Oliva Culpo: «Sono la miss che ha conquistato il mondo»
Venezia è sempre una scoperta. Non importa quante volte l’hai attraversata, quante calli hai percorso a piedi o quanti musei hai già visitato: ogni volta ti regala qualcosa di nuovo. È successo anche alla modella statunitense Olivia Culpo.
Terza di cinque figli, Olivia, 30 anni, è cresciuta in mezzo all’arte, alla musica: i suoi genitori sono musicisti e anche lei ha studiato a lungo violoncello.
Per questo la sua mamma e il suo papà erano piuttosto stupiti quando ha deciso di partecipare al primo concorso di bellezza, Miss Rhode Island, a 19 anni.
Figurarsi quando l’hanno vista vincere e sbaragliare tutta la concorrenza non solo a Miss America, ma a Miss Universo, dove è diventata la regina di tutto il mondo, nel 2012. Da allora di strada ne ha fatta: ora è modella, attivista, imprenditrice di successo. E da tre anni compagna di un celebre giocatore di football americano, Christian McCaffrey (26 anni).
Noi l’abbiamo incontrata in Laguna, durante la prima tappa del Pasticcino Bag World Tour di Weekend Max Mara, un viaggio dedicato all’iconica borsa che, anno dopo anno, avrà l’obiettivo di valorizzare le eccellenze artistiche e le tradizioni artigianali in tutto il mondo.
Un’iniziativa partita proprio da Venezia. «È stato un evento magico con la visita a Murano del laboratorio Gambaro & Tagliapietra. Gli artigiani creano a mano piccole perle di vetro, per la chiusura a clutch della borsa Pasticcino modello Venezia. In realtà sono murrine che assomigliano a caramelle. Una meraviglia», dice Olivia. «Mi ha incantato realizzare questo servizio di moda nella Laguna. Ho scoperto piccole gemme un po’ nascoste che altrimenti non avrei mai visitato».
Olivia, lei ha origini italiane: la famiglia paterna viene da Trissino, vicino a Vicenza, la sua mamma invece è di origine irlandese. Quanto ha influito sulla sua educazione?
«I miei genitori sono profondamente legati alle origini delle loro famiglie e si discuteva spesso su quale fosse il cibo migliore e quale usanza avremmo dovuto celebrare il tal giorno. Per me la cultura italiana coincideva con la tavola. Chi entrava a casa riceveva un abbraccio, un bacio e molto cibo: tutti erano benvenuti».
Invitavate spesso amici a pranzo o a cena?
«Sono cresciuta in una casa sempre aperta, con una “porta girevole”, come la chiamavamo noi: c’era sempre qualcuno che entrava e che usciva. La mia mamma ha sempre ospitato studenti italiani, a cui ci affezionavamo molto. Non c’erano limiti per gli ospiti, forse perché eravamo già cinque fratelli e non faceva tanta differenza».
Tutta la sua famiglia è appassionata di cucina?
«Sì. La mia mamma sul retro della sua auto ha incollato un adesivo che dice: “Ami la gente? Cucina loro del buon cibo”. Per noi cibo significa amore. Ti prendi cura delle persone che ami dando loro da mangiare. Insomma, la tavola è il più bel modo per creare intorno a te una comunità di affetti».
Il primo ricordo della sua infanzia?
«Mia madre che suona la viola. Ha sempre viaggiato molto per lavoro, con la Boston Symphony Orchestra. Ricordo che a casa mi mettevo davanti a una porta di vetro: lei si esercitava nell’altra stanza, volevo attirare la sua attenzione. Ma lei continuava a suonare. Studiava tutto il tempo».
E lei? Suona ancora il violoncello?
«È come la bicicletta: anche se non la usi per un periodo, quando la riprendi, pedali. Quando ho un po’ di tempo libero suono: ha un effetto catartico. Se ti senti giù o hai bisogno di scappare dalla realtà, è l’ideale. Ora sono molto grata di poter suonare. Da piccola i miei genitori mi hanno un po’ forzato a frequentare tutti i giorni un’orchestra o campus musicali, ma ne è valsa la pena. Ora quando posso suono con un quartetto. Sono professionisti che conosco dal liceo. Un giorno mi piacerebbe esibirmi con loro in un evento di solidarietà».
Ha mai studiato l’italiano?
«Sì, al liceo. Per due anni, con un programma di scambio scolastico, sono venuta in Italia per un breve periodo. Mi ospitava a Novara la famiglia più affettuosa che potessi incontrare. Rimanevo da loro per tre settimane e poi veniva da noi la loro figlia. In Italia mi ero innamorata di ogni cosa. E di tutti. Mi sono presa anche la mia prima cotta per un compagno di classe. Un giorno mi ha portato perfino dei fiori a casa: mi è sembrato così romantico. Era come vivere in un film».
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Foto di Simone Falcetta - styling di Carlotta Marioni
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