Best of Paris Fashion Week: i 12 look indimenticabili


Archiviata con i grandi show di Chanel e Miu Miu su tutti, la settimana della moda parigina è giunta al termine, anche se siamo certi che stenteremo a dimenticarla così rapidamente. Se è vero, infatti, che la moda ha a che fare per sua natura con la caducità, certo non è stato effimero il messaggio che – in alcuni casi più che in altri – ha lanciato da Parigi. Un messaggio che può essere ricompreso nella sempre più stretta relazione fra la moda, in quanto produzione culturale, e il mondo a cui si rivolge. Un messaggio politico anche, grazie a cui i brand sembrano finalmente voler prendere atto di una specifica richiesta del pubblico: la necessità di schierarsi, di smettere di essere neutrali a tutti i costi. No, non si tratta più solo di vestiti.
1) Best of Paris Fashion Week: Chanel e il tweed total look

(Credits: courtesy of press office)
Un inno d’amore al tweed, tessuto del resto divenuto simbolo della maison, proposto davvero in tutte le versioni possibili da Chanel. Richiami alla Swinging London ed echi di campagna scozzese riecheggiano nella collezione con cui Virginie Viard sembra aver abbandonato momentaneamente le atmosfere parigine che le sono più congeniali, per sperimentare un tweed più ruvido e forse tradizionale (il tessuto nacque infatti come lana per confezioni maschili) accostato a galosce logate in gomma, in versione sia short che cuissard. La collezione, improntata ad una praticità molto borghese, sembra quasi una risposta implicita alle polemiche seguite all’haute couture con trotto regale di Charlotte Casiraghi. #MiddleClass
2) Best of Paris Fashion Week: il maxi coat in faux fur di Stella McCartney

(Credits: courtesy of press office)
Che il prossimo sarà l’inverno del maxi coat sono stati in tanti a chiarirlo, da Michael Kors a Saint Laurent, e infatti nelle passerelle di tutto il mondo il cappotto in versione over (ed ecologica) l’ha fatta da sovrano. Una menzione d’onore va però a Stella McCartney che per prima ha aperto le danze della sperimentazione tessile con l’obiettivo di una produzione sostenibile e animal friendly. Il teddy bear proposto a Parigi è un esempio di questa – riuscita – sperimentazione. La grande ricerca per texture e volumi che non hanno nulla da invidiare a lussuose pellicce dà in questa collezione i suoi frutti più prolifici, anche quando sperimenta con la maglieria e i pattern, che siano geometrici o astratti. #HiTechTextile
3) Best of Paris Fashion Week: la vita bassa di Miu Miu – atto secondo

(Credits: courtesy of press office)
La sfilata di Miu Miu ci dà una certezza: se per caso avevate pensato che si trattasse di un "fuoco di paglia", beh ci spiace! La vita bassa, anzi bassissima tornerà, anche per il prossimo inverno, con tanto di addome all'aria anche alle basse temperature. E dunque via allo sfoggio di mini, intimo a vista, micro-polo, macro-cappotti e cinturoni in pelle che paiono rubati all’armadio di lui; sarà impossibile ignorare il messaggio lanciato a gran voce da Miuccia: gli anni Duemila sono tornati per restare. E se a dirlo è una veterana della moda di lungo corso come lei – non bastassero le centinaia di migliaia di Tik Tok a tema #Y2K - c’è da crederci. #YoungAdult
4) Best of Paris Fashion Week: le trasparenze sensuali di Mônot

(Credits: courtesy of press office)
A un certo punto, passate le peggiori ondate pandemiche, abbiamo vacillato, temendo che tutto quell’insistere sul comfy look fosse davvero l’unica prospettiva futura che ci attendeva al di là dell’emergenza sanitaria. Ma poi, complici certi decisi segnali lanciati con grande vigore soprattutto dai più interessanti brand emergenti, da Dojaka in poi, il sexy è tornato in passerella. E di sensualità ce n’è tanta anche nella collezione disegnata da Eli Mizrahi, talentuoso libanese trapiantato a New York che ha fatto di trasparenze e pelle scoperta i suoi capisaldi. Due soli colori, tanto nero e qualche bianco assoluto, per una collezione di capi sofisticati che culminano nel lungo da sera tutto trasparenze e lingerie a vista. Se si possa già parlare di trend non sappiamo dirlo con certezza, ma di sicuro l’abito da sera "vedo non vedo" è tra i più graditi ritorni delle passerelle invernali. #HotCouture
5) Best of Paris Fashion Week: sovrapposizioni e stratificazioni da Sacai

