Il gioiello per un mondo che cambia
Quando è arrivata ai Bafta, gli “Oscar” britannici dove era nominata per il film Bombshell – La voce dello scandalo, non ci sono stati dubbi. La regina del tappeto rosso non poteva essere che lei, Charlize Theron. Con la sua bellezza e presenza scenica, indossava il preziosissimo girocollo di Tiffany & Co.
«È un choker in oro rosa con diamanti baguette e rotondi, un’anteprima esclusiva della collezione T1», spiega Reed Krakoff, direttore artistico del marchio, creatore delle nuove linee di accessori di lusso e ideatore dei Blue Box Café, i ristoranti a Londra, a Shanghai e a New York, dove il sogno di andare a fare “Colazione da Tiffany” è finalmente diventato realtà.
«Disegnando la collezione, mi sono ispirato a una donna dalle idee chiare e orgogliosa dei traguardi che ha raggiunto e con uno stile contemporaneo, audace e raffinato», dice Krakoff, che Grazia ha incontrato a Londra.
Tiffany T1, disponibile nelle boutique da aprile, rende omaggio al celebre motivo a “T”, creato negli Anni 80. «Le pietre preziose non sono soltanto per le occasioni speciali, ma possono essere indossate ogni giorno, per celebrare noi stessi», sottolinea Krakoff, mentre mostra i modelli della nuova collezione nella boutique di Bond Street.
Stilista, fotografo, collezionista d’arte e designer, Reed Krakoff è tutto fuorché un conservatore. «Tiffany & Co. fu fondata nel 1837, ma non è mai stato un marchio tradizionalista, anzi. I bracciali Bone Cuff disegnati alla fine degli Anni 70 da Elsa Peretti ne sono un esempio. Ora sono considerati classici, ma quando lei iniziò a lavorarci erano pura avanguardia, rivoluzionari. Fare riferimento alla storia del marchio è sicuramente importante, come lo è mantenerne lo spirito. Basta non considerarne solo l’aspetto nostalgico o romantico».
Che cosa ha ispirato questa nuova collezione?
«Mi è piaciuta l’idea di giocare con il motivo della “T”, che si unisce in un circolo continuo, come un cerchio che non si spezza. E come un amore senza fine».
Che cos’è per lei l’amore e che cosa rappresenta per la maison?
«Per me l’idea di amore è qualcosa che ognuno di noi stabilisce e non qualcosa che viene stabilito per noi. Le forme che assume sono quindi molto diverse tra loro, come del resto lo sono le relazioni».
In un mondo in cui si fanno strada modelli di affettività sempre più fluidi, ha ancora senso parlare di maschile e femminile?
«Diciamo che contrapporre i due concetti mi stuzzica molto».
Come ha tradotto nella collezione questo contrasto?
«Contrapponendo la femminilità dell’oro rosa all’audacia del design. Volevamo prendere qualcosa di grafico e angolare e contrapporlo a qualcosa generalmente considerato “morbido” come l’oro rosa. Questa idea aderisce perfettamente a quello che in un certo senso è diventato il mio marchio di fabbrica: il mettere insieme cose in maniera del tutto inaspettata e sorprendente. L’idea di questa contrapposizione si ritrova in tutta la collezione. Abbiamo cominciato con l’oro rosa, dall’estate verranno lanciati i modelli anche in oro bianco e in oro giallo».
Come mai è così affascinato dal gioco dei contrasti?
«Perché inevitabilmente provocano reazioni. E dato che osare è la mia parola d’ordine, a interessarmi è il percorso creativo, l’approccio irriverente a qualcosa di tradizionale».
Tiffany & Co. presenta la collezione T1
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Lei è un collezionista appassionato e un grande sostenitore dell’arte, come dimostrano le sue donazioni ai musei newyorkesi Cooper-Hewitt National Design Museum e Whitney Museum of American Art. È qui che trova le sue fonti d’ispirazione?
«Sì, ma in maniera indiretta perché cerco di trarre ispirazione da più cose possibili: arte, ma anche design, teatro, cinema, libri, cultura pop, musica. È un processo intuitivo, ecco perché nessuno mi sentirà mai dire: “Amo questo dipinto, mi piacciono quei colori e vorrei tanto realizzare una collezione che li riproduca”. La mia è più che altro un’elaborazione della mente».
Di recente, lei ha detto che durante i suoi viaggi le piace osservare il modo in cui le persone indossano i gioielli. C’è qualcosa di diverso a seconda dei luoghi?
«Quello che ho notato è che non esistono tendenze e ognuno fa quello che vuole. Grazie ai social media, non ci sono più linee guida e se una volta erano Parigi o Milano, a dettare le regole, ora tutto è diventato più fluido. La moda arriva da ogni parte e ognuno decide chi e che cosa seguire».
Per quanto riguarda il lusso, invece?
«Continua a essere qualcosa che dura nel tempo, ma significa anche impegno, maestria, qualità dei materiali e capacità tecniche e artigianali, come quelli che si trovano nei nostri laboratori. Perché se è vero che i gioielli sono qualcosa di costoso, è anche vero che rappresentano emozioni, che durano una vita e che vengono tramandati, con le storie cui sono legati».
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