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Maggie Maggie Maggie

Maggie Maggie Maggie

foto di Silvia Grilli Silvia Grilli — 12 Aprile 2013

È stata molto odiata, in Gran Bretagna e nel mondo. Nel film con Meryl Streep, The Iron Lady, l’hanno raccontata sola, alla fine della vita, prigioniera dei propri fantasmi e dell’alzheimer: una persona fragile, non la condottiera che era stata.

Silvia Grilli

È stata molto odiata, in Gran Bretagna e nel mondo. Nel film con Meryl Streep, The Iron Lady, l’hanno raccontata sola, alla fine della vita, prigioniera dei propri fantasmi e dell’alzheimer: una persona fragile, non la condottiera che era stata.

Perché a una donna bisogna sempre perdonare il potere, un peccato probabilmente superiore all’essere antiegualitaria e liberista, come era Margaret Hilda Thatcher.
A me piaceva. Amavo la sua etica del lavoro: «Non conosco nessuno che sia arrivato al vertice senza lavorare duro» diceva. Adoravo la sfrontatezza che aveva sin da ragazzina, quando alla consegna di un premio rispondeva: «Non sono stata fortunata, me lo sono meritato».
Condividevo il suo accomunare  fascismo e comunismo, che cercano il dominio dello Stato sull’individuo. Negli ultimi suoi anni me la immaginavo come una regina in esilio, un simbolo potente che prima o poi sarebbe ritornato.

Quando fu eletta, le femministe scesero in piazza: «Maggie, Maggie, Maggie, via via via». L’accusavano di non aver mai fatto nulla per le donne. Non ha mai voluto rilasciare un’intervista solo in quanto essere umano di sesso femminile.  Diceva: «Dobbiamo semplicemente mostrare agli uomini che siamo migliori di loro».

Agire come un uomo è il prezzo del successo, una volta che l’hai raggiunto ti chiamano «strega» ed «erinni», Thatcher lo sapeva, ma non se n’è mai lamentata. Guardandola, le ragazze hanno avuto un nuovo lavoro da mettere nella loro lista: quello di primo ministro. Grazie, Margaret.

© Riproduzione riservata

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