Nessun atleta ha mai vinto più medaglie di Michael Phelps alle Olimpiadi. Quest’anno il campione di Baltimora non avrebbe dovuto nemmeno partecipare ai Giochi. Ma qui racconta a Grazia perché ha deciso di tornare
Anche per me è cominciato il conto alla rovescia: fra una settimana parto per le Olimpiadi di Rio. C’è l’emozione di partecipare all’evento più atteso dell’anno, di vedere Rio ancora più allegra e colorata e, soprattutto, di vedere lui: il più grande nuotatore di sempre, l’atleta più atteso, quello che tutti sognano di incontrare. Perché Michael Phelps, alla sua quinta Olimpiade, è l’uomo che ha battuto tutti i record, compreso quello del numero di medaglie conquistate da un unico atleta. Nelle edizioni precedenti ne ha vinte 22, di cui 18 d’oro.
Probabilmente lo incontrerò sulla spiaggia di Ipanema, nella Omega House: il brand di orologi svizzero è cronometrista ufficiale delle Olimpiadi e Phelps è loro ambassador. In realtà spero di vedere anche la fidanzata Nicole Johnson, ex Miss California, ma soprattutto Boomer, il figlio della coppia che a 3 mesi ha già un account Instagram con 60 mila follower.
Il nuotatore non ha nulla a che fare con il Michael Phelps di un anno fa, che è stato arrestato per guida in stato di ebbrezza. Una fase difficile per l’atleta, che ha sofferto per diversi mesi di dipendenza dall’alcol. «Ero così depresso che a un certo punto ho pensato anche al suicidio», ha dichiarato. Ma tutto questo è acqua passata. Phelps è un altro uomo: non beve più, va a letto presto ed è in perfetta forma fisica. E ha trovato un motivo per vincere ancora: rendere felice la sua nuova famiglia.
È l’atleta olimpico che ha vinto più medaglie della storia. Quattro anni fa ha annunciato che avrebbe smesso di nuotare. Poi è diventato papà. Che cosa l’ha spinta a tornare ai Giochi per cercare di salire di nuovo sul podio?
«Diciamo che avevo qualche questione in sospeso prima di dire definitivamente addio alle gare. Essere di nuovo in acqua mi diverte. Tornare dopo il 2012 (quando è stato sconfitto nei 200 farfalla da Chad Le Clos, vedi a pagina 60, ndr) è piuttosto stimolante. È come se mi sentissi di nuovo bambino».
Che cosa si aspetta dalla città di Rio?
«Nei mesi scorsi sono stato due volte in Brasile e mi sono reso conto di quanto la città sia eccitata all’idea di ospitare i Giochi. Per strada la gente sprigiona un’energia immensa. Per questo credo che l’edizione sarà molto speciale. Non vedo l’ora di essere lì, cercando di cogliere tutto quello che la città offre. Rio darà il massimo».
Molte gare di nuoto si vincono per piccole frazioni di secondo. Un nuotatore che cosa può fare, in allenamento e poi nella competizione, per aggiudicarsi quel minuscolo vantaggio sui concorrenti che gli permetterà di arrivare primo?
«Quando arrivi a una gara non puoi cambiare quello che hai fatto tre o sei mesi prima. Tutto quello che potevi controllare è già dietro le tue spalle. Semplicemente sali sui blocchi e parti. Qualsiasi cosa accada, alla fine, il risultato è quello che meriti. Per questo ho imparato quanto sia importante, durante i mesi di allenamento, essere sicuri che la tecnica sia efficiente e le virate e le partenze siano buone».
Ha partecipato a gare che ha vinto per un soffio. Nel nuoto quanto è importante la precisione dei cronometri?
«Nel 2008 ho vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi nei 100 farfalla per un solo centesimo di secondo, il più piccolo margine rilevato fino a oggi in una gara di nuoto ufficiale. Omega, che dal 1932 è cronometrista ufficiale dei Giochi, è stato in grado di dimostrare che ero stato io ad aver toccato per primo il traguardo. Avere il migliore sistema del mondo è per noi atleti un grande vantaggio: permette di individuare esattamente il vincitore».
Lei è un atleta già entrato nella storia dello sport. Ai giovani nuotatori che le chiedono un consiglio, che cosa suggerisce?
«Ai bambini che si allenano in piscina dico sempre: “Non mollate mai”. Ognuno di noi affronta momenti difficili nella vita, ma poi tutto dipende da quello che hai nel cuore. Se vuoi davvero qualcosa, niente potrà impedirti di realizzarla. Da piccolo dicevo di voler diventare il più grande nuotatore di tutti i tempi. Ma quando ho cominciato quest’avventura, nel 2000, alle Olimpiadi di Sydney, non avrei certo immaginato che sarei stato qui, adesso, con quello che ho vinto. Ma lo sognavo. Pensavo che avrei potuto farcela. E non ho mai smesso di crederci».
Quanti anni aveva quando ha capito che voleva essere il più grande nuotatore di sempre?
«Quando avevo 15 anni, l’anno delle mie prime Olimpiadi, mi sono seduto di fianco al mio allenatore e gli ho detto: “Voglio cambiare lo sport del nuoto”. Non so esattamente che cosa intendessi. Ma sapevo che non mi piaceva perdere. In tutto quello che faccio, voglio essere il migliore. Anche se ero stanco, affamato o non avevo nessuna voglia di allenarmi, continuavo a farlo duramente, con tutte le mie forze. Non c’erano “ma” o “se”. Durante tutta la mia carriera, ho sempre avuto chiaro che nessun ostacolo poteva interrompere la mia strada. Per me c’è tutto o niente».
La sua famiglia l’ha aiutata?
«Sono cresciuto in una casa tra le donne e mia madre era, e continua a essere, la più grande lavoratrice che abbia mai incontrato. Ha cresciuto tre bambini (lui e le sue due sorelle, ndr) e ci ha dato tutto quello di cui avevamo bisogno. Ma la cosa incredibile è che allora studiava ancora medicina all’università. Nostra madre ci ha offerto tutte le possibili opportunità per costruire la nostra carriera, il successo. Senza di lei non sarei minimamente vicino a dove sono ora. Guardare la fatica, lo sforzo, la concentrazione che lei metteva in tutto ciò che faceva, trovando un po’ di tempo anche per sé, è stata per me una grandissima lezione di vita».
Adesso toccherà a lui essere un esempio per il figlio Boomer, il suo più piccolo e importante tifoso a Rio.
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