«Sei brutta, sta' zitta»: l'editoriale di Silvia Grilli
«Sei brevilinea, con le gambe corte», sibilò un giorno il caporedattore culturale del quotidiano dove allora lavoravo, sparandomi addosso la critica come una fucilata. Schiumava di rabbia perché il direttore mi aveva affidato un elzeviro di prima pagina, e la sua vendetta fu attaccarmi sull’aspetto fisico.
Il nuovo libro di Michelle Obama, The Look, racconta per immagini e testi i suoi vestiti. Capi che non erano e non sono solo abiti, ma scelte precise con cui comunicare la propria personalità.
In una delle presentazioni pubbliche del volume, l’ex first lady ha detto: «Il mondo vuole controllare le donne. La prima cosa che fanno è governare la nostra bellezza. Ci sentiamo costrette a mostrarci perfette come bamboline per evitare di essere aggredite. Succede alle giovani attrici, alle ragazze sui social, a tutte noi. La cultura del mondo è rimettere le donne nei posti subordinati attaccando il loro aspetto fisico».
Il corpo femminile è da sempre colonizzato dal potere maschile: osservato, regolato, giudicato. Con le sue parole di biasimo, quel caporedattore non criticava il mio articolo, su cui non aveva niente da ridire.
Rimproverava il mio corpo per ristabilire una gerarchia dove lui, in quanto maschio, stava all’apice. Il suo messaggio era: «Io ti guardo e dico che non sei bella, perciò non vali niente anche se scrivi il pezzo migliore del mondo».
Non lo fanno solo gli uomini. Anche le donne sanno essere bravissime soldatesse del patriarcato. Quante volte per sminuirci l’un l’altra ci massacriamo sull’aspetto fisico? Le libertà conquistate non ci hanno affrancate dall’usare la clava dell’estetica anche tra di noi.
Cambiano le modalità. Se prima una mia compagna di classe mi urlava «Sei brutta», oggi questo lo gridano sotto i profili social a donne famose (e, paradossalmente, di solito bellissime).
Quante aggressioni alle nostre fattezze vengono scritte sotto i post, senza neppure provare un minimo di vergogna, per punire la celebrità di turno o la politica che esprime le sue opinioni o semplicemente una femmina che dice ciò che pensa?
Quando ci esponiamo, facendo sentire la nostra voce, veniamo bersagliate di insulti non per quello che diciamo, ma per come lo diciamo o sul nostro aspetto fisico. Ci vorrebbero belle e mute, e comunque non sarebbe lo stesso mai abbastanza.
Se esponenti politiche e donne famose hanno le spalle larghe e sanno reagire anche pubblicamente denunciando la misoginia sui social, le stesse spalle larghe probabilmente non le hai se sei giovane e impreparata a reagire.
Allora il tuo corpo diventa non solo un bersaglio, ma anche un ostacolo e una colpa. Bisognerebbe insegnare fin dall’infanzia alle bambine quanto è importante spostare lo sguardo da se stesse alle proprie passioni, ai propri interessi.
Nel mio piccolo ci provo, poi fallirò certamente, ma quando mia figlia soffre per un commento maligno lanciato come una sassata, non le dico solo che non è vero e che comunque il suo corpo ha un valore indipendentemente dallo sguardo degli altri. Aggiungo che non abbiamo nessun merito del corpo con cui nasciamo. Non abbiamo fatto niente per averlo così: bello o brutto che sia.
La bellezza è una roulette. Il merito lo abbiamo per gli esseri umani che siamo, per quello che facciamo, per i sogni che realizziamo.
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