(Credits: courtesy of press office)
Chitose Abe da Sacai eleva il gioco delle sovrapposizioni invernali alla sua ennesima potenza e lo fa, come suo costume, in modo assolutamente cerebrale e contemporaneo. Non si limita infatti ad aggiungere strati su strati, ma lo fa giocando con la decostruzione dei capi iconici del guardaroba genderless, dal trench al montone, fino ad arrivare al completo gessato, a cui toglie oppure aggiunge, a volte sostituisce, dettagli inediti, inserti mai scontati, stupefazioni architettoniche. Il tutto con una padronanza assoluta del mono-colore, solo raramente spezzato dall’animalier, che sfocia in un rosso lacca di abbagliante plasticità. #JapanStyle
6) Best of Paris Fashion Week: l’optical crochet di Schiaparelli

(Credits: courtesy of press office)
Il gusto per l’iperbole e il surreale non fa certo difetto a Daniel Roseberry, che in poche stagioni ci ha ormai abituati ad aspettarci di tutto. La collezione presentata a Parigi non fa eccezione, anche se stavolta il gioco del designer si fa forse meno scoperto e più sofisticato. Più tromp-l’oeil e meno massimalismo, per una breve ricognizione sull’arte dell’eccesso in versione prêt-a-porter. Non mancano gli omaggi ai grandi capisaldi del genere prediletto da Roseberry, fra stampe illustrate, completi da torero e accessori memorabili, su cui spiccano head piece che sono vere e proprie sculture. Se dovessimo puntare su un solo pezzo però sarebbe l’abito optical realizzato con una sofisticata lavorazione a crochet, che – potremmo scommetterci – sarà il più indossato dalle it girl di mezzo mondo. #ArtOfKnit
7) Best of Paris Fashion Week: il tuxedo dress di Saint Laurent

(Credits: courtesy of press office)
Quello che Coco ha fatto per il tweed (o viceversa) Yves Saint Laurent fece per il tuxedo, dando per sempre a questo classico da uomo un’accezione femminile con cui tutti gli uomini eleganti dovettero confrontarsi di lì in avanti. Anthony Vaccarello fa rivivere il tuxedo classico del suo predecessore trasformandolo in statement, simbolo di ciò che una donna può fare quando indossa vestiti che la fanno sentire invincibile. Come nel caso dell’abito da sera con maxi-spalle e ampi revers, quasi una campionatura muscolare e sotto steroidi del completo maschile. Non si tratta però certo di scimmiottare la figura del macho propriamente detta, quanto piuttosto di stravolgere i suoi riferimenti estetici, trasformandoli in armi che una donna sa maneggiare con più grazia – e in fondo forse anche - una certa dolcezza dissimulata. #FeminineMasculine
8) Best of Paris Fashion Week: il PP Pink di Valentino

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Quando parliamo di “fare politica” con la moda pensiamo di certo a Pierpaolo Piccioli, uno che – forte anche del grande lavoro che da anni sta facendo con la maison romana – può permettersi di osare collezioni che usano la bellezza e gli abiti per lanciare messaggi assai poco accomodanti. E la sfilata parigina non fa certo eccezione, impregnata com’è di concetti che, complice un unico colore creato ad hoc, passano forte e chiaro come ruspe sulla passerella. Il rosa è, infatti, per PP (che condivide le iniziali con un altro creativo disruptive, Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre in questi giorni il centenario) un colore che evoca libertà, che consente allo sguardo di concentrarsi solo su forme, volute, silhouette e sull’unicità della persona che li indossa dunque. Perché, come ricorda lo stesso Piccioli: «Usare un solo colore cambia la percezione di quello che vede il tuo cervello. Non badi ai generi, ma resti colpito dall’autenticità delle persone». #FashionMatters
9) Best of Paris Fashion Week: il simbolismo di Balenciaga

