È la regina delle commedie americane e tra le prime tre attrici più pagate al mondo, ma per arrivare dov’è ha sempre dovuto combattere contro chi la scoraggiava perché donna e con una taglia extralarge. E anche per questo, spiega a Grazia, andare a caccia di fantasmi nel nuovo Ghostbusters per lei è stata una passeggiata

Non si chiede l’età a una donna, figuriamoci il peso. Mi guardo bene dall’osare una simile domanda con l’attrice diventata famosa anche per l’orgoglio del suo essere “oversize”: Melissa McCarthy. Una che ha sfidato le leggi degli stereotipi di Hollywood riuscendo a diventare una celeb proprio infischiandosene della smania collettiva per la perfezione. Una che, per portare avanti la sua battaglia sul bello di essere se stesse, ha creato un marchio di abbigliamento che porta il suo nome, perché nessuna si trovi più nella stessa fastidiosa condizione di non trovare un abito da sera, come accadde a lei quando fu candidata all’Oscar per Le amiche della sposa.
Sul podio delle attrici più pagate di Hollywood, dopo Jennifer Lawrence e Scarlett Johansson, Melissa, 45 anni, è la dimostrazione vivente che talento e determinazione possono portarti in alto, ben oltre le apparenze, e che la commedia non è affatto solo “roba da uomini”. Il pubblico la ama perché la ritiene divertente e vera, ma ultimamente c’è chi l’ha insultata, accusandola di essere una rovina assoluta per i ragazzi. Motivo? Ha accettato di far parte della nuova irresistibile squadra di Ghostbusters 3, remake tutto al femminile del cult del 1984. Al cinema dal 28 luglio, il film schiera un affiatato team di attrici che negli Stati Uniti sono state anche molto discusse e criticate. Troppe donne assieme, troppo sciocche, troppo imbruttite. Sul set, come nella vita, Melissa la prende con filosofia, e con l’appoggio del marito (attore anche lui) Ben Falcone, 42 anni, reagisce con una battuta: «Davvero bastano quattro donne al cinema per distruggere l’infanzia di qualcuno?». Quando parla sorride poco, gesticola come un’italiana e colpisce per i suoi occhi espressivi, incorniciati da una sottile riga di eyeliner. Ha i capelli sciolti, accessori per nulla appariscenti, un top castissimo: un look sobrio e casual, perfettamente in linea con il personaggio da ironica cervellona che interpreta nel film.
Chi è Abby, la leader delle acchiappafantasmi che porta sul grande schermo?
«Un’esperta di ectoplasmi che ha dedicato la sua vita allo studio del paranormale. Insieme con lei troverete l’insegnante di fisica Erin (Kristen Wiig), il genio dell’ingegneria Holtzmann (Kate McKinnon) e Patty (Leslie Jones), che conosce tutti gli angoli più oscuri di New York. Sono ragazze molto diverse tra loro, ma dovranno capirsi e fare squadra insieme per disinfestare la Grande Mela e per superare lo scetticismo della gente».
E in questo lei è bravissima.
«Infatti l’elemento per cui mi identifico con Abbey è questo, la tenacia nel voler rimanere ferma nelle proprie convinzioni, quel suo volerci credere malgrado tutto».
Malgrado che cosa?
«Be’, tutti la prendono in giro. Le danno della pazza perché ha sempre creduto nei fantasmi, la deridono. A lei non interessa però, continua a credere. In se stessa, e nel paranormale».
E a lei, danno mai della svitata?
«Tutti i giorni. Il regista Paul Feig, con cui lavoro da tanti anni e che quindi ormai è un amico (sono al quarto film insieme, ndr), sul set non faceva che ripetermelo: “Melissa, sei pazza”».
Perché?
«Diciamo che mi sono spinta un tantino oltre il previsto per le scene d’azione. Ma la tentazione era troppo forte: quando mi ricapita un film in cui corro, salto, mi lancio, provo a dribblare almeno 50 persone che mi attaccano o corrono nella direzione contraria alla mia? Ho scoperto di avere un’energia che non immaginavo. È stato faticosissimo ma eccitante: avevamo a disposizione delle controfigure per le scene più acrobatiche, eppure io ho cercato di fare da sola il più possibile. La paura c’era, ma il mio pensiero ricorrente era: “Perché no?”. E Paul, puntualmente, mi rimproverava. Anche se è un regista che ama le donne con tutto se stesso e sa creare commedie al femminile come nessuno».
La cosa più folle che ha osato?
«Lasciarmi cadere su un’auto da un’altezza di sette metri. Oppure lanciarmi in mezzo alla folla, letteralmente, nonostante la mia stazza. Ha presente le rockstar nei concerti? Ecco, ho voluto provare il brivido. Era la mia prima volta, confesso che all’inizio me la sono fatta sotto. Poi ho chiesto a Walter Garcia, il coordinatore delle controfigure. È stato lui a darmi la dritta: “Il modo migliore per tuffarti nel pubblico? Corri fino alla fine del palco. E poi lanciati”. L’ho fatto, e per fortuna mi hanno afferrata almeno in dieci professionisti. Non so se lo rifarei fuori dal set. Sa che cosa mi ha convinto? Che Paul l’avesse fatto prima di noi. Se può riuscirci un uomo, mi sono detta, posso anch’io».
Anche alle sue figlie (Vivian, 9 anni, e Georgette, 6 anni, ndr) insegna che nella vita possono fare qualsiasi cosa, proprio come i maschi?
«Certo. Sono una mamma molto divertente, mi piace far capire loro che, se ci credono, tutti i limiti scompaiono davvero».
Nel film lei ha come segretario il sex symbol Chris Hemsworth. Niente male dare ordini a uno così.
«Una meraviglia. È un attore carino ed è rimasto un ragazzo semplice, gentile. E poi, diciamolo, non è vero che gli uomini belli non sanno far ridere una donna: Chris ha una vena comica incredibile, giuro, mi ha fatto piangere dalle risate. È uno dei migliori improvvisatori che abbia mai incontrato. Spesso dovevamo interrompere le riprese perché avevo le lacrime agli occhi per colpa sua».
Ci voleva proprio un uomo a stemperare il clima di un set tutto al femminile.
«Si sbaglia: noi attrici siamo state un quartetto formidabile. C’era una chimica che ha funzionato fin dal primo ciak ed è rimasta fortissima anche a fine riprese: ci siamo divertite. Kate McKinnon non interpreta solo la scienziata pazza, ha una sua vena personale di follia anche nella realtà che la rende semplicemente adorabile. Leslie Jones è una delle donne più brillanti che conosca. E Kristen Wiig era già una mia grande amica prima di girare. Non a caso nel film interpreta una mia ex compagna del liceo: pur conoscendola da tanto, ogni giorno riscopro che splendida persona sia».
La celebrità non cambia le persone?
«Dipende. Per quanto mi riguarda, il cambiamento più forte è poter finalmente scegliere quello che voglio interpretare. E poter lavorare di più anche con mio marito. Insieme abbiamo fatto molte cose belle, nella vita come sul lavoro. Che cosa posso chiedere di più?».
Chi è famoso, però, diventa un bersaglio facile di polemiche e critiche. Come vive questo aspetto del suo mestiere?
«Chi sta dietro un computer per postare insulti e odio non merita attenzione, ma compassione: si tratta di persone sole e senza amici. Io, per fortuna, sono circondata da chi mi ama».
Lei non sembra una donna che serba rancore.
«Sa che cosa c’è? Siamo umani, tutti abbiamo giorni sì e giorni no. Tutto sta nel capire come superare il giorno peggiore della tua vita, o come cogliere al volo l’occasione del tuo giorno migliore: di questo si tratta».
Guai a farsi dire come devi essere, insomma.
«Assolutamente: è una vita che mi sento ripetere che cosa non posso o non potrei mai fare. Ed è una vita che la realtà dimostra il contrario. Se mi fossi fermata al primo: “Oh, ma figurati, è impossibile che tu riesca a farlo”, oggi non sarei qui».
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