Valentina Bellè: «Una vita sola non mi basta»
Valentina Bellé ama scrivere i suoi pensieri in un quaderno con le pagine color seppia. Ha una copertina di pelle: a metà dell’intervista lo tira fuori dalla borsa. Lo sfoglia, poi lo richiude annodando qualche laccio di cuoio. Ecco, lei è così, come i pensieri che custodisce in quel quaderno: protetta da un involucro.
La vedremo dal 23 marzo in tv nei panni di Olivia, una giovane mamma single sempre in equilibrio tra mille lavori, tempeste familiari e crisi d’amore nella seconda stagione della serie Volevo fare la rockstar, in onda su Rai Due.
Valentina non si ferma mai: ora sta girando per la Disney la serie The Good Mothers che racconta la ‘ndrangheta dal punto di vista delle donne. Ed è una delle interpreti italiane più amate all’estero: ha lavorato con Dustin Hoffman, Antonio Banderas e George Clooney.
Voleva diventare famosa?
«Assolutamente no, volevo recitare e basta. Tutto il resto è un inconveniente».
La protagonista di Volevo fare la rockstar, Olivia (Ollie), nella prima stagione invece ha sperato di raggiungere la fama con la musica. In questa seconda stagione che tipo di donna sarà?
«Le sue figlie entrano in una fase adolescenziale: hanno un’età che si avvicina a quella che aveva Ollie quando sono nate. Diventa un problema entrare in relazione con loro. E Olivia sente sempre di più il peso di non aver studiato: per questo s’iscrive a una scuola serale».
Lei invece com’era a scuola? Che liceo ha frequentato?
«Volevo iscrivermi all’artistico, ma mio padre non me lo ha permesso. Allora ho fatto il classico. Ho pensato che il greco mi sarebbe piaciuto. Invece non ero motivata: siamo partiti malissimo ed è finita malissimo. Per fortuna sono fuggita in tempo. Alla fine della seconda superiore ho cambiato e mi sono iscritta al liceo europeo, indirizzo giuridico-economico. Non l’ho scelto per vocazione, ma dovevo scappare: sono andata nella prima scuola disponibile».
Il suo primo ricordo d’infanzia?
«Ero una bambina che voleva molta attenzione. Sono la quarta di sei figli e pativo un po’ che le mie due sorelle grandi fossero sempre insieme esattamente come quelle piccole. Io rimanevo in mezzo. Ma quando ho iniziato a fare teatro ho scoperto la felicità: era un momento in cui finalmente potevo parlare, essere ascoltata. Non che a casa non mi ascoltassero, ma forse mi mancava uno spazio mio».
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Foto di Andrea Olivo - Styling di Susanna Ausoni
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