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«Quei cattivissimi bravi ragazzi»: l’editoriale di Silvia Grilli

«Quei cattivissimi bravi ragazzi»: l'editoriale di Silvia Grilli

foto di Silvia Grilli Silvia Grilli — 26 Settembre 2024
Silvia Grilli
Il nuovo numero di Grazia è ora in edicola e su app. Ecco l'editoriale della Direttrice Silvia Grilli

Assistiamo sgomenti a feroci fatti di cronaca, dove i “cattivi” sono persone giovani. Parlo della ventunenne accusata di aver seppellito in giardino i suoi due neonati partoriti vivi. O del diciassettenne di Paderno Dugnano, che ha sterminato la famiglia dopo la festa di compleanno del padre. Mi riferisco al ventiduenne Filippo Turetta, che, durante l’interrogatorio, ha raccontato e mostrato con calma il gesto assassino: come ha devastato a coltellate l’ex fidanzata Giulia Cecchettin.

Se non vogliamo guardarli, derubrichiamo questi fatti a cronaca nera: episodi isolati, marginali, che non ci sfiorano perché il nostro mondo non è quello, quell’orrore non è il nostro. Nelle nostre famiglie non potrebbe succedere. Noi siamo genitori migliori, figli migliori. Noi siamo persone normali.

Ma se invece li osserviamo, ci accorgiamo che anche l’assassino di Giulia Cecchettin, l’adolescente di Paderno Dugnano o la baby sitter di Parma Chiara Petrolini sono ascrivibili alla categoria della “normalità”.

Era un «bravo ragazzo», dicevano di Turetta; era una bambinaia «modello» raccontano di Petrolini; era «tranquillissimo, sveglio e a posto» descrivono Riccardo, che ha assassinato madre, padre e fratellino. Ragazzi normali con famiglie apparentemente come le nostre. Nelle intercettazioni si sentono i genitori di Chiara dire che sarebbero stati felici di avere da lei dei nipoti; non c’erano mai litigi nella casa dell’adolescente di Paderno Dugnano.

Giovani cresciuti nell’amore, ma non evidentemente nella responsabilità. Questi ragazzi non sono stati in grado di gestire quello che stava loro accadendo: Petrolini la maternità arrivata troppo presto, Turetta l’abbandono, perché senza Giulia non era più niente; il diciassettenne che ha massacrato la famiglia il senso di estraneità che lo faceva sentire diverso da tutti gli altri. E allora, se osserviamo le loro storie, abbiamo paura. Perché a quel punto guardiamo i nostri figli e ci chiediamo come stiano veramente, se stiamo facendo abbastanza, se stiamo facendo il giusto, se li stiamo crescendo nella responsabilità.

Lo vediamo ogni giorno anche attorno a noi o forse siamo noi: giustifichiamo sempre i nostri ragazzi, tendiamo a passare sopra a ogni loro errore, ad attribuire la colpa ai professori, agli amici, alla società invece che a loro. I genitori di Turetta hanno dichiarato che il loro posto è accanto a lui e questo lo capiamo. Ma forse avrebbero dovuto innanzitutto domandarsi (e probabilmente se lo sono domandato), come sia potuto crescere un assassino nella loro casa. Come sia potuto accadere che questi ragazzi non abbiano distinto il bene dal male. Prima e anche dopo. La baby sitter accusata di aver soppresso i suoi neonati è partita per New York o è andata a fare shopping o dall’estetista dopo il gesto assassino. Il ragazzo di Paderno Dugnano ha compiuto la strage per guarire il suo dolore, quasi come gli fosse dovuto.

Guardiamo i nostri figli e ci chiediamo se li stiamo educando alla gestione degli impulsi, alla comprensione di dove vada il bene e dove il male o all’assunzione della responsabilità. Ci chiediamo se si sentano soli o se ci sentano accanto. Se il nostro amore colmerà i loro vuoti inevitabili.

C’era forse tanta solitudine nella vita dell’assassina dei due neonati se nessuno di chi le stava accanto si è accorto della sua gravidanza. Nessuno la vedeva per quello che era: una ragazza talmente nascosta dentro la propria solitudine, talmente sensibile al giudizio degli altri da sopprimere due creaturine per non farsi scoprire.

Non è vero che i ragazzi di quest’epoca sono peggiori. Questi episodi sono sempre accaduti: in quest’epoca come in tutte le precedenti. Solo che oggi noi pensavamo di essere migliori: come persone, come genitori, come scuola, come società. Credevamo nel progresso infinito che ci avrebbe portato anche al miglioramento dell’umanità.

Finché l’ennesimo ragazzo normale, cresciuto in una famiglia normale, fa una strage.

© Riproduzione riservata

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