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«Per essere creduta una vittima di violenza domestica deve essere morta»

«Per essere creduta una vittima di violenza domestica deve essere morta»

foto di Silvia Grilli Silvia Grilli — 9 Giugno 2022
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Per essere perfetta, una vittima di abuso domestico deve essere sepolta. Solo così nessuno metterà in dubbio la veridicità delle sue ferite, anche se ci sarà sempre chi dirà (non ad alta voce, non sta bene) che avrebbe potuto pensarci prima, invece di permettere al suo persecutore di bastonarla a morte.

Prima di finire nella fossa, ogni “presunta” vittima (bisogna scrivere “presunta” perché chi garantisce che quei lividi in faccia o quel naso rotto non se li sia procurati da sola sbattendo contro le porte?) ha sempre qualcosa di sbagliato. Per esempio...

1) Ma vogliamo commentare perché si era messa con uno così? Aveva dei problemi. È una pazza psicopatica.

2) Chissà che cosa avrà fatto per esasperarlo, magari gli parlava in tono autoritario.
3) Perché l’ha colpito quella volta che lui l’aveva picchiata a sangue? È violenta, quello è abuso condiviso.

4) Perché non è andata subito a denunciarlo alla polizia e ha aspettato così tanto? Non mi torna...

5) Perché lo ha denunciato alla polizia con tutta quella fretta? I ceffoni capitano anche nelle migliori famiglie, non avrebbe potuto riaggiustare il matrimonio senza fare la matta?
6) Ma perché ha ammesso che le prime volte non ha sporto denuncia perché voleva perdonarlo? C’è qualcosa che non torna...
7) D’accordo, lui l’insulta in quei file audio, ma mi spiegate perché una in casa deve registrare tutto se non è in malafede? L’avrà provocato per raccogliere la registrazione.
8) Perché lei lo ha offeso dopo che lui le ha urlato di essere una tr..., una put..., spazzatura, una prostituta monouso? Se non avesse replicato, lui si sarebbe calmato.
9) I lividi in faccia? Se li è fatti sicuramente col Photoshop. Ora con le app si può modificare tutto.
10) Sì, lui avrà anche lasciato scritto che voleva bruciarla viva e violentare il suo corpo decomposto, ma nei momenti di rabbia si sa che si dice qualsiasi cosa...
11) Va bene, c’è il documento della psichiatra che sostiene che lei soffra di disturbo post traumatico, ma chi ha detto che glielo abbia procurato lui e non il suo stesso senso di colpa per le bugie raccontate?
12) I referti medici che denotano le percosse? Dai, lo sanno tutti che una dottoressa corrotta può scriverti quello che vuoi.
13) Ma poi perché lei continua a parlare delle violenze di lui? Quel pover’uomo ha una carriera da difendere! Quella mitomane gli ha già rovinato abbastanza la reputazione. Se fossi in lui le farei una bella causa per diffamazione.
14) E, diciamolo, lui è molto più simpatico di lei.
15) Chiaramente lei si è inventata tutto. È una bugiarda, una manipolatrice che ha provato a infangare un brav’uomo come lui. Però noi, la società, i social, la televisione, noi persone imparziali e attente, non le abbiamo creduto. Bisogna smetterla di pensare che, siccome è donna, deve essere per forza la vittima. Basta con queste matte che denunciano. Come osa quella manipolatrice paragonarsi alle vere vittime, che sono quelle al cimitero?

Questo editoriale è stato scritto dopo la sentenza che ha condannato Amber Heard nel processo intentatole per diffamazione da Johnny Depp. Un giudizio inquinato da anni di gogna sui social contro una donna che aveva osato alzare la testa contro un maschio potente. Questo editoriale è dedicato a mia figlia, che non può sentirsi sicura su un treno o in una piazza affollata perché nella nostra cultura malata il corpo delle donne va represso oppure violato. Questo editoriale è dedicato soprattutto a tutte le sopravvissute alle violenze, a tutte quelle vittime imperfette che non sono state credute, a tutte coloro che si sono sentite dire che hanno esagerato, a tutte quelle che non denunceranno mai per non passare da una spirale di abusi domestici a un’altra spirale di abusi: la nostra. E questo editoriale è dedicato anche a tutte le donne che, solo per piacere agli uomini o per odio verso le altre, si scagliano per partito preso contro le loro sorelle.

© Riproduzione riservata

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