«Voglio una donna scarsa sul palco di Sanremo»: l'editoriale di Silvia Grilli

Ho voluto Angelina Mango sulla copertina del numero di Grazia che anticipava Sanremo, l’ho amata sul palco del Festival, l’ho votata e potrei cominciare questo editoriale trionfalmente: 10 anni dopo Arisa, una donna torna finalmente a vincere Sanremo. Ma la verità è che durante tutto questo Sanremo non ho mai pensato ad Angelina Mango come a una donna. Ho pensato a lei come a un’artista, con l’apostrofo, ma artista. Si è impossessata del palco con una grinta straordinaria, e che fosse uomo o donna non lo vedevo neanche.
È così che dovrebbe essere. Non vederlo più il genere, vedere solo se c’è o non c’è il talento. Taylor Swift è la donna dei record, fenomeno planetario che monetizza qualsiasi cosa, vince tutto. Il fidanzato conquista il Super Bowl, ma il mondo osserva più lei in tribuna che la partita. A nessuno viene più in mente di dire: «Toh, guarda: una donna!». Ma in Italia, nonostante il grande numero di dischi venduti da artiste che al festival c’erano, come Giorgia o Paola & Chiara, problemi sul genere ne abbiamo. Tanti.
Il mondo dello streaming, dei concerti e festival è quasi tutto maschile. Lo spazio per le donne è ancora poco. Angelina Mango ha 22 anni, la si ama, la amano anche quelli che hanno votato Geolier, forse anche Geolier stesso. È una “rondine che sa di buono”, è una creatura che pensa sempre alla musica, sa che dovrà continuamente studiare per meritarsela. Ha davanti un futuro luminoso, ma dovrà fare i conti con il sessismo di cui non si è mai accorta finora. Non ce ne accorgiamo mai a 20 anni, dopo sì.
Se guardo indietro a questo Sanremo vedo una serie di donne libere cantare sul palco, il premio della critica a Loredana Bertè, quello per il miglior testo a Fiorella Mannoia, ad Angelina Mango è andato anche il riconoscimento dell’orchestra alla miglior composizione, Annalisa è arrivata terza sul podio e anche le non premiate hanno mostrato personalità forti. Cantavano l’orgoglio di essere se stesse e pretendevano riconoscibilità nel mondo della musica.
Però, se osservo ciò che resta dopo questo Sanremo, vedo l’informazione e i social occupati da facce di uomini: Ghali contro Israele, i Negramaro per la pace, Geolier bocciato dai giornalisti ma trionfante al televoto, Amadeus e Fiorello che se ne vanno. L’intervista con Angelina è una colonnina laterale sui quotidiani, è giovane, la credibilità va conquistata, paga i vantaggi e gli svantaggi di essere figlia di due cantanti. Nessuno nasce star da un giorno all’altro, ma per le donne è più difficile, la mentalità è sedimentata.
L’industria discografica, come quasi tutte le altre, si porta dietro la tara della predominanza maschile. Ci sarà la vera parità quando non faremo più la conta di quante artiste canteranno al teatro Ariston e su tutti gli altri palchi. Nei concerti si esibiscono solo donne straordinarie, che per trovare il loro spazio hanno messo una quantità di tenacia che non viene richiesta agli uomini. Saremo uguali quando non dovremo fare dieci passi avanti rispetto ai maschi per ottenere quello spazio.
P.S. C’è una manager dietro i successi di Angelina Mango, Marco Mengoni e i Måneskin a Sanremo: si chiama Marta Donà, con lei lavorano solo donne. Ma la prossima volta sarebbe bello che non facesse più notizia che è femmina.
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