Schiaparelli FW'24: il prêt-à-porter secondo Daniel Roseberry
La seconda sfilata ready-to-wear di Schiaparelli è andata in scena a Parigi. A un anno dalla prima, Daniel Roseberry torna a spogliare il lato couture di Schiaparelli per calare questo marchio quasi centenario, dalla storia densa di fascino e di cultura, nella vita di tutti i giorni.
Lo fa a modo suo, come è solito fare, enfatizzando bene quelli che sono gli elementi fondanti dell'estetica Schiaparelli: gli elementi iconografici cari alla fondatrice, ovvero quei dettagli anatomici o quegli oggetti che si aprono a interpretazioni surreali, e quelli in sintonia con il background americano di Roseberry, fatto di frange, fibbie e tanto, immancabile, denim.
Credits: Press office
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Il suo guardaroba dedicato al quotidiano, spiega chiaramente Roseberry, è comunque orientato verso lo stupore: lo descrive come psico-chic questo mettere insieme elementi e dettagli che provocano negli occhi di chi guarda, emozione e curiosità.
Un'asola diventa un buco della serratura, la cravatta sembra realizzata con capelli intrecciati, le spille celano degli occhi abbracciata da bagliori dorati.
Lo scopo di Roseberry è suscitare curiosità, meraviglia, anche attraverso un blazer o un paio di jeans in apparenza semplici ingredienti del quotidiano.
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Dopo una parte iniziale molto calata nell'universo più portabile, per l'appunto, del prêt-à-porter, in passerella arrivano gli abiti più lunghi e sofisticati, non ancora couture ma allo stesso modo finemente studiati e realizzati. Volumi che, come da tradizione, disegnano il corpo fino a celebrarlo, con l'uscita finale, di un abito gioiello con disegnata, in un effetto bicolor, la silhouette.
Un'opera rispettosa quella che Roseberry riesce a fare, stagione dopo stagione, con il corpo femminile, senza mai oggettificarlo. Utilizza corsetti, aperture e drappeggi che si rivelano però sempre rispettosi ed eleganti.
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