Serena Rossi: La bella favola che racconterò a mio figlio
Al cinema la vedremo recitare accanto ai sex symbol Luca Argentero e Giampaolo Morelli. Ma L’attrice Serena Rossi, in questo momento, pensa solo a Diego, il suo bambino che arriverà a ottobre. E a Grazia racconta che la felicità di oggi nasce da una scoperta: che in amore, alla fine, sono sempre le donne a decidere
C’è gente che ama mille cose... Io che amo solo te…”. Mentre mi apre la porta Serena Rossi sta cantando questa vecchia canzone di Sergio Endrigo. Il suo sorriso è solare, generoso, di quelli contagiosi. Lo sguardo, però, ha una nuova consapevolezza: ha superato l’ottavo mese di gravidanza (il parto è previsto per il 30 ottobre), la pancia è rotonda e accarezzata da un abito bianco che esalta la sua abbronzatura. Non è truccata, non le serve: è già radiosa così.
Mi chiede, come prima cosa, se ho voglia di pasta con pomodorino fresco e pecorino, il piatto di cui va pazza in questo periodo, e mi mostra i completini e i peluche comprati per il nascituro. Si chiamerà Diego, per la gioia del papà, l’attore Davide Devenuto, a cui piaceva un nome con la D. Ride spesso mamma Serena mentre parliamo. Commenta ammiccando la bellezza di Luca Argentero, suo partner nel film Al posto tuo (al cinema dal 29 settembre), ma si commuove quando le faccio notare che quella sua e di Davide è la storia d’amore che tutte sognano. Quella fatta di alti e bassi, andate e ritorni. «Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi si ritrovano: è proprio vero», mi dice.
Mi spieghi intanto tutto questo entusiasmo sul set per Luca Argentero.
«Nella vita è il professionista e il ragazzo gentile che conosciamo. Nel film incarna il cliché del mascalzone sciupafemmine e irresistibile che piace a tutte. Il mio e il suo personaggio fanno scintille dal primo incontro e si trascinano per tutto il film un rapporto di attrazione e repulsione».
E lei ha mai ceduto al fascino di un donnaiolo?
«Tutte ci siamo passate, ammettiamolo. Il mio Davide non è mai arrivato a quei livelli per fortuna, però sicuramente all’inizio il suo carisma da bel tenebroso mi ha colpito. Anche se non lo sopportavo».
In che senso?
«Ci siamo incrociati nei corridoi della Rai di Napoli, aveva avuto un imprevisto sul set della fiction Un posto al sole e sbraitava contro la mia città (Napoli appunto, ndr). L’ho guardato e mi sono detta: “Ecco il tipico collega con la puzza sotto il naso”. Invece poi ci siamo conosciuti e per sei anni siamo stati amici. L’attrazione c’era, ma passavamo il tempo a confidarci i reciproci amori».
E l’amore tra voi quando è scoppiato?
«In treno, un giorno per caso. Io avevo appena smesso di lavorare in Un posto al sole, ci siamo incontrati e, un po’ per gioco, innamorati».
Che cosa la seduce in Davide da così tanto tempo?
«La sua ironia, la simpatia, l’intelligenza. È un uomo colto, preparato, curioso. Forse un po’ meno intraprendente di me: al primo appuntamento mi sono invitata io a casa sua».
Davvero?
«Ma sì, in fondo sono sempre le donne che decidono. Non ha neanche cucinato, siamo andati a un ristorante giapponese: portarmi a mangiare le cose che mi piacciono è una buona tattica di conquista. All’inizio non avevo voglia di un legame vero, ma dopo quattro mesi, invece, già vivevamo insieme».
Momenti negativi ne avete attraversati?
«Ci siamo allontanati quattro anni fa, siamo stati un anno separati. Mi mancava, lo sognavo spesso. Un giorno ci siamo incontrati per caso alla stazione. È bastato uno sguardo, ci siamo detti a vicenda: “Sapevo che ti avrei rivisto”. Lì ho capito che era lui quello giusto. Ci siamo messi a chiacchierare, siamo usciti a cena e timidamente tra di noi è ricominciata».
Ripartire non dev’essere stato facile.
«La paura di soffrire di nuovo è sempre in agguato, ma ho capito che dalle incomprensioni e dalle liti puoi imparare tanto. Noi siamo tornati insieme perché ci siamo resi conto di essere stati sempre innamorati: dalle crisi si esce anche grazie alla lontananza, ti fa capire tante cose».
Come vivete la distanza oggi, quando per lavoro siete fuori casa e lontani per mesi?
