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«Lo stupratore di famiglia»: l’editoriale di Silvia Grilli

«Lo stupratore di famiglia»: l'editoriale di Silvia Grilli

foto di Silvia Grilli Silvia Grilli — 31 Ottobre 2024
Silvia Grilli
Il nuovo numero di Grazia è ora in edicola e su app. Ecco l'editoriale della Direttrice Silvia Grilli

Si pensa che il tipico stupro sia quello avvenuto a Torino: una donna violentata tra ruderi e baracche da quattro stranieri con accento arabo, che s’incitano l’un l’altro: «Fattela, così adesso sei un uomo». Si pensa, cioè, che sia un evento estremo di cronaca nera, accaduto a una poveretta che si è incautamente fatta abbindolare da uno straniero.

Ma lo stupro è anche quello di un maritino amorevole che ti porta il gelato preferito a letto, poi ti narcotizza e ti fa violentare a tua insaputa a casa vostra da un totale di 51 uomini reclutati su internet, com’è accaduto tra il 2011 e il 2020 in Provenza, in un tranquillo villaggio da cartolina.

Per i media di destra uno stupro di gruppo di stranieri è una notizia da esaltare, facendone materiale a uso dell’odio contro l’immigrazione, mentre quelli di sinistra fanno il loro mestiere ignorandola.

Per le testate di sinistra il caso francese è la dimostrazione che non solo gli immigrati stuprano, ma anche i bravi cittadini, francesi o italiani che siano.

Ovviamente a nessuno dei direttori di quei mezzi d’informazione, da qualsiasi parte politica stiano, importa nulla né della povera studentessa ventisettenne seviziata a Torino, né di Gisèle Pelicot che si è mostrata senza vergogna al mondo accusando la sua folla di stupratori: «La vergogna è per queste persone, non per noi violentate», ha detto.

Ma ho lavorato metà della mia carriera in redazioni per il 90 per cento composte da maschi, quindi so come funziona. In questo momento ridacchieranno, dicendo: «Figurati se per nove anni non si è accorta di venire stuprata».

Ma noi sappiamo che Gisèle sta dicendo la verità. Lo stupro non è solo quello da bassifondi. Alzi la mano chi non è stata mai violentata o molestata da un parente o da una persona che conosceva, da un amico, o dall’amico di un amico.

Nella maggioranza dei casi, lo stupratore non è l’uomo nero incontrato nel bosco, ma un conoscente, un confidente, un amico degli amici, un familiare, un marito.

Un marito che non necessariamente arriva al punto di venderti online, ma ti prende quando tu non vuoi, non puoi, non sai, non ti opponi. C’è una differenza abissale tra subire ed essere partecipi.

Ho impressa una scena brutale del film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani. È quando la protagonista, vittima d’infinita violenza domestica, sottostà in silenzio all’amplesso animale del “capofamiglia”. Un maschio che, ottenuta la propria soddisfazione, le dice: «Hai visto che ti voglio ancora bene?».

Sì, certo, come no? Un bene come quello che voleva a sua moglie il coniuge stupratore di Gisèle Pelicot: per loro tu non sei un essere umano, ma un corpo non senziente di loro proprietà, il cui valore è essere utile agli uomini in qualsiasi modo.

Anch’io vorrei essere lì, fuori da quel tribunale francese, ad aspettare madame Pelicot in mezzo alla folla di sostenitrici che la applaudono quando arriva, perché in lei vedono loro stesse, le loro mamme, le loro nonne.

Ora la vita dell’ex manager Gisèle, che si era ritirata in Provenza con il compagno, non sarà facile a 72 anni, dopo aver scoperto che l’uomo al quale aveva consegnato la sua esistenza era un violentatore. Ma, volendo che questo processo diventasse pubblico, questa donna sta facendo qualcosa di grande. Il suo inferno non è più privato, è l’inferno di tutte.

Questo processo è diventato l’atto di accusa alla cultura dello stupro che pervade tutto: i bassifondi di periferia e le ville borghesi, ogni ambiente di lavoro, ogni strada, ogni università. Il marito di Gisèle Pelicot non è uno psicopatico. È come gli stupratori arabi della periferia di Torino: violentando dimostra a se stesso e agli altri maschi di essere un uomo.

Queste storie che fanno i titoloni dei giornali sembrano lontanissime, ma non è così. I loro indizi sono tutti attorno a noi.

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