«La vendetta degli uomini è cominciata»: l'editoriale di Silvia Grilli

Un piccione chiede a un pappagallo: «Perché sei in gabbia?» «Perché parlo». La libertà di espressione è sovversiva. Quando la pretendono le donne è considerata ancora più pericolosa per l'ordine prestabilito.
Apriamo gli occhi: c’è una parte del mondo che si sta vendicando dei diritti che abbiamo conquistato, della parità che stiamo faticosamente ottenendo e non abbiamo ancora raggiunto.
Quel mondo pieno di risentimento sta cercando di far tornare indietro la storia. Vede le donne libere come minacce, le insulta sui social network. È convinