Domenica 17 febbraio, in prima serata su Canale 5, al via la nuova serie Non mentire che vede protagonisti Alessandro Preziosi e Greta Scarano
Non mentire di Gianluca Maria Tavarelli, in onda dal 17 febbraio su Canale 5, è una serie che lascia il fiato corto. Il thriller psicologico è il remake di Liar, un prodotto che in Gran Bretagna ha fatto il boom di ascolti. Lui è chirurgo, vedovo, padre di un adolescente e invita a cena l'insegnante del figlio. La mattina dopo lui le scrive dolce e non vede l'ora di rivederla, lei disperata va dai carabinieri e lo denuncia per stupro. Alessandro Preziosi, insieme a Greta Scarano, è il protagonista di questa serata che cambierà le loro vite.
“Non mentire” spinge a interrogarsi sul concetto di verità. Nella sua vita le è capitato di non saperla distinguere oppure di doversi difendere da una pericolosa menzogna?
Devo dire che io ho un rapporto sano con la verità, nel senso che non ho mai avuto bisogno, su cose importanti, di dovermi difendere da accuse particolari. In Non mentire sono stato molto aiutato dalla sceneggiatura che aveva delle caratteristiche perfette per motivare la verità del mio personaggio: un padre di famiglia, un cardiochirurgo, una persona che salva le vite. Un insospettabile.
Eppure, attraverso un post condiviso su Facebook che racconta un presunto stupro, il suo personaggio si sente vittima di una gogna nata da una notizia falsa. Quanto la spaventano le fake news in quanto personaggio pubblico?
Io non ho paura, ma nel mio piccolo mi trovo anche io ad essere vittima di notizie non vere, e questo può creare dei piccoli traumi. In generale la paura è che le fake news determinino una corrente di pensiero, un modo di vedere le cose diverse da quello che sono. E’ come una sentenza sbagliata: dopo che avviene è difficile che il tuo nome, la tua reputazione e la tua integrità vengano rispettati. Oggi la verità è diventata opinabile e la mistificazione della realtà è diventata una moda.
A proposito, in questi giorni lei si è espresso rispetto al fenomeno dell’immigrazione e degli sbarchi che coinvolgono l’Italia, definendo il loro trattamento mediatico e politico come un esempio di mistificazione della realtà. Cosa intende?
In questo caso l’unica verità sta nel fatto che è umano e doveroso prestare aiuto. Invece il racconto rappresenta solo un problema politico di protocolli internazionali, e noi cittadini non siamo messi nella condizione di fare il nostro dovere, ovvero evitare che nell’attesa che vengano accolte delle persone muoiano.
In “Non mentire” il concetto di verosimiglianza si sviluppa attraverso una modalità di racconto che ha un elemento di forte suggestione. Anche lei ha subito questo spaesamento emotivo recitando?
I protagonisti vengono raccontati come se loro stessi dubitassero di quello che hanno fatto. La realtà a volte si trasforma in un tale reticolato di possibilità che tu stesso a un certo punto ti fermi e dici "Ma io quella sera l’ho costretta oppure no?"
Nella vita reale le capita spesso di non riuscire ad uscire dal personaggio che recita in quel momento?
Mi succede di più col teatro. In teatro faccio fatica a ritrovare dov’ero tre mesi prima di una tournee teatrale. Per esempio è successo con l’ultimo personaggio che ho portato a teatro, Van Gogh. Grandi personalità ripetute nel tempo non ti permettono facilmente di tornare a te stesso.
Lei usa i social network?
Uso solo Instagram e lì ho deciso di parlare solo di arte e poesia, non lo uso come mio racconto quotidiano né come profilo del mio lavoro. Dietro i social c’è un meccanismo di virtuale ricattabilità, permetti agli altri di attaccarti gratuitamente.
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