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Serena Rossi: «Venezia, ti porto la forza di Napoli»

Serena Rossi: «Venezia, ti porto la forza di Napoli»

foto di Monica Bogliardi Monica Bogliardi — 6 Settembre 2021
Gioiosa come quando da bambina dirigeva in casa la recita di Natale. Emotiva come nelle serie tv in cui ci ha commosso. Libera come nei film dove sarà la ex del ladro Dibolik. Serena Rossi, madrina della Mostra del cinema, promette di dare alla manifestazione tutto il calore della città dove è cresciuta.
Serena Rossi (4)

Un abito di scena Anni 60, che indossa durante una pausa sul set de La sposa, la nuova serie di Rai Uno: un vestito blu chiaro, con scollo rotondo e grandi bottoni, una fascia a fiori gialla e blu tra i capelli castani. E quando Zoom fa partire l’intervista, Serena Rossi nei panni di Maria, ragazza del Sud costretta a sposarsi per procura, è in camerino e sta mangiando delle albicocche.

Fra qualche giorno, come Cenerentola, cambierà pelle e s’infilerà in splendidi abiti da sera. Il ruolo è il più ambito per un’attrice italiana: quello di madrina della Mostra del cinema di Venezia. È lei che, in un abito da sera Giorgio Armani, il primo settembre conduce la cerimonia d’inaugurazione, sul palco della Sala Grande del Palazzo del Cinema, al Lido.

Serena Rossi (6)

E sarà ancora lei a guidare quella di chiusura sabato 11 settembre, quando saranno annunciati i Leoni d’oro. Il festival che segna l’anno della grande ripartenza del cinema italiano ha scelto una madrina per cui il 2021 è stato l’anno di un tris d’eccezione: in televisione come conduttrice della prima serata più seguita della primavera, Canzone segreta, e come protagonista della serie record d’ascolti Mina Settembre. E al cinema con uno dei film più attesi, Diabolik dei Manetti Bros.

Serena Rossi (5)

Parliamo subito della sua prima volta da madrina. Come ha saputo che sarebbe stata madrina a Venezia?
«In un modo buffo. Era una domenica mattina, lo scorso aprile. Io e il mio compagno avevamo appena finito di coccolare il nostro Diego, che ha 5 anni. Ho dato un occhio alle email e ne ho vista una di Alberto Barbera, il direttore della Mostra del cinema: mi chiedeva se volevo esserne la madrina. Ho sgranato gli occhi: non mi ero proposta per questo ruolo, avevo tanti impegni per la fine dell’estate. Ho pensato fosse lo scherzo di qualcuno, infatti chiamavo al numero di cellulare indicato nella email e non rispondeva nessuno. Ecco la conferma, è proprio una burla. Invece era un numero errato. E poi sono riuscita a sentire Barbera. Dopo lo stupore, è arrivata la gioia. Ero, e sono, contentissima e orgogliosa di avere un ruolo istituzionale per il cinema del mio Paese che riparte alla grande, dopo un periodo così difficile. E questo ruolo, poi, mi è arrivato come una bella sorpresa: quindi vale di più».

Serena Rossi

Al Festival di Venezia c’è stata anche in concorso.
«Nel 2017 ero al festival con Ammore e malavita, commedia musicale dei Manetti Bros, ambientata a Napoli, in cui ero Fatima, infermiera che s’innamora di un killer che la vuole uccidere perché ha visto troppe cose. Avevo girato con il pancione, incinta di Diego, e a Venezia sono arrivata con lui neonato. Il film era originale, poteva non piacere o addirittura entusiasmare. È successa la seconda cosa. Che emozione. Ho ancora nel cellulare la foto del red carpet: avevo un abito lungo, rosso. Ricordo che, mentre mi preparavo, Diego ci gattonava sopra. Il film ebbe successo e l’anno dopo mi fece vincere un David di Donatello, un Nastro d’argento e un Ciak d’Oro».

Serena Rossi (2)

In questa edizione del festival chi desidera conoscere?
«Il regista Pedro AlmodÓvar. È tanto che lo voglio incontrare. E poi non vedo l’ora di parlare con Penélope Cruz, una delle mie due attrici preferite».

Ora ci deve dire chi è l’altra.
«Kate Winslet, per il suo aplomb inglese: è diversissima da Cruz, di cui mi affascina la passionalità mediterranea, che la rende così vicina a me, che sono napoletana».

A proposito di Napoli: com’è stato crescere a Miano, quartiere che confina con Scampia e Secondigliano?
«Miano, quando ci arrivò mio nonno Emilio, emigrando da Montefalcone nel Sannio, in Molise, finita la guerra, era quasi una zona di campagna. Lui ci comprò una cava e diventò un piccolo costruttore. Anni dopo si trasformò in un quartiere difficile, infatti i miei genitori scelsero per me una scuola più centrale. Ma per il catechismo frequentavo la parrocchia vicino a casa. E lì incontravo ragazzini con un temperamento focoso, un po’ prepotente. Quando mi prendevano in giro non mi difendevo mai, subivo, restavo male e tornavo a casa. Avevo un’indole troppo buona, dicevano le maestre ai miei genitori. Napoli, città che ha subito tante dominazioni straniere, e dunque abituata a sopportare, ti insegna a sviluppare doti di pazienza. Se sono così, se alla fine supero le difficoltà che trovo sul mio cammino, è perché sono cresciuta lì: certi posti ti obbligano a tirare fuori il meglio di te. E io la mia napoletanità non la riversavo nelle relazioni personali, ma in altri ambiti: la musica e lo spettacolo, le due passioni di famiglia».

Continua a leggere l'intervista a Serena Rossi sul numero 38 di Grazia ora in edicola.

Foto di Simone Falcetta - Styling di Susanna Ausoni

© Riproduzione riservata

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