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Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio – e non è il film con Lino Banfi

Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio - e non è il film con Lino Banfi

foto di Enrica Alessi Enrica Alessi — 30 Gennaio 2020
Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio - e non è il film con Lino BanfiOcchio, malocchio, prezzemolo e finocchio - e non è il film con Lino Banfi
Sono diventata scaramantica dopo aver accettato di convivere con la nuvoletta di Fantozzi sulla testa e con essa, anche con la mia sfiga cosmica. Non ho particolari amuleti o simboli scaramantici: niente corni, scopette, ferri di cavallo o gobbe da accarezzare all'occorrenza.

Mi sono limitata ad affidarmi al mio colore preferito: il giallo, e quando ho un evento importante o qualcosa di impegnativo da affrontare indosso sempre qualcosa di giallo. Ma anche in questa scelta cromatica la mia sfiga si è ovviamente palesata con puntualità.
Quando preparai l'esame di storia dell'arte medievale scoprì che il giallo, secondo l'iconografia di quel periodo, è il colore dei traditori, uno su tutti Giuda. Te pareva. Infatti, lo incontriamo avvolto nel suo mantello giallo nella famosa Cappella Degli Scrovegni a Padova dipinta da Giotto ed è proprio in quel momento storico che con l’affermarsi deciso dell’oro come valore assoluto di potere, il giallo assume un significato negativo, una degenerazione delle qualità materiali. E la coppia cromatica giallo/verde distingueva i folli, i buffoni e, quanto più il giallo tendeva al verde, tanto più era considerato negativo. Ma fortunatamente nei secoli il giallo ha avuto anche connotazioni positive, ad esempio, nel suo più alto grado di saturazione e luminosità.
O quantomeno neutra, come dimostrano le vesti gialle attribuite a San Giuseppe o San Pietro. Le aureole sulle teste dei santi e degli angeli, invece, simboleggiano la luce divina e la fiamma della saggezza.
Il giallo è il colore del sole, del calore e della luce, si ritrova in tutte le civiltà e nell'iconografia cristiana, il giallo è associato a Gesù. In sostanza, sono consapevole di aver scelto il colore più ambiguo della tavolozza, ma finora ha funzionato — facendo i dovuti scongiuri. Come se non bastasse, però, il numero che nessuno sceglierebbe mai, il 17, mi ha sempre portato fortuna. Anche qui come sopra. Mi sono laureata di venerdì 17, non si direbbe ma sono temeraria ed ero certa che sarebbe andato tutto bene. Ma anche a tal proposito, non posso evitarvi un altro pippone storico — e matematico. Nell'Antico Testamento, il Diluvio Universale comincia il 17 del secondo mese e il venerdì, sempre in ottica cristiana, è considerato un giorno nefasto perché viene associato alla morte di Gesù. E fin qui bene, ma non benissimo.
I pitagorici odiavano il numero 17 perché si trovava in mezzo al 16 e il 18, ritenuti invece numeri perfetti. Gli antichi romani sulle tombe erano soliti scrivere in latino «VIXI», ovvero «ho vissuto», quindi «sono morto». «VIXI» è l’anagramma di «XVII», cioè 17 in numeri romani. E per non farci mancare nulla, la smorfia napoletana, riassume il numero 17 con "la disgrazia". Più chiaro di così?! Ma anche qui abbiamo il risvolto della medaglia in positivo. Infatti, secondo la Kabbalah ebraica l'universo sarebbe nato il 17 ottobre dell’anno 3761 a.C. e la somma dei numeri che compongono l’anno (3+7+6+1) da il numero 17. Scindendo il numero 17 in 1 e 7 (17=1+7) avremo per il numero 1 il significato di Essere Unico o Cosa Unica che viene posta in relazione con la Potenza Suprema, il Polo Radiante e il Centro mistico. Il 7 invece, è il numero della Conoscenza e della Sapienza, che simboleggia quindi la profonda saggezza e la ricerca della verità ma anche introspezione e meditazione.
Tutto questo per dirvi che se si guardano le cose dalla giusta prospettiva tutto può cambiare. E anche se è impossibile andare contro il proprio destino possiamo aiutarlo con qualche spintarella e con qualche gesto scaramantico, non si sa mai.

Testo e illustrazione di Valeria Terranova

Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio – e non è il film con Lino Banfi

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