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«Uccisa per un battito di ciglia»: l’editoriale di Silvia Grilli

«Uccisa per un battito di ciglia»: l'editoriale di Silvia Grilli

foto di Silvia Grilli Silvia Grilli — 13 Febbraio 2025
Silvia Grilli
Il nuovo numero di Grazia è ora in edicola e su app. Ecco l'editoriale della Direttrice Silvia Grilli

Mi innervosisco ogni volta che il termine “mistero” viene associato a un femminicidio. Quando cioè si parla di moventi “oscuri” sui quali gli inquirenti indagano e, non trovando una comprensibile ragione, perlustrano le ultime ore dell’assassino e della vittima.

È successo anche nel femminicidio, in provincia di Firenze, di Eleonora Guidi: la donna di 34 anni uccisa a coltellate dal compagno Lorenzo Innocenti davanti al loro figlio di un anno e mezzo.

“Si cerca il motivo della furia dell’architetto di 37 anni”, raccontano le cronache. «Lui è sempre stato un ragazzo modello», dice il padre. «Nessuno si aspettava la tragedia», dicono in paese. Parole sentite migliaia di volte.

Anche per l’omicidio di una baby sitter a Milano siamo caduti dalle nuvole quando si è visto un video in cui il compagno trascinava alle tre di notte un pesante borsone.

Ma dovremmo smettere di cercare di capire. Non c’è mai un movente per la violenza e i femminicidi.

La furia può arrivare per qualsiasi cosa: se fai un battito di ciglia in più, se lo hai tradito, se ti soffi il naso mentre parla, se lo vuoi lasciare, se fai un gioco erotico o se esci con le amiche.

Quando ho cominciato questo lavoro, i vecchi giornalisti mi spiegavano che una notizia è quando un uomo morde un cane, non quando un cane morde un uomo: quest’ultima è la normalità.

La violenza degli uomini sulle donne è così normalizzata che donne e bambini sono a rischio ogni giorno e ogni minuto. Non è una notizia. E sulla violenza domestica non vale la razionalità di una causa che produce un effetto.

Non possiamo ragionare con: «Lei deve avere fatto qualcosa per fargli perdere la pazienza» o «Lui ha perso la testa».

Gli uomini che uccidono le donne non perdono il controllo. Al contrario lo vogliono, quel controllo.

Una ricerca del Centro britannico contro la violenza rivela che gli abusi aumentano quando gioca la Nazionale di calcio: crescono del 38 per cento se la squadra perde e dell’11 per cento il giorno successivo, indipendentemente che la squadra abbia perso o vinto.

Le donne che prendono le botte durante e dopo le partite non hanno fatto niente. Guardare la Nazionale non è il motivo dell’aumento della violenza, eppure può scatenarla in una relazione dove la sopraffazione è già la normalità.

Gli uomini che uccidono le donne hanno già abusato di loro prima di arrivare al delitto. Non necessariamente sono stati denunciati, non necessariamente chi li frequenta lo sa. Quando ammazzano non è quasi mai la prima volta che sono prevaricatori feroci con le loro vittime.

L’ho scritto spesso e lo ripeto ora: il femminicidio è la più estrema manifestazione di violenza contro le donne in una società basata sulla diseguaglianza di genere in famiglia, a scuola, sul lavoro, ovunque.

A lungo i giudici hanno cercato di capire perché Dominique Pelicot abbia portato per oltre 10 anni 50 estranei in casa a violentare la moglie inerme sotto l’effetto di psicofarmaci, che lui le somministrava di nascosto.

Nel processo si è anche provato a scoprire se lei avesse fatto qualcosa per scatenare un comportamento così disumano. Ma lei non aveva fatto nulla, era una moglie e madre esemplare.

Lui era un perverso e credeva di poter fare, con la donna che considerava di sua proprietà, ciò che voleva. Non c’era altro motivo.

© Riproduzione riservata

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