«Siamo tutti complici dei talebani»: l'editoriale di Silvia Grilli
A chi importa delle afghane perseguitate da un regime misogino che, nel nome della sacra legge islamica, riduce le donne in schiavitù? Com'è potuto accadere che il mondo distogliesse lo sguardo e abbandonasse 14 milioni di persone di sesso femminile nel buio dei burqa e in case ridotte a prigioni? Come possiamo rassegnarci a un crimine contro l’umanità di cui nessuna umanità si preoccupa?
Quando la guida suprema dei talebani, Hibatullah Akhundzada, ha imposto il ritorno delle frustrate e della lapidazione per le adultere (sancendo il definitivo annientamento della dignità e libertà femminili) si è rivolto così a noi occidentali: «Voi la chiamerete una violazione dei diritti delle donne, perché è in conflitto con i vostri principi democratici, ma io rappresento Allah e voi siete Satana».
La conoscenza è potere, per questo viene impedito alle bambine e alle ragazze di studiare. Anche la bellezza è potere e per questo le imprigionano in galere di stoffa con una griglia per gli occhi. La socialità è opportunità e apposta chiudono i saloni di bellezza, i soli luoghi pubblici dove potevano incontrarsi senza essere controllate dai maschi.
L’amore è libertà, perciò i matrimoni sono combinati e chi si innamora è perduta. Il lavoro è indipendenza e sono loro vietati quasi tutti i mestieri. Anche la salute è un diritto e alle donne è limitato l’accesso alla sanità. Viaggiare è sogno, per questo non possono farlo. È loro negato anche l’accesso alle moschee, ai parchi, a qualsiasi luogo pubblico. Quello che resta è il buio.
Da quando i talebani sono tornati al potere, nell’agosto 2021, un governo di fanatici islamici utilizza il corpo delle donne, abusandolo fino alla morte, per mantenere l’ordine in una società patriarcale. Ogni parvenza di diritto è scomparsa, la violenza domestica è aumentata, i femminicidi anche, la salute mentale di ogni creatura di sesso femminile è a rischio. L’oscurità si è impossessata di loro. Il 50 per cento della popolazione è cancellato e isolato.
Come ti puoi sentire se sei impotente e non hai nessuno che ti difenda dalle persecuzioni? Le poliziotte afghane che dopo l’11 settembre, con il sostegno dell’Occidente, si erano impegnate per proteggere le donne dalle diseguaglianze e dalla violenza domestica, sono state assassinate. Le avvocate e le giudici che avevano lavorato nel precedente governo, alleato degli americani, sono state rimosse e punite.
Tre anni fa, quando hanno ripreso il comando, i talebani avevano annunciato che non avrebbero toccato i diritti femminili. Sapevamo tutti che era una menzogna, ma il mondo ha finto di credere per mettersi a posto la coscienza. Allora quei criminali non avrebbero avuto il coraggio di annunciare frustate e lapidazioni pubbliche. Oggi lo proclamano senza ritegno, perché in questi anni nessuno ha chiesto loro di recedere dagli abusi. Se continuiamo a non guardare, sempre più orrori saranno perpetrati sulle afghane, perché per i talebani il potere è tenere a bada le donne e così governare una società arcaica e sfidarci.
Nel 1996, quando gli integralisti religiosi non avevano ancora preso per la prima volta il controllo dell’Afghanistan, il 60 per cento degli insegnanti e metà degli studenti delle università era femmina. Com’era di sesso femminile il 70 per cento dei dipendenti pubblici e il 40 per cento dei medici. È ancora più feroce costringere alla schiavitù e all’ignoranza milioni di donne che avevano assaporato la libertà. Ma non siamo forse disumani anche noi, lasciandole sole?
In un mondo dove comandano gli uomini, la politica internazionale è più interessata a stringere alleanze con i talebani per estrarre gas e petrolio e combattere i terroristi, che per proteggere le vittime afghane. Nessun maschio influente spenderebbe il suo capitale politico per sostenere quelle ragazze. Siamo tutti complici dei mostri.
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