Preti e social: è l’ora degli influencer di Dio
La star è Alberto Ravagnani che, dopo aver discusso in Rete con il rapper Fedez, ora pubblica un romanzo. Ma non è il solo sacerdote ad aver acquistato popolarità: sui social hanno un seguito anche le vignette di don Giovanni Berti e le riflessioni di don Davide Banzato. Perché? A Grazia rispondono i protagonisti.
Il 15 giugno don Alberto Ravagnani pubblicherà La tua vita e la mia (Rizzoli), che ha come protagonista don Andrea. Un sacerdote eroe che fa tornare di tendenza la funzione che il prete ha sempre avuto in Italia, quella di far incontrare i ragazzi e di farli andare d’accordo, anche se provengono da ambienti diversi per origine, valori, benessere. Rovagnani non è un religioso comune, ma quello che ha fatto parlare per una polemica social con il rapper Fedez. D’altronde i sacerdoti influencer stanno spopolando, dagli Stati Uniti all’Italia. Nel nostro Paese ci sono tonache che, quanto a notorietà, competono con molte webstar. Ciascuno a suo modo sceglie i social per parlare di fede, chi attraverso vignette su Facebook, chi a colpi di dirette su Instagram.
Don Pietro Guzzetti, noto come @pretefelice, è popolare su Instagram: «Quando sei un sacerdote raccontare la tua vita vuol dire mostrare gli effetti che la tua fede ha nel vissuto quotidiano». Il suo successo sui social è tale che è diventato ospite fisso nel venerdì sera di Radio Deejay: «Troppo spesso si parla dei religiosi nelle piazze digitali esclusivamente in relazione ai giovani, ma in realtà posso dire che la Rete permette un incontro e un dialogo che va ben oltre questa fascia d’età. Sta a noi metterci in ascolto e farci prossimo a ogni uomo e donna», spiega don Pietro, che affronta anche i temi scottanti oggi nella chiesa. «Questa esperienza mi dà la possibilità di mostrare un volto della Chiesa vicina, aperta e in dialogo con tutti, al di là del loro credo o delle fragilità che vivono. Il mio desiderio più grande è uno solo: far capire che Dio ti ama, anche quando dici di non credere in Lui o ti sei allontanato», spiega.
Parla di inclusività don Giovanni Berti, 54 anni, che ha fatto di Facebook lo spazio dove condividere le sue vignette. «Amo disegnare fin da piccolo, ho iniziato facendo le caricature degli insegnanti in seminario», ammette. «Oggi uso internet come bacheca dove condividere il mio sguardo ironico sulla vita». Nella vignetta sulla Giornata contro l’omofobia, per esempio, don Giovanni ritrae Noè con la bandiera arcobaleno e Dio che, guardando l’umanità dal cielo, gli domanda: “Ehi Noè, hai ancora l’arcobaleno che ti avevo regalato?”». Spesso non tutti colgono l’ironia nei suoi disegni: «Penso che “scherzare” sulle cose di fede e sul Vangelo a molti non piaccia. La mia intenzione, però, non è quella di offendere bensì di riflettere sulla vita di fede e sulla chiesa in modo ironico. La gran parte delle persone, però, trova nelle mie vignette un motivo di riflessione leggera ma non superficiale. Quando ci si espone nella comunicazione, si deve esser pronti ad accogliere consensi e critiche, purché si tenga presente che i social possono diventare utilissimi per allargare la testimonianza del Vangelo», aggiunge.
S’ispira, invece, al guru digitale Marco Montemagno don Alberto Ravagnani, passato dall’oratorio san Filippo Neri di Busto Arsizio al podcast Muschio Selvaggio di Fedez. Il sodalizio, però, si è rotto di recente, quando il rapper lo avrebbe bloccato su Instagram per i troppi messaggi ricevuti. Il prete ha, così, fatto un post accusando Fedez di censura. Il rapper non lo ha gradito molto: «Se ti interessava tanto, avevi il mio numero di telefono. Evidentemente fare un post su Instagram che scatena tanto perdono cristiano e cavalcare l’onda era la soluzione giusta», ha replicato Fedez. Oggi il prete tiktoker conduce DonCast: circondato spesso da influencer e volti noti, resta il clergyman a ricordare che è un religioso.
Dal web è approdato in tv don Davide Banzato, non solo seguito sui social da oltre 52 mila follower, ma anche conduttore televisivo del programma di Rete 4 I viaggi del cuore. «Ho iniziato a parlare di fede sui social sul modello di Gesù, che evangelizzava ovunque e dialogava con tutti, senza pregiudizio», spiega il prete padovano. «Ci sono tanta sete di ascolto e molte domande di senso profondo e i social, se scelti non per esibirsi, possono seminare del bene».
Don Davide conosce i pericoli del digitale e lo spiega anche nel suo ultimo libro Tutto, ma prete mai (Piemme): «Ogni mese denuncio furti di identità digitale, ma quando ti esponi è così», ammette. «Come tutti gli strumenti, anche i social dipendono dall’utilizzo che ne facciamo, sono come un coltello: possono ferire qualcuno o tagliare del pane e sfamare», spiega. Telegenico e profondo, don Davide continua a preferire gli incontri reali a quelli bidimensionali di uno schermo: «Anche il mondo virtuale deve sempre portare a un incontro reale, altrimenti rischia di essere fine a se stesso. È vero che i social permettono di abbattere le distanze, ma la differenza la fa l’incontro tra persona e persona, che è imprescindibile».
La pensa allo stesso modo padre Antonio Spadaro, il gesuita al fianco di papa Francesco, tra i pionieri dei “social priest”: «I social non sono un mezzo per evangelizzare, ma offrono un ambiente di confronto e condivisione del pensiero e della vita», puntualizza il gesuita, che è direttore della storica rivista La Civilità Cattolica e, per questo, molto attivo su Twitter, dove conta 58 mila follower: «Spesso si considera la Rete come regno della non autenticità, ma io penso che bisogna percepirla come un ambiente digitale in cui il messaggio evangelico può penetrare. Già papa Benedetto XVI è stato molto chiaro quando ha detto che non vale più la distinzione tra reale e virtuale, ma tra fisico e digitale che sono entrambi reali. Quando la Rete risponde al bisogno dell’umanità di essere più unita, è un “dono di Dio”, come dice papa Francesco».
Esperto di comunicazione, padre Spadaro ha esplorato il lato digitale della fede, parlando per primo di “cyberteologia”, cioè di intelligenza della fede al tempo della Rete: «Papa Francesco è immerso in questa sfida comunicativa per la Chiesa, ma ciò che lo caratterizza è la sua spontaneità». Oggi la pagina Instagram ufficiale @franciscus è nella top dieci dei profili social più seguiti in Italia, con oltre 8 milioni di follower. «La rete è un ambiente che va addomesticato», spiega padre Spadaro. «Quindi bisogna sempre guardare alle potenzialità che offre quando ci mette in contatto con le persone. La stessa Chiesa è chiamata ad annunciare il Vangelo dove sono gli uomini, senza mai farlo in maniera strumentale, ma condividendo il proprio vissuto». E allora, qual è la soluzione per vivere i social con questo spirito? «Non considerare questa dimensione di vita come unica, ma farla rientrare dentro il proprio vissuto», dice. «L’essere umano avrà sempre bisogno di incontrare l’altro. Fa parte della sua intelligenza e del suo spirito».
di Marco Grieco
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