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«Ti credono solo se avevi una pistola alla tempia»: l’editoriale di Silvia Grilli

«Ti credono solo se avevi una pistola alla tempia»: l'editoriale di Silvia Grilli

foto di Silvia Grilli Silvia Grilli — 13 Aprile 2023
Il nuovo numero di Grazia è ora in edicola e su app. Ecco l'editoriale della Direttrice Silvia Grilli
silvia-grilli-editoriale-

Quante volte violentiamo una vittima di stupro? Me lo sono chiesta in questi giorni, quando una ragazza di 21 anni, aggredita in pieno giorno sulla metropolitana di Milano, si è sentita in dovere di giustificarsi. «No, non ero vestita in modo succinto: indossavo pantaloni larghi, cappotto lungo, anfibi. Tutto nero».

Mi sono domandata quante volte dovrà spiegare perché è stata così ingenua da rispondere a quell’uomo dalla carnagione scura che l’ha invitata a prendere il Passante. Se mai lo troveranno, lei dovrà specificare se gli aveva sorriso oppure no, perché forse quel bruto aveva interpretato la sua cortesia come disponibilità. Perché non ha opposto resistenza? Oppure come l’ha opposta? Come mai non ha urlato? Come mai non l’ha sentita nessuno?

Molte volte violentiamo una vittima di stupro. La ventunenne del Passante aveva già subìto un altro episodio di violenza sessuale. Non denunciò perché al centro antiviolenza le dissero che non disponeva di prove, non valeva la pena tentare, sarebbe stato un calvario. In quella casa delle donne erano stati inefficienti, crudeli, menefreghisti, ma realisti nella loro impotenza.

Quante volte non denunciamo perché abbiamo paura delle domande che verranno? Se sei violentata da un gruppo di amici, insinuano che tu ci sia stata, poi ti sia vergognata e abbia cercato di metterci una pezza. Se indossavi i jeans stretti, vuol dire che hai dovuto toglierteli da sola e perciò eri consenziente. Se hai fatto passare troppo tempo dal fatto alla denuncia, c’è qualcosa che non torna. E perché hai lasciato socchiusa la porta del bagno, implicitamente invitando l’uomo a entrare? Perché sei uscita da sola la notte, perché ti sei ubriacata, perché sei su OnlyFans, perché lo hai provocato? Perché tu, tu, tu? Quante volte abbiamo paura della nostra vita scandagliata, delle lungaggini del processo, del pregiudizio che resiste in domande vergognose: «Lo avevi guardato negli occhi?». Non sto lavorando di fantasia, sto citando atti dei procedimenti per stupro nel Ventunesimo secolo in Italia.

Sì, possiamo violentare una persona molte volte. C’è il modo più evidente: schiacciarla contro il finestrino, aggredendola per 10 interminabili minuti mentre lei perde i sensi. La si può violentare con l’indifferenza andandosene senza chiamare la polizia. In quel vagone, dove la ragazza sarebbe stata immobilizzata e stuprata tra il sedile e i finestrini alle 11 del mattino, c’era anche un giovane che ha incrociato lo sguardo della vittima mentre stava per essere aggredita, ma è andato via. Forse il testimone aveva timore che l’aggressore fosse armato. Forse più semplicemente non voleva avere problemi quel mattino, perché andava di corsa.

Ci sono molti modi per violentare ancora una vittima di stupro, ma anche molti altri per dimostrarle che il mondo non è un posto crudele: farle capire che il suo destino è importante, che non siamo indifferenti, che la cultura della sopraffazione non vincerà. E soprattutto che le crederemo anche se, mentre la violentavano, non aveva un’arma puntata alla tempia.

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