«Con la voglia di tornare a riabbracciarci. Noi facciamo i salti mortali pur di vederci. I nostri momenti di massima felicità sono in questa casa, con la nostra cagnetta Emma, una trovatella di sette anni che ora che ho il pancione è iperprotettiva».
Davide come ha reagito alla bella notizia?
«Mi ha abbracciato forte. Abbiamo comprato il test insieme, è già un papà molto presente. Mi aiuta a stare tranquilla. Io ho lavorato fino al sesto mese nel nuovo film dei fratelli Manetti Nun è Napule che mi vedrà protagonista con Giampaolo Morelli».
Non si affaticava?
«Avevo mia sorella Ilaria che mi faceva da controfigura per le scene d’azione, tra corse e motoscafi».
Giampaolo Morelli, Luca Argentero, presto una fiction con Adriano Giannini: i suoi partner di scena sono tutti uomini molto seducenti. Davide non è geloso?
«La fiducia tra noi è tutto e poi facciamo lo stesso lavoro. Certo, qualche battuta quando mi baciavo con Argentero me l’ha fatta, ma per ridere».
Ha conquistato lei con l’ironia. E con la sua famiglia come ha fatto?
«Con un vassoio di pasticcini, una camicia stirata e i capelli a posto. Lui che odia i pranzi di famiglia e va in giro sempre in T-shirt».
Sua madre che tipo è?
«Bellissima, giovane, mi ha sempre fatto ascoltare tanta musica e spero di farlo anche io con Diego. Non vedo l’ora di vederlo, sono pronta a ritornare bambina con lui, a giocare e trasmettergli tutto l’entusiasmo per le piccole cose. Spero mi assomigli: Davide è un po’ stonato, io ho iniziato prima a cantare che a parlare».
Maternità a parte, che periodo sta vivendo?
«Sono orgogliosa. Tutto quello che ho fatto l’ho raggiunto solo con le mie forze: ricordo la fatica degli inizi, i primi spettacoli ai villaggi turistici, il piano bar con papà, a 16 anni il musical C’era una volta scugnizzi, a 17, Un posto al sole, poi c’è stato il successo di Tale e Quale Show. Si parla sempre male del mondo dello spettacolo, ma a me non è mai successo di incontrare personaggi ambigui. E poi io non sgomito mai, vivo il mio mestiere senza ansie. Sapesse quante proposte mi arrivano ora che sono incinta. Ma Diego è la priorità: non voglio mettere la mia vita in mano ai produttori o al lavoro, vorrà dire che, casomai, salirò sul prossimo treno».
Dopo il parto quali progetti la attendono?
«Uscirà il film dei fratelli Manetti, in cui sono una giovane infermiera di Scampia: è anche un musical, quindi ho ballato e cantato. Non per fare paragoni, ma in fondo con il musical La La Land Emma Stone ha appena vinto la Coppa Volpi. In seguito sarò in tv con Il sogno di Rocco in cui interpreto Monica, una manager che si occupa di pugili e saprà restituire fiducia ad Adriano Giannini».
Fiori d’arancio in vista?
«Non abbiamo fretta: ora pensiamo a Diego, mi piacerebbe che ci accompagnasse lui all’altare. Sogno nozze da fiaba in cui far commuovere i miei genitori. E poi io Davide lo chiamo già “marito”».
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«Se la strage in spiaggia o il saccheggio alla Stampa sono definiti "resistenza"»: l'editoriale di Silvia Grilli
La resistenza è necessaria con ogni mezzo», «con Hamas fino alla vittoria», «ora e sempre resistenza». Sono slogan che sentiamo nelle piazze di tutto il mondo alle manifestazioni contro Israele.
Per chi li inneggia possono essere innocua teoria, opinioni a favore della Palestina o semplicemente parole urlate per non sentirsi esclusi dal gruppo, non una chiamata alle armi per massacrare i presunti oppressori. Ma c'è sempre chi prende la teoria alla lettera. Domenica 14 dicembre, quegli slogan sono stati scritti con il sangue degli ebrei.
Un padre e un figlio pachistani hanno sparato sulla folla che celebrava il primo giorno della festa religiosa ebraica dell’Hanukkah su una spiaggia famosa per le nuotate al tramonto. Quindici morti e decine di feriti sono rimasti sulla sabbia a Bondi Beach, uno dei posti più belli, pacifici e gioiosi dell’Australia. Il primo ministro Anthony Albanese ha dichiarato che non riesce a spiegarsi tutto questo male. Io credo sia molto spiegabile: per gli invasati che considerano Israele il male assoluto, massacrare gli ebrei è fare giustizia.
