Quirinale: in cerca di una Presidente
La politica italiana, lo sappiamo, non è roba per stomaci deboli o per principianti. È complessa, arzigogolata, bizantina; immobile e ripetitiva per lunghi periodi, poi all’improvviso tumultuosa e caotica. Ma tra tutte le sue manifestazioni niente è più oscuro e cabalistico dell’elezione del Presidente della Repubblica.
Tanto per cominciare non è una carica a cui ci si possa candidare: nessuno - tranne forse Emma Bonino nel 1999 - ha mai detto nella storia repubblicana: «Vorrei fare il Capo dello Stato».
Al contrario chiunque ambisca al Colle deve scomparire, farsi vaga memoria, tacere nel più ermetico dei modi. Anche le candidature avanzate da altri possono - e spesso sono - armi a doppio taglio. La figura molto italiana del candidato “bruciato” da improvvide o maliziose campagne di sostegno, punteggia da sempre la vicenda quirinalizia.
In questa ribollente miscela di manovre e ambizioni si inserisce, ormai da vari anni, anche la questione di genere. Una donna al Quirinale è tema che viene evocato a ogni vigilia d’elezione e puntualmente accantonato. Spesso anzi, per i politici, avanzare con passione il nome di una donna presidenziabile, fa parte di quel complesso gioco di specchi e d’inganni che lastrica la strada verso il Quirinale. Il posto è troppo ambito per mettere davvero in gara anche l’altra metà del cielo. Anche nel totonomi di questi ultimi mesi, sono finite molte donne, forse più del solito, e sono una pattuglia credibile e agguerrita, ma ancora si fa fatica a ritenerle davvero in corsa, nonostante in tanti si prestino a giurare che sia arrivato il momento di una donna al Quirinale. Fa chic e non impegna.
La prima a provarci davvero fu Emma Bonino. Per lei il Partito Radicale, nel 1999, mise in piedi la campagna “Emma for President” che guadagnò un’ondata di approvazione. Un sondaggio di allora attribuiva a Bonino il 31 per cento dei consensi, la seguiva distanziato Carlo Azeglio Ciampi con il 20 per cento, ma poi fu lui a essere eletto al primo scrutinio. Oggi il suo nome appare in ogni retroscena, ma è lei la prima a non crederci: «C’è un tempo per ogni cosa, il mio tempo è stato dieci anni fa». Da politica esperta qual è, Emma sa che la sua figura farebbe fatica a raccogliere quel sostegno trasversale necessario all’elezione. Le sue battaglie per l’accoglienza dei migranti sono diventate via via più urticanti per larghi settori politici, specie nel centrodestra.
Se si guarda al posizionamento istituzionale, invece, il nome più credibile è quello di Maria Elisabetta Alberti Casellati. Lei è la prima donna Presidente del Senato, e dalla seconda carica dello Stato alla prima il passo potrebbe sembrare breve. Ma nonostante il curriculum sia di tutto rispetto - è stata anche membro del Consiglio superiore della Magistratura - per lei la distanza dal Quirinale non sarà facile da colmare. La sua presidenza a Palazzo Madama è stata criticata non solo dalla sinistra, ma anche da una parte della stessa Forza Italia, che la accusa di simpatie per Matteo Salvini.
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Testo di Giancarlo Loquenzi
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