Marco Bocci: «Tutta la vita che mi tiene sveglio»
È ipercinetico, l’attore Marco Bocci, combatte da sempre il sonno, nel senso che cerca di dormire il meno possibile, non gli piace impigrirsi, ha tanta energia.
A Napoli si chiama “arteteca”, è una specie di movimento interno irrefrenabile che porta a moltiplicare le esperienze. Infatti lo acchiappo alla fine di una giornata sul set di una serie per Rai Uno, in Puglia, dove è arrivato all’alba, partendo in macchina dall’Umbria: sono le sette di sera, non si è ancora struccato, non ha ancora mangiato. Da contraltare a questo moto irrefrenabile c’è proprio l’Umbria, dove vive con sua moglie, l’attrice Laura Chiatti, e i loro due figli, Enea, 6 anni in questi giorni, e Pablo, di un anno più piccolo.
Un buen retiro, la sua regione di nascita, cui ha dedicato anche l’ultimo romanzo uscito per Mondadori: In provincia si sogna sbagliato. Mettere in moto tante energie, seminare, dà sempre un risultato, ed eccolo: Marco Bocci esce dalla seconda ondata della pandemia con Calibro 9, il film “on demand” di cui è protagonista, diretto da Tony D’Angelo, sequel di quel Milano calibro 9 che ha fatto epoca nel 1972.
E con Bastardi a mano armata, il thriller in arrivo su Sky l’11 febbraio. C’è poi l’attesa della riapertura dei teatri per il debutto dell’opera, Lo zingaro, di cui firma (con altri autori) anche la drammaturgia.
Ti faccio una domanda cattiva: a chi devi dimostrare di valere?
«Non credo sia dover dimostrare qualcosa a qualcuno: è molto più allegro e leggero di così. È una questione di stimoli: ho tanta voglia di fare, può sembrare che realizzi tante cose sul lavoro, ma lo pensi se guardi solo questo aspetto. Nello stesso tempo faccio altre quindicimila cose che non c’entrano con il mio lavoro. È proprio un’attitudine alla vita. Sono preso da troppi stimoli e cerco di dar loro una direzione».
Parliamo dello Zingaro.
«Lo zingaro è un testo che nasce da una mia esperienza, che mi ha cambiato la vita, e certi passaggi, certe cose, solo io potevo descriverli. Lo zingaro è un personaggio inventato ma, mano a mano, si scopre che sono proprio io che lo sto interpretando. Il bello è che, mentre se ne accorge lo spettatore, se ne accorge anche l’attore».
I sipari in Italia sono chiusi e una mia amica dice che il teatro senza pubblico è come un matrimonio senza la sposa.
«Il teatro senza pubblico è inconcepibile perché sarebbe come recitare per se stessi, quando invece un attore ha bisogno di farsi guardare. Ma non per esibizionismo: lui è un mezzo per comunicare, trasmettere. Quasi per riuscire a parlare, o a denunciare».
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Foto di Riccrado Ghilardi - Foto 1: look Fendi; Foto 2: look Etro
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