Ragazzi, penso al vostro futuro
Alessandro Benetton ha sempre avuto il pallino dei giovani. Ha voluto gli Innovation Hub, laboratori di idee gestiti da under 30, nella holding Edizione, che opera principalmente nel settore trasporti e infrastrutture, di cui è presidente. E da sei anni comunica con loro su Instagram dal salotto di casa, con i cliccatissimi video Un caffè con Alessandro Benetton, in cui spiega, tra le altre cose, come fare centro in pochi secondi illustrando un progetto. Ora ha pensato di dedicare alle nuove generazioni una vera e propria fondazione, il nome sarà svelato a fine 2024. A Grazia l’imprenditore ne ha parlato in anteprima, nel suo quartier generale milanese, l’hotel 21 House of Stories Navigli, un progetto nato per dare ai giovani uno spazio per fare coworking e favorire la contaminazione di idee.
A che cosa si ispira la sua fondazione?
«Al desiderio di dare ai giovani certezze, anche economiche. Non più solo isolati, filantropici atti generosi, ma azioni strutturali su inclusione sociale, sostenibilità, terzo settore».
Quali idee prenderanno forma da subito?
«Progetti su sport e formazione che portino a scuole ristrutturate e digitali; attività di promozione del merito, che facendo collaborare università italiane e straniere permettano a ragazzi capaci ma senza risorse di studiare; progetti culturali per concorsi tra giovani artisti, che esibiranno le loro opere nei nostri aeroporti».
Chi la dirigerà?
«Un gruppo di giovani under 30 nel comitato scientifico. Individueranno i progetti da finanziare, dal 2025, dapprima in Italia. Coinvolgendo aziende di Edizione, da Mundys ad Aeroporti di Roma».
Proprio a Fiumicino è nato il primo Innovation Hub.
«E’ stato il primo acceleratore di start up all’interno di un aeroporto. E funziona: i ragazzi che ci lavorano hanno ideato nuovi sistemi di telecamere, app per snellire le code, servizi relativi ai bagagli. Hanno dimostrato che si possono intercettare aree di miglioramento anche nelle realtà più solide».
Anche lei è stato startupper. Come furono accolte dalla sua famiglia le sue prime idee imprenditoriali?
«Non bene. Ma sono diventato grande anche grazie ai no. Ero tornato da Harvard, e feci proposte su alcuni nostri marchi sportivi. Non piacquero. Trovare tutti gli spazi occupati, nell’azienda di famiglia, mi stimolò a cercare il mio spazio, la mia identità. L’idea in cui credevo e su cui fondai nel ’92 la mia 21 Invest era lavorare sulle analogie tra i diversi settori di piccole e medie imprese».
Tanti giovani si laureano all’estero, per essere poi sicuri di trovare spazio sul mercato del lavoro. Quale sistema universitario vede più competitivo?
«Potendo scegliere, i campus americani. Sono imbattibili. Rendono possibili, oltre allo studio, tante esperienze, dal volontariato allo sport. Offrono una vita sociale completa e un accesso privilegiato alla ricerca. Anche i miei figli hanno scelto di studiare lì».
SOPRA I FIGLI DI ALESSANDRO BENETTON: AGNESE, 24, TOBIAS, 21, E LUCE, 17
Con loro che rapporto ha?
«La mia priorità è che siano felici. Cerco di lasciare sempre spazio al dialogo alla pari, senza però che questo confonda il mio ruolo. Hanno interessi diversi. Agnese, la primogenita, ha studiato Storia dell’arte e architettura e ha fatto già esperienze nel campo della moda, dell’arte e ora nella consulenza; Tobias studia Matematica e Fisica con incursioni nella consulenza e nel venture capital, Luce sta ultimando studi classici e ha un forte interesse per il volontariato: l'esperienza che ha fatto in India condiziona ancora oggi il suo modo di vedere le cose».
Si aspettava che decidessero di vivere con lei, dopo la sua separazione?
«È stata una scelta che ho rispettato. Stando con loro da solo, oltre a rendermi conto della fatica che fanno le donne che lavorano fuori e dentro casa, ho capito quanto i ragazzi sono felici di condividere tempo di qualità. Durante il lockdown abbiamo cucinato, giocato, fatto sport, parlato dei loro problemi e perfino di crisi sentimentali. Questo mi ha cambiato profondamente. Ad esempio sono diventato molto più paziente. E forse non avrei ottenuto così tanto sul lavoro, senza questa esperienza».
Come unica figura genitoriale in casa sente di dover dare molti consigli?
«Credo che il più efficace sistema di educazione sia l’esempio, quello che trasmetti vivendo davanti a loro, lavorando senza trasgredire a certe regole morali. E poi funziona scegliere sempre il futuro, mantenendo una buona memoria del passato. Per scoprire il proprio talento, per migliorarsi come persone bisogna uscire dalla comfort zone perché i privilegi vanno riconquistati ogni volta. Prendersi delle responsabilità, anche di fallire, è un atteggiamento maturo, e sono felice che anche i miei figli vivano con questo modello le loro occasioni. Poi, la strada la si trova facendo, non solo studiando: perciò con i miei ragazzi insisto su una cosa in particolare, sul fatto che nel tempo libero e in estate lavorino. Da giovane mi capitò di piegare maglioni e riparare caldaie. Serve anche il lavoro manuale. E poi sono contento che abbiano delle radici».
SOPRA ALESSANDRO BENETTON CON AGNESE NELLA CASA DI PONZANO VENETO PROGETTATA DALL’ARCHITETTO TADAO ANDO.
Allude al fatto che quando non sono negli Stati Uniti anche loro, come lei, fanno base a Treviso?
«Treviso è una piccola città, un ottimo posto da cui partire e in cui tornare. Dove sei nato lì hai l’anima. Quando studiavo in America nel mio campus vedevo ragazzi che magari avevano una mamma tedesca, un papà francese, fratelli in un altro Paese ancora. Quando qualcuno chiedeva loro: “Da dove vieni?” erano un po’ confusi, alcuni diventavano rossi. Ecco, io ho sempre pensato che mi avrebbe fatto piacere avere dei figli che sapessero da dove vengono, e dove sono le loro radici».
Avete dei riti che considerate sacri?
«Più che riti sacri abbiamo tanta routine insieme, un'intensità di rapporto quotidiana. Però i viaggi con loro sono un momento a cui non rinuncerei mai, cerchiamo di farne almeno uno all'anno. Quello in Perù è stato forse uno dei più belli».
Compiendo 60 anni, lo scorso marzo, ha fatto dei bilanci?
«Non ho aspettato il sessantesimo compleanno per farli. Ogni giorno mi chiedo se ho trovato delle opportunità in tutti gli eventi, anche brutti e dolorosi, della mia vita. Credo di esserci riuscito spesso, perché dormo bene e tanto, tutte le notti».
foto di James Mollison
© Riproduzione riservata