«Se mi lasci, mi ammazzo»: l'editoriale di Silvia Grilli

Forse è capitato anche a te: ti ama così tanto che, se provi a lasciarlo, annuncia che la sua vita è finita. Ti ama talmente che t’invia la sua foto mentre è sull’orlo di un precipizio, dopo che hai accennato a voler rompere la vostra relazione. Dice o sottintende: «Sei mia, se tu mi abbandonassi mi ammazzerei, e tu saresti dannata a vita, perché resterei come un fantasma perenne nella tua miserabile esistenza».
Se mi lasci mi tolgo la vita, scriveva anche Morgan alla sua ex, la cantautrice Angelica Schiatti. Lei gli chiedeva se si trattava di un ricatto. In una recente intervista al Corriere della Sera, il musicista ha
raccontato la propria reazione: «Sono restato incredulo. Le ho detto che è un atto d’amore, non una minaccia».
Atto d’amore che cosa? Signor Morgan, al secolo Marco Castoldi, non ci prenda in giro. Siamo donne, non cretine. Qui l’amore non c’entra nulla. Questo è abuso emotivo, un tentativo di controllare le azioni della partner costringendola ad ansia e paura.
Schiatti ha accusato Morgan di una serie di atti persecutori e lo ha denunciato per minacce, insulti, pedinamenti. Lui sarà processato per stalking e diffamazione.
Ma io vorrei soffermarmi sulla frase che farebbe del musicista un povero cucciolo bisognoso di affetto: «Se mi lasci, mi ammazzo». Come scrivevo all’inizio, probabilmente alcune di noi se lo sono sentito dire alla fine di una relazione.
Se abbiamo amato anche solo un po’ quella persona, abbiamo vissuto quel ricatto con senso di colpa e confusione. Loro sono straordinariamente abili, cercano di farci sentire responsabili, ci spingono a credere di essere noi quelle sbagliate.
Ma se abbiamo superato la separazione, e siamo ancora vive, abbiamo capito. Chi annuncia il suicidio come ricatto, probabilmente non s’ammazzerà.
Anche Filippo Turetta aveva minacciato Giulia Cecchettin. «Mi sento in una situazione in cui vorrei che sparisse, non vorrei nessun contatto con lui», confidava lei alle amiche con un messaggio vocale, prima di essere uccisa. «Ma mi dice che è depresso, che non vuole mangiare, che passa le giornate a guardare il soffitto, che pensa solo ad ammazzarsi. Mi dice che vuole morire».
No, Turetta non voleva uccidersi, voleva solo uccidere lei. Come tanti altri. Morgan sostiene che la sua fosse una richiesta di aiuto. A casa mia si chiama manipolazione emotiva.
È molto frequente nelle relazioni che sfociano in atti persecutori. Un manipolatore sa benissimo perché lo stai lasciando, ma conosce alla perfezione l’arte d’insinuare in te il senso di colpa e ridurti senza forze.
Sa come costruire la narrazione che lo assolverà: lei la carnefice, lui il martire per amore. Si destreggia così bene perché su questa sintesi ha plasmato tutta la relazione.
Ma l’amore non è ridurre la partner a un ostaggio spaventato. Non vogliamo essere prigioniere di guerra.
Spesso gli uomini abusanti utilizzano la scusa dello stress, della malattia mentale o dell’assunzione di sostanze per giustificare la violenza sulle donne.
Non troviamo discolpe: è misoginia, è considerarle proprietà privata. Basta con l’indulgenza per la povera vittima di una femmina diabolica.
Tenete i persecutori, tutti, lontani dalle loro prede.
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