Intervista esclusiva a Antonio Marras
Intervista allo stilista sardo Antonio Marras nel suo studio milanese. Le sue ispirazioni, i suoi cinque oggetti del cuore, cosa significa nascere su un'isola e le sue prime collezioni.
Intervista allo stilista sardo Antonio Marras nel suo studio milanese. Le sue ispirazioni, i suoi cinque oggetti del cuore, cosa significa nascere su un'isola e le sue prime collezioni.
Il designer e’ una persona che…
Il designer e’ una persona che sperimenta. Credo che sia qualcuno intorno al quale ruotano delle realtà differenti, penso alla commistione con l’arte, con la musica, con la danza, con il teatro, con il cinema. Da tutto questo pout pourri nasce veramente il lavoro del designer.
In bottega da tuo padre ad Alghero: un aneddoto.
C’era e c’è una maestra, si chiama Mariastella, lei si fa chiamare Mary Etoile perché ha questo vezzo di parlare francese. Frequentava il negozio di mio padre, dove veniva a comprare i tessuti. Incontrandola esattamente due/tre mesi fa mi ha raccontato che da piccolo io dicevo a mio padre «Guarda, guarda babbo un giorno voglio disegnare gli abiti come quelli che porta questa signora», questo è un ricordo molto bello che ho sia di mio padre che della sua bottega che di questo personaggio straordinario che ancora oggi riscuote un successo incredibile.
La tua prima collezione, tu e il cinema.
È stato un successo assolutamente inaspettato ma soprattutto Piano…piano dolce Carlotta è il titolo di un film di Robert Aldrich con la mia attrice preferita, Bette Davis. Da qua scaturisce veramente il mio amore per il cinema e da qui nasce la mia prima collezione che rimanda appunto al cinema e a Bette Davis.
Dove trovi la tua ispirazione?
Credo che la mia ispirazione arrivi da ogni dove, forse da niente, e da tutto quello che mi circonda. La cosa che più mi appassiona e mi interessa è dar voce a degli elementi che apparentemente sono muti e forse colpiscono solo me, ma poi lavorandoci cerco di creare un linguaggio perché questa ispirazione diventi cosa reale e si traduca negli “stracci” che faccio.
Un grande insegnamento da Kenzo
Credo che il più grande insegnamento sia stata la conferma di una delle cose che c’è nel mio dna e che si trova anche nel dna di Kenzo: il viaggio. Per chi nasce come me in un’isola e per chi è nato come Kenzo in un’altra isola (parlo della Sardegna e del Giappone) c’è veramente la “voglia di andare restando”. una frase molto bella che un po’ riassume quello che è il concetto di chi nasce in un’isola, l’appartenenza ad una terra che sai limitata che però poi invece ti porta a viaggiare, a scoprire e a esplorare altre realtà.
Lo stile si affina o è un dono naturale?
Credo che lo stile sia un dono naturale che però va affinato di giorno in giorno nella vita quotidiana.
La moda per te.
La moda è veramente il legame tra arte, musica, poesia. È l’elemento che può creare un linguaggio nuovo, un nuovo alfabeto che può comunicare con gli altri.
Cinque oggetti importanti per te.
Un’opera di Maria Lai, una giovane novantenne artista sarda che ha segnato veramente la mia vita. Mi ha portato e guidato per mano nel mondo dell’arte, mi ha rivelato delle formule per cui adesso riesco a vedere delle cose che prima assolutamente mi sembravano assurde. Questo è uno degli oggetti che io custodisco con una venerazione unica.
Poi due foto, una di Efisio e una di Leo. Alla prima sono molto affezionato, ha un atteggiamento che è esattamente il mio. In un’altra foto io ero nascosto dietro il mio topolino e lui era nascosto dietro alla sua giraffa, in qualche modo mi ci rivedo. La foto di Leo invece mi piace tenerla con me perché non ho mai separato il lavoro dalla mia vita privata, infatti lo studio è comunicante con la mia casa e loro l’hanno sempre considerato una stanza aggiuntiva e hanno sempre giocato e vissuto con noi durante il lavoro.
Terzo oggetto è un abbecedario per bambini Rom, dal quale è scaturita una mia sfilata dedicata alle donne dei paesi dell’Est, ai gitani, agli zingari.
Il quarto è una delle mie agende, dove ogni pagina, oltre agli appuntamenti di lavoro, ha una illustrazione, un disegno, un collage, a seconda del periodo, del luogo, delle cose che sto facendo. Da qui forse partono anche delle idee che poi si concretizzano nelle cose che faccio.
L’ultimo oggetto è la reinterpretazione della figura eroica del bandito sardo, che, se si esclude la natura criminale, è una figura mitica della mia terra.
Un fiore che ami.
Il mio fiore preferito è sicuramente l’anemone.
Un giorno felice.
Per me un giorno felice è un giorno ventoso, un giorno tempestoso. Quello che adoro è il cambiamento repentino di luce, mi piace il rincorrersi delle nuvole.
La qualità che apprezzi in una donna.
L’onestà.
E in un uomo?
L’onestà.
Il piatto sardo a cui non rinunci?
Non rinuncio a tre cose: la prima è un dolce algherese che si chiama mangia’n branch, il secondo è la zuppa cuata, il terzo piatto invece è un piatto che cucina Maria Anto, questa mia amica straordinaria che cucina polpette alle bietole meravigliose, delle quali veramente vado pazzo!
Vivere da isolano.
Io nasco in una città che si chiama Alghero. Nascere in un’isola vuol dire che a un certo punto della tua esistenza hai qualcosa che finisce, cioè finisce la terra ferma e inizia il mare. Forse apparentemente in un primo momento sembra un limite, un ostacolo, invece poi il mare diventa la strada sulla quale immettersi e si comincia a navigare, a esplorare, ad arrivare da altre parti.
Romanzo o poesia?
Sono fortemente attratto dalla poesia e da quello che è il linguaggio poetico, dalla capacità e dalla possibilità che hanno i poeti di infrangere veramente le regole, di non avere limiti, di non avere confini. Sono veramente un fautore della libertà totale, quasi dell’anarchia, sempre che questo rispetti chi sta intorno a te, le persone che ti circondano.
Qual è il pezzo della collezione che mi faresti indossare?
È un abito bianco e nero con un tessuto maculato nella gonna e lo stesso motivo riportato completamente ricamato nel corpino.
Antonio Marras, we love it!
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