La scuola è il nostro sogno di uguaglianza. È l’utopia di una società di pari opportunità dove chiunque può trovare gli strumenti per realizzarsi, e gli insegnanti sono i maghi che la fanno accadere. Ma l’accoltellamento di una professoressa in provincia di Milano, i pallini sparati in testa a una docente di Rovigo, l’educatore in provincia di Ferrara colpito con un pugno dal patrigno di una studentessa, i molti istituti di Napoli dove non s’insegna bensì si fa vigilanza, ci fanno temere che la scuola anche in Italia si sia trasformata in un campo di battaglia. I professori maschi sono spesso ostaggio dei bulli, mentre le femmine diventano bersaglio di commenti sessisti.
Che cosa sta accadendo? Perché un sedicenne di un istituto superiore di Abbiategrasso, nel milanese, ha tirato fuori un pugnale da caccia e ha accoltellato una professoressa alle spalle mentre lei era china su un banco? Gli esseri umani si rendono conto di quanto desiderino il riconoscimento del mondo quando questo non gli viene dato. Vediamo noi stessi come gli altri ci vedono, e quando ci vedono sbagliati a volte il nostro io si disintegra. L’adolescente di Abbiategrasso era stato bocciato, aveva ricevuto due in storia, preso note su note, continuato a fare scherzi cattivi in classe senza chiedere scusa e, per il giorno dopo, il preside aveva convocato i suoi genitori.
Ma sono io sbagliato o lo è la professoressa? Le persone la cui vita si sta per dissolvere nel caos afferrano qualsiasi appiglio. Un’arma identica a quella di Rambo, come nel caso del pugnale del ragazzino di Abbiategrasso, ha un effetto psicologico forte su chi si sente impotente. Un’arma così è come un serpente che sibila al tuo orecchio.
C’è sempre una componente di emulazione da social media in questi attacchi agli insegnanti. A volte gli assalti vengono filmati e diffusi da chi li compie per mostrare la grandezza della messa in scena: nello spettacolo, questi aggressori sono le grandi star di una rappresentazione online imbottita di violenza. Spesso è per loro una prova per dimostrare che cosa sanno fare. Sono io l’eroe?
Ma io vorrei sottolineare un particolare. Il ragazzo di Abbiategrasso ha chiesto scusa ai compagni prima di accoltellare l’insegnante. Era come se stesse per commettere un doloroso, ma inevitabile, compito. Forse se qualcuno gli avesse detto: «Non devi farlo, non devi dimostrare questa strana forza, ti accettiamo lo stesso», avrebbe pianto e rinunciato.
Abbraccio la professoressa ferita e sono con lei. Siamo forse gente di un’epoca meno attrezzata a fare i conti con il nostro dolore e le nostre sconfitte. Dopo la pandemia molti adolescenti hanno rivolto le loro sofferenze psicologiche contro se stessi, con ferimenti e suicidi. Anche lo studente di Abbiategrasso, stando ad alcune cronache, avrebbe cercato di ferirsi dopo il suo gesto. Non conosco la sua famiglia, sarebbe troppo facile pensare che abbia l’esempio della violenza in casa. Ma io questo non posso dirlo, perché non lo so. So, però, che le scuole non possono rimediare a tutti i nostri disagi, purtroppo gli insegnanti non sono degli angeli. Il sedicenne di Abbiategrasso è stato ricoverato in Psichiatria. Se un ragazzo arriva a portarsi armi in aula, a minacciare, a colpire, posso solo immaginare l’abisso della sua solitudine mentale.
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