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Grazia

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Moda

Marc Ascoli: un art director da sogno

Marc Ascoli: un art director da sogno

foto di Gabriele Verratti Gabriele Verratti — 30 Gennaio 2012

Fotogallery Marc Ascoli: un art director da sogno

  • MG 0228 MG 0228 Il guardaroba magico di Marc Ascoli per Vestirsi da uomo
  • MG 0238 MG 0238 Il guardaroba magico di Marc Ascoli per Vestirsi da uomo
  • MG 0170 MG 0170 La performance a Villa Favard
  • MG 0168 MG 0168 La performance a Villa Favard
  • MG 0260 MG 0260 La cantante Owlle mentre si esibisce a Vestirsi da uomo
  • MG 0248 MG 0248 La cantante Owlle durante la sua performace a Vestirsi da uomo
  • MG 0217 MG 0217 I conigli giganti di Marc Ascoli
  • MG 0188 MG 0188 La performance a Villa Favard di Vestirsi da uomo
  • MG 0178 MG 0178 La performance a Villa Favard di Vestirsi da uomo
  • MG 0177 MG 0177 La performance a Villa Favard di Vestirsi da uomo
  • MG 0196 MG 0196 Giocolieri per la performance di Vestirsi da uomo
  • MG 0176 MG 0176 La performance a Villa Favard di Vestirsi da uomo
  • MG 0201 MG 0201 Musica live per la performance Vestirsi da uomo
  • MG 0215 MG 0215 Uno dei conigli giganti protagonisti della performance
/ 14 Tutte le foto
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Intervista al celebre Art director Marc Ascoli, curatore della seconda edizione del progetto Vestirsi da uomo a Pitti

È stato scelto dalla Fondazione Pitti Discovery per la seconda edizione di Vestirsi da uomo, progetto che dà voce all'eleganza maschile contemporanea. E lui ci ha stupito ancora una volta. Come? Raccontandoci la moda come una fiaba.

Marc Ascoli : un nome, una garanzia. Dai primi lavori per Yohji Yamamoto a metà degli anni '80 alle successive collaborazioni con Jil Sander, Cerruti, Hugo Boss, Chloé, la sua direzione artistica artistica ha scritto pagine indelebili nell'immaginario della moda contemporanea. Ed è  ormai mitologia pura la campagna per l'inverno 1987-88 di Yamamoto, con  lo zampino di Nick Knight e Peter Saville: la Venere nera, Naomi  Campbell, vi disegna in controluce silhouette seducenti.

Per vocazione aperto ai fermenti della novità, fine scopritore di talenti, Marc Ascoli a Firenze ha raccontato a modo suo il guardaroba maschile. Con tableaux vivant di una rappresentazione profana e immaginifica. Stupire i sensi dei visitatori e farli tornare bambini era  il suo obiettivo dichiarato. Aprire le porte al sogno e scrollare dalla moda da una brutta impressione economicista, tutto profitto e niente ispirazione, il merito che gli riconosciamo.

Art director si nasce o si diventa?
Non è una domanda facile perché essere direttore artistico richiede un particolare mix di intuito, capacità di analisi, sicurezza, visione, fiuto per il talento e comprensione degli altri. Suppongo che molte di queste qualità dipendano dal carattere e dalle inclinazioni personali. Sono cruciali anche le persone di cui mi circondo, perché la direzione artistica è per molti aspetti un lavoro di squadra.

Quando sei a Firenze, dove ti piace andare?
Come molte persone, quando sono a Firenze passo sempre dall’antica farmacia di Santa Maria Novella, dove compro tutti i miei profumi preferiti. E poi passeggio per i pittoreschi vicoli della città finché non mi viene abbastanza fame per un piatto di pasta al ristorante Buca dell’Orafo.
L’ultima volta che sono stato a Firenze avrei voluto avere più tempo per girare, ma il lavoro mi ha tenuto molto occupato. Devo assolutamente ritornare, anche perché sarebbe la meta perfetta per una fuga romantica con mia moglie Martine.

Che significato riveste per te Pitti Immagine Uomo?
Pitti Immagine Uomo è la piattaforma più importante al mondo per il lancio di nuovi progetti nel campo della moda maschile. Quello che più mi piace della manifestazione è la fondazione Pitti Discovery, che lascia carta bianca a diversi creativi per promuovere un punto di vista nuovo e artistico sul menswear. Lo staff della fondazione mi è stato di grande aiuto e mi ha molto sostenuto durante tutto il processo di realizzazione del mio progetto.

Il primo pensiero alla proposta di curare “Vestirsi da uomo”.
Quando mi hanno contattato per la prima volta ne sono stato entusiasta, perché sapevo che mi sarebbe stata data carta bianca e che avrei potuto essere creativo quanto volevo. Questa edizione di Pitti Uomo ha rappresentato un’ottima opportunità per poter correre qualche rischio. Anche se non è stato facile farsi venire un’idea che fosse allo stesso tempo originale e sorprendente, sapevo fin dall’inizio quale effetto volevo produrre e che, per ottenerlo, avrei dovuto uscire dagli schemi.

Tu e gli studenti del Polimoda. Raccontaci un aneddoto.
Lavorare su un progetto con dei giovani studenti è stato impegnativo, ma è anche stata una boccata d’aria fresca. Sono pieni di idee divertenti, perché non risentono degli ostacoli alla creatività che arrivano con l’età adulta. Le idee vanno però selezionate con cura, e spesso bisogna dar loro un’iniezione di buon senso. Prima di arrivare al risultato finale c’è stato un lungo processo di brainstorming.

Primi passi nella splendida Villa Favard. Quale emozione hai provato e quanto è servito alla tua personale ispirazione?
Quando ci sono entrato per la prima volta, sono rimasto sbalordito. Ho capito immediatamente che volevo che il mio evento si svolgesse lì. Di certo gli stucchi barocchi e gli affreschi hanno risvegliato la mia immaginazione: è il palazzo che mi dato l’idea di creare dei contrasti, e quindi di usare le insolite creazioni degli studenti.

Durante la performance molte figure erano sospese tra il maschio e la femmina. La distinzione di genere è un baluardo destinato a crollare?
Non importa se si parla di uomini che si vestono da donna o di donne che si vestono da uomo: in fondo ciò che conta è che lo stile, oggi, dipende dall’identità più che dal sesso. Gli esseri umani hanno sempre provato desideri contrastanti tra la femminilità e la mascolinità, ma ora possiamo adottarle entrambe, indossando vestiti che si accordano alla rispettiva mentalità. Una donna può indossare un’attillatissima gonna a tubo con una camicetta ricamata un giorno, e uno smoking il giorno successivo, se le va di farlo.
Credo che la moda continuerà a riflettere questi desideri antagonisti attraverso le sue tendenze varie e ricorrenti. Non dobbiamo più accontentarci di una singola identità ben definita: le opzioni a nostra disposizione non sono mai state così numerose.

La scelta dei tableaux vivants: moda è anche un po’ teatro?
Ci sono molte analogie tra la moda e il teatro. Per questo progetto, la mia idea era quella di condividere un punto di vista curioso e delicato, che invitasse a prendersi una pausa dalla realtà visitando lo spazio che ho scelto. La villa Favard dà subito l’impressione di un enorme teatro; con i suoi affreschi spettacolari, i grandi specchi, i lampadari barocchi… Ho lavorato come un regista teatrale che sovrintende e organizza l’allestimento del suo spettacolo.
L’industria della moda di oggi mi sembra sempre più omogenea e globalizzata, e quindi credo che sia importante continuare a infondere qualcosa di teatrale e di magico, così che il pubblico possa ancora sognare.

Il coniglio. Simbolo infantile o metafora inquietante?
Entrambe le cose.

Il carattere fondamentale dell'eleganza contemporanea.
Vestiti fatti alla perfezione, classici e senza tempo, ma in modo discreto.

Come ti informi su quello che succede intorno a te?
Per il mio lavoro devo mantenermi in sintonia con la moda contemporanea, e per questo leggo molte riviste, ma guardo anche documentari di ogni genere per capire come vivono gli altri. Mi permette ogni tanto di sfuggire dalla mia realtà.

I segnali del nuovo. Dove andarli a cercare?
Nella danza contemporanea, nel cinema, nella musica, nei viaggi naturalmente, mettendo in discussione qualsiasi opinione. La chiave è mantenere sempre un atteggiamento aperto e curioso, non restare intrappolati in una sola mentalità.

Comunicare attraverso l'immagine. Qual è il segreto per riuscirci?
Non esiste una formula segreta. Credo che ognuno di noi abbia in sé qualcosa di interessante da sviluppare e condividere. Penso che un’immagine riesca a comunicare quando la persona che la sta osservando per un momento si allontana dalla realtà, si proietta in un contesto immaginario. Se vuoi avere un impatto reale sulle persone, devi farle pensare e far provare loro qualcosa.

© Riproduzione riservata

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