ho ricominciato ad avere idee era come se non fosse passato un giorno. Ho pubblicato album, sono partita per il tour, dipinto e scritto due libri. È difficile essere così in una società consumistica e che premia l’essere estroversi, devi sconfiggere tutte queste sottili pressioni che ti dicono che devi essere qualcuno o qualcosa a tutti i costi. Sto scrivendo un altro libro ora e girando un film, ma avrei potuto anche non far nulla per i prossimi cinque anni e sarebbe andata bene così. Mi piace spazzare il mio cortile. Adoro avere tempo per poter fare delle cose così semplici.
© Riproduzione riservata