Valeriia Shahenok: «Affronto la mia guerra anche con TikTok»

Valeriia Shahenok ha 20 anni ed è fuggita da Chernihiv, in Ucraina, mentre le bombe dell’esercito russo radevano al suolo la sua città.
Sui social ha raccontato con foto e video come la guerra avesse cambiato la sua vita in poche ore. Ha scelto di farlo con un’ironia surreale, mostrando come trascorreva le giornate nel bunker reso accogliente dai suoi genitori, insieme con le pericolose passeggiate tra le macerie di case, scuole e ospedali distrutti.

È anche la portavoce di un’organizzazione umanitaria che si chiama Palyanytsia (in ucraino “pagnotta”), che raccoglie fondi per gli abitanti di città che hanno bisogno di tutto per sopravvivere. Adesso che è ospite di una famiglia milanese, continua a raccontare la guerra grazie ai video e alle foto che le inviano i suoi genitori e gli amici che sono rimasti in Ucraina. E lo fa con uno sguardo spiazzante, tenendosi in bilico tra denuncia e irrisione per l’insensata devastazione. Non è un caso che sul braccio sinistro Valeria abbia tatuata la parola “balance” (equilibrio).

Hai raccontato la guerra sui canali social, come TikTok e Instagram, usando molta ironia. Che cosa ti ha spinta a farlo in questo modo?
«Uso i social network da molto tempo, sono il mezzo più potente per raccontare quello che accade. Ho scelto di farlo anche durante la guerra, con un senso dell’umorismo che in famiglia abbiamo da sempre. I miei genitori hanno un bellissimo carattere, ridiamo tantissimo quando siamo insieme e soprattutto non piangono mai e non amano lamentarsi. Con il loro modo di affrontare la vita mi hanno insegnato che l’ironia è uno strumento per risolvere i problemi. Avere un telefono che mi permette di girare video e scattare foto per mostrare come vedo le cose e che cosa sento ha fatto il resto. La guerra non è una favola, non è un film. È la vita vera quella che racconto. È doloroso e complicato psicologicamente, ma hai bisogno di essere forte mentalmente e se vuoi fare davvero qualcosa per gli altri devi concentrarti su te stessa».

Sei anche la portavoce di un’organizzazione umanitaria, Palyanytsia.
«Con le mie storie voglio essere fedele alla realtà, ma allo stesso tempo desidero innescare una forte reazione in chi guarda. Adesso per me è una missione aiutare l’associazione Palyanytsia che, grazie ai miei racconti, riceve donazioni per comprare cibo, acqua, medicine, vestiti e tutto quello che serve per vivere e difenderci a Chernihiv. Pochi giorni fa le bombe hanno distrutto anche i due ponti fondamentali per i rifornimenti, tutto viene trasportato attraverso il fiume che attraversa la città, il che complica ancora di più le cose».

Com’era la tua vita prima della guerra?
«Sono una fotografa e fino a poche settimane fa vivevo a Kiev. Mi piaceva tantissimo. Realizzavo servizi fotografici per vari marchi, ma lavoravo anche a una ricerca più personale. Amo ritrarre giovani donne che hanno qualcosa di speciale e che mi attraggono, poiché attraverso di loro posso raccontare il mio modo di vedere la realtà e le persone. Ho molti amici e conducevo una vita semplice come quella di qualsiasi ventenne che si trova in Italia. Scattavo durante il giorno e la sera vedevo gli amici nei tanti locali che ci sono in città. Adoro lo scambio di idee che è un motore fortissimo per il mio lavoro e con l’associazione Palyanytsia fare le cose in team è diventato ancora più importante».
Poi sono arrivate le bombe….
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Testo di LUCIA VALERIO
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