È la colpa dei giudei che spinge giovani ProPal a saccheggiare la redazione del quotidiano La Stampa (paradossalmente uno dei più favorevoli alla causa palestinese). Induce quel centinaio di manifestanti a scrivere e urlare slogan terroristi come “Stampa-Morta” o «giornalista sei il primo della lista», mentre una loro guru, Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, riduce l'assalto a un «monito ai giornalisti».
Nella tradizione ebraica, Hanukkah è la festa della luce, della speranza. Colpire bambini, anziani e adulti che festeggiano la vita non è diverso da quando il 7 ottobre i terroristi di Hamas fecero strage al Nova Festival. Sparare sulla spiaggia in un momento storico in cui c'è qualche passo verso la pace è voler cancellare la speranza nel futuro.
Eppure, ho ancora fiducia che l’umanità possa superare l’odio. Domenica 14 dicembre, in Australia, questa speranza aveva i gesti di un uomo: Ahmed Al Ahmed, fruttivendolo immigrato siriano, che si è precipitato su uno dei terroristi e gli ha strappato il fucile. Aveva le gambe di Jackson Doolan, il bagnino veterano della spiaggia, ex star di Baywatch in Australia, che è corso a piedi nudi per un chilometro e mezzo portando il borsone dei medicinali. Aveva le braccia di tutti coloro che si sono adoperati per salvare le vittime, sollevandole sulle tavole di soccorso che di solito vengono usate per trasportare la gente a riva.
Gli orrori si ripetono, sembrano non volersi fermare. Ma se le persone corrono ad aiutare, se ci sono solidarietà e compassione, c’è ancora speranza nell’umanità.
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Grazia è in edicola con Maya Hawke
Maya Hawke è la protagonista di copertina Grazia in edicola e app. Si è fatta conoscere con la serie Stranger Things, arrivata all’ultima stagione. Ora l’attrice newyorkese figlia delle star Uma Thurman ed Ethan Hawke, girerà il nuovo capitolo di Hunger Games dove vuole portare l’energia di chi non ha paura di crescere.
Questa settimana intervistiamo alcune icone di Hollywood. Incontriamo Zoe Saldana, al cinema nel ruolo di Neytiri, la madre combattente di Avatar. Parliamo con Ariana Grande, in corsa ai Golden Globe con Wicked e le attrici premio Oscar Jodie Foster e Laura Dern.
Il 2025 ha cambiato noi e la Storia. Grazia lo ripercorre. Dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca alla guerra a Gaza. Dalle vittorie di Jannik Sinner all’elezione del primo Papa americano fino alla scomparsa di icone come Ornella Vanoni e Giorgio Armani.
Grazia ha scelto i personaggi da tenere d'occhio nel 2026: le sciatrici Sofia Goggia e Lindsey Vonn attese alle Olimpiadi invernali, María Corina Machado, premio Nobel per la Pace che potrebbe cambiare le sorti del Venezuela, Lady Gaga in arrivo in concerto in Europa e molti altri. Da Can Yaman a Jacob Elordi, da Timothée Chalamet a Jeremy Allen White, che cos’hanno in comune i nuovi sex symbol? Mettono d’accordo mamme e figlie. Grazia ve li racconta.
Abiti dorati, trasparenze, ricami e dettagli preziosi. Grazia ha scelto i capi che ti rendono protagonista delle notti di festa e delle serate più speciali. Ma anche lo stile più cool per il 2026.
E nelle pagine dedicate alla bellezza trovate tutti i segreti per brillare: dalle strategie effetto freddo per una pelle più tonica alla scelta del fondotinta e del correttore giusti per illuminarla.
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Jodie Foster: "Faccio film per capire chi sono"
Come trascorre il giorno del suo compleanno una diva planetaria come Jodie Foster, sotto i riflettori dall’età di tre anni? «Lavorando», mi risponde accomodata sulla poltrona, mentre sorseggia un cappuccino. Neanche a farlo apposta la incontro proprio il giorno in cui compie 63 anni e mi confida che finita l’intervista andrà con gli amici a festeggiare. Sessant’anni di carriera tondi, fresca del Golden Globe vinto a gennaio per la sua performance nella serie True Detective: Night Country, la regista e attrice torna al cinema con il nuovo film di Rebecca Zlotowski Vita Privata. Presentato in anteprima al Festival di Cannes e dall’11 dicembre al cinema, la vede calarsi nei panni della nevrotica psichiatra Lilian Steiner, ossessionata da un caso molto delicato.