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A Parigi è diventato in un attimo chiaro che la moda, come qualsiasi altro linguaggio della contemporaneità, non può più ignorare il proprio dovere di cronaca. E se a volte lo fa non è certo per insensibilità dei designer: come si può trasformare il lavoro iniziato mesi fa in un commento al presente? Utilizzando il momento della sfilata, il suo svolgersi in un qui e ora, in una performance che sfrutti la grande visibilità per parlare al mondo. E il messaggio in questo caso è quello di un designer che la storia l’ha attraversata sul serio quando, nel 1991, è diventato un rifugiato costretto a lasciare il proprio Paese in guerra. Una storia che Demna Gvasalia ha portato in passerella da Balenciaga ricordando, con i suoi modelli che incedono nella tormenta trascinando grandi sacchi che paiono contenere i pochi averi raccattati per la fuga, che a certi orrori non dobbiamo assuefarci, né permettergli di annichilirci. #ImagineAllThePeople
10) Best of Paris Fashion Week: la notte unconventional di Off-White

(Credits: courtesy of press office)
Probabilmente misureremo ancora per anni il lascito di Virgil Abloh al mondo della moda, a cominciare dallo street style, per il quale c’è un A.A. e un D.A. Ma non si può certo ridurre la complessità di pensiero di un creativo come Abloh a un solo linguaggio, per quanto importante. E infatti una caratteristica che ha sempre contraddistinto le collezioni di Off-White è stata anche la capacità di mescolare i generi, passando dalle sneakers alla grand soirée, fino ad arrivare agli abiti da sposa. Per la prima sfilata senza Virgil (ma da lui disegnata e poi ultimata dal suo team) il brand ha dunque ritrovato questa sua peculiarità, portandola al massimo livello, quasi ad altezza haute couture. E ha proposto così abiti da sera che fanno della sartorialità, del fatto-a-mano, il proprio tratto distintivo. La prova è nel vestito trasformabile – da strascico a mini - interamente percorso di paillettes. Perfetto per riassumere street style e alta moda in un solo look. #FashionDigest
11) Best of Paris Fashion Week: il patchwork di Marine Serre

(Credits: courtesy of press office)
Un pattern che è impossibile da ignorare, quello con le mezze lune, e una capacità di leggere il presente (che allora era ancora futuro) come pochi altri: questi sono gli elementi distintivi di Marine Serre. Fin dal suo debutto nel concept store più avanguardista del mondo, Dover Street Market, la designer è stata in grado di imprimere alla moda una svolta davvero dirompente. Per fortuna però Marine non si accontenta di replicare ad libitum il suo cavallo di battaglia e va oltre, facendo comunque quello che sa fare meglio: creare pattern, mescolare motivi grafici, usare fantasie e tessuti riciclati come parole di un racconto. Stavolta lo ha fatto soprattutto con il tartan e con il patchwork, proposti in versione sartoriale, punk e anche leggermente Seventies, come nel trench in pelle effetto mosaico. #UpcyclingDeLuxe
12) Best of Paris Fashion Week: fiori e colori per Giambattista Valli

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Look wow e tessuti fluttuanti: a questo ci ha da sempre abituati Giambattista Valli, e da un couturier sofisticato come lui non ci aspettiamo nulla di meno. Così è stato anche a Parigi, dove il designer romano che, ricordiamo, ha militato da Capucci prima e da Ungaro poi, ha di nuovo puntato i riflettori sulla femminilità pura, quella che si manifesta con fiori e corolle, con volute di tulle, con coordinati abito e calze e con tacchi vertiginosi. Quella che non ha paura di osare, con animalier e incrostazioni di lustrini, quella che aggiunge sempre fiocchi e applicazioni décor anche al più quotidiano dei look, certa com’è (e come darle torto) che se c’è una cosa che ci salverà è proprio, come disse Dostoevskij, la bellezza. E dunque lasciamola fiorire anche sugli abiti, che mai come adesso ne abbiamo bisogno. #EspritDuTemps
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