«Ti amerò per sempre o quasi»: l'editoriale di Silvia Grilli

«Mi amerai ancora, quando non sarò più giovane e bella?», canta Lana Del Rey.
Quanto siamo disposte a fare per essere sempre attraenti? E meritare l’amore o un lavoro o la fama? O, semplicemente, essere viste?
In The Substance, un film che arriva al cinema in questi giorni, Demi Moore interpreta una star hollywoodiana sul viale del tramonto. Destinata a essere sostituita da un’attrice più giovane di lei, la diva si inietta un siero di ringiovanimento, che avrà effetti sconvolgenti.
Quando ero giovane, mi fu affidato un viaggio di lavoro assieme a giornaliste specializzate in bellezza. Era una trasferta molto elegante, tra gli ospiti c’erano celebrità internazionali. Temendo di non essere all’altezza del dress code richiesto, mi consultai con una collega più grande. Il suo commento fu: «Non importa come ti vestirai, tanto sono tutte più anziane di te e farai un figurone comunque».
Quella risposta mi colpì per la sua crudezza, ma sincerante anche mi rassicurò. Non importava quale straccio indossassi. La giovinezza era, allora, il mio miglior vestito. Oggi sono io quella che farà fare un figurone alla giornalista più piccola. Siamo in una cultura che glorifica la giovinezza e ci insegna a vedere l’età come il nemico.
Le donne sono sempre state sotto pressione per essere belle, ma questa insistenza è aumentata recentemente. Siamo così abituati, ormai, a guardare sui social network, in tivù, nei ristoranti, ovunque, facce perfette (senza pori dilatati, né rughe) che quando vediamo qualcuna che si porta addosso i suoi bei segni del tempo ci sembra così strano.
Sono gli anni diventati qualcosa che può essere trattato come uno sbiancamento dei denti o una manicure? L’età, considerata prima un passaggio biologico naturale della vita, ora sembra un’opzione per chi può permettersi di cancellarla. Giovani o non più giovani fa poca differenza.
Chi può concedersi la chirurgia estetica ha gli stessi zigomi e lo stesso seno a qualsiasi età. Ognuno è libero di fare quello che si sente, e non sarò certo io a giudicare ventenni sempre più simili a quarantenni ritoccate. L’importante è che ognuna si piaccia.
Da ragazza non sono mai stata ossessionata dalla bellezza. Mi accorgevo di quanto contasse, vedevo il potere che le mie compagne di classe belle avevano sugli altri, ma non era la mia priorità. Avevo altro di cui occuparmi per sopravvivere.
Eppure ho un’immagine di quando studiavo al liceo a Bologna impressa nella memoria. Allora risparmiavo i soldi della paghetta che mi davano i miei genitori, o delle lezioni di lingua che impartivo, per fare shopping sotto i portici.
Quel giorno, inavvertitamente, mi specchiai in una vetrina, e quello che vidi non mi piacque. Con gli specchi di casa potevo inclinare il mio viso, sorridere, o cambiare la luce, ma questo riflesso estraneo mi ricondusse alla banale realtà. Pensai che qualsiasi bel vestito avessi comprato non sarebbe servito. Non acquistai nulla.
Oggi mi succede qualcosa di simile quando uno specchio sconosciuto mi riporta la mia faccia. Io mi percepisco giovanissima e invece vedo un’altra persona.
Ma è così importante? Nel mondo adesso prevale il messaggio d’inclusione secondo cui siamo tutti belli e giovani. Non è vero. Non sarebbe più liberatorio ammettere che la maggioranza della gente non è bella, e che esserlo non deve essere considerata una necessità, ma un dono con cui alcune persone nascono mentre altre hanno il talento per la matematica o per l’atletica?
Non sarebbe più liberatorio ammettere che il tempo rifiuta di fermarsi e, se sei nell’età in cui consideravi i tuoi genitori anziani, sappi che anche gli altri oggi ti considerano così.
L’età non è il corpo che ti abbandona, ma è la vita che ti ricompensa. Anche invecchiare è un dono.
© Riproduzione riservata