Che rapporto ha con il passare del tempo?
«Buono. Mi sento più felice che mai in vita mia».
Davvero?
«Parlo di una gioia profonda, non di quello che mi accade giorno per giorno. Le cose della vita, belle e brutte, capitano. Ma vivo un momento in cui il lavoro sta andando sempre meglio e ho superato l’ansia delle domande: “Sarò in grado di farcela con le mie forze?”, “Avrò una famiglia?”. Tutte questioni archiviate, per fortuna non devo più preoccuparmene. Da giovane passavo tanto tempo a pensare a me stessa, dopo una certa età mi sono concentrata sulle storie degli altri, è più facile e divertente».
Anche in Vita privata ascolta le storie degli altri.
«La mia Lilian non è una psichiatra risolta, anzi, è parecchio nevrotica. Non riesce a comprendere come sia possibile che la sua paziente in cura da nove anni (Virginie Efira, ndr) si sia potuta uccidere. Non ci crede, non ammette la possibilità che lei, in quanto psichiatra, sia stata così sorda».
Ritiene che come società abbiamo perso il potere di ascoltare?
«Mostrare curiosità verso gli altri è tutto. Noi attori siamo allenati all’ascolto, per lavoro siamo chiamati a calarci nelle vite degli altri ed è una bella abitudine mettersi nei panni altrui, un esercizio che possiamo fare tutti. Ci aiuterebbe come società».
Dal titolo del film alla realtà, essendo conosciuta in tutto il mondo sin da piccola come ha fatto a proteggere la sua, di vita privata?
«Sforzandomi sempre molto. Lavorando sin da bambina sapevo di dovermi proteggere: volevo andare a Disneyland, ma senza le telecamere che mi seguissero. Volevo essere libera di andare al supermercato, o prenotare un volo senza che nessuno lo facesse al posto mio. Ci ho sempre tenuto a mantenere viva la mia indipendenza, tracciando una linea netta tra la mia vita pubblica e quella privata. Oggi sono contenta di aver seguito quell’impulso».
Nel film la sentiamo sfoggiare un francese fluente…
«Mi fa sentire più sicura di me, rispetto all’inglese. Sarà che devo la passione per il francese a mia madre, che me lo fece studiare».
Come mai?
«Non aveva mai viaggiato fuori dagli Stati Uniti fino ai cinquant’anni, ma la cultura europea l’affascinava. Comprava di continuo riviste e libri su Parigi e Napoleone, addirittura dipinse le pareti di casa con i colori delle antiche pietre romane. Quando ero bambina fece il viaggio dei suoi sogni e andò in Francia, con un tour in bus di quelli turistici».
Che cosa le disse al ritorno?
«"Jodie, impara il francese e diventa una grande attrice francese". Era il suo modo di dirmi che sognava per me una vita più ampia di quella americana. Anche perché erano gli anni 70, al potere c’era Nixon, non era facile essere americani. A mia madre piaceva l’idea che potessi scegliere di essere libera di inventarmi una vita tutta mia».
Ha fatto lo stesso con i suoi figli?
«Dovrebbe chiederlo a loro (Charlie e Kit, 27 e 24 anni, ndr). Intanto uno di loro sa parlare benissimo il tedesco, le mie radici tedesche ne sono contente».
Che rapporto ha con la psichiatria?
«Sempre stata scettica, ma una volta mi sono fatta ipnotizzare».
Com’è andata?
«Mi ripetevo: "Ma perché pagare 90 dollari a un tipo quando potrei smettere di fumare gratis oggi stesso?", eppure ha funzionato. Non amo la psicanalisi, per quanto la trovi attraente da un punto di vista cinematografico: non mi piace Freud, in America nessuno lo stima più, era un grandissimo sessista. Trovo però importante che al cinema si parli di salute mentale».
E che si mostri come le donne over 50 abbiano desideri, diritto al piacere e una vita sessuale appagante, come la sua Lilian con l’ex marito interpretato da Daniel Auteuil: perché tutto questo al cinema si vede ancora poco?
«Dovremmo parlare per ore della rappresentazione del corpo femminile. Purtroppo i pregiudizi sulle donne dopo una certa età sopravvivono, non solo al cinema. Ma sono speranzosa: registe come Zlotowski dimostrano di voler raccontare le donne per quello che sono, con tutti i loro desideri. La mia Liliane non è solo una psichiatra, una madre e una nonna, ma una donna che si esprime anche attraverso il corpo».
Con Auteuil avete avuto un intimacy coordinator?
«È una figura che ho scoperto sul set di True Detective. Ho detto: "Che lavoro pazzesco, dov’eri tu quando avevo 16 anni?". Ormai io e Auteil abbiamo superato i 60 e abbiamo risolto senza, ma sono contenta che questa figura esista, era importante che ci fosse».
Che cosa di lei non hanno mai capito finora?
«Non sono seria come credono. Non ho mai capito perché il pubblico mi affibbi quest’aura di serietà, io sono una persona leggera. Certo, se mi fanno domande serie rispondo in modo serio e amo fare lavori significativi, ma se sapeste com’è la mia giornata ideale cambiereste idea».
Com’è la sua giornata ideale?
«Sveglia presto, sci ai piedi, la sera una partita di calcio in tv e una cena gustosa. Altro che tormentata, sono una persona felice e ottimista verso il futuro».
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Come trasformare l'eredità in un'opportunità per i propri figli
Elena Valzania ha 57 anni e vive a Ravenna, in una casa che ha ereditato dalla sua famiglia. Cresciuta in un contesto economicamente stabile, è stata segnata più di quanto pensasse da ciò che ha ricevuto in eredità: non solo beni, ma un intero modo di vivere e pensare il denaro. «I nostri familiari conducevano vite semplici, risparmiavano e investivano».
A un certo punto, la malattia entra nella sua storia familiare e si intreccia alle questioni economiche. Il padre di Elena si ammala gravemente, per poi morire quando lei ha 20 anni. Insieme con i beni materiali, Elena riceve anche un’eredità invisibile: l’idea che il lavoro debba essere per forza fatica. Un peso silenzioso che la accompagna a lungo, anche dopo la laurea in Farmacia, quando si avvicina all’omeopatia e inizia a lavorare. «Rispetto allo studio, lavorare mi sembrava facilissimo, ma proprio per questo mi pareva che non valesse abbastanza». E infatti, quando viene assunta in una cooperativa di Bologna, non negozia lo stipendio.
La sua carriera aziendale si interrompe durante la sua prima maternità: l’azienda viene acquisita e, al rientro dal congedo, capisce che stanno cercando di spingerla alle dimissioni.
Da allora, Elena non è più rientrata nel mondo del lavoro “ufficiale”. I soldi necessari ad andare avanti, però, in un modo o nell’altro, entrano. Ed Elena procede nella sua vita, con una leggerezza sconosciuta ai suoi familiari. Che le è concessa, però, anche grazie all’eredità materiale ricevuta da loro: «Mio marito e io abbiamo sempre avuto la mentalità di investire sulla nostra famiglia. Tuttora siamo concentrati sul mantenere i nostri tre figli agli studi e i beni di famiglia sono un mezzo per sostenere questa nuova generazione».
Parola all'esperta: le polizze come strumento di tutela
RISPONDE ELENA BELLUCCI DELL’AGENZIA ALLEANZA DI EMPOLI (FI)
1) Come si gestisce un’eredità ricevuta?
«Ricevere un’eredità può risultare persino destabilizzante, specie se si tratta di grandi somme, e senza una gestione attenta il rischio è di sperperare il patrimonio o di non trarne vantaggio. È insomma necessaria un’attenta pianificazione che parta dai bisogni dell’individuo o della famiglia, ragione per cui può essere molto utile affidarsi a un buon consulente assicurativo e finanziario. Tra le soluzioni possibili ci sono le polizze di investimento, che combinano l’opportunità di investimento con la componente assicurativa, che offre una protezione sul capitale o sul rischio di vita. Ne esistono di diversi tipi: con quelle a capitale garantito, per esempio, si ha la certezza che il capitale che sarà restituito all’uscita dall’investimento non sarà inferiore a quello versato».
2) Che vantaggi hanno, rispetto alle altre soluzioni?
«Le polizze da investimento sono nate per chi desidera assicurare un sostegno economico ai propri cari, anche in caso di decesso, con l’aggiunta di un rendimento. Offrono però anche altri vantaggi: uno dei più importanti sta nel fatto che il capitale così collocato non rientra nell’asse ereditario e non viene considerato nel calcolo dell’eredità ai fini della tassa di successione. In caso di morte del contraente le somme passano al beneficiario, nel rispetto delle quote di eredità legittime disponibili, e questo rende la polizza un ottimo strumento per tutelare le coppie non sposate o i minori».
Testo di Annalisa Monfreda
*co-fondatrice di Rame, rameplatform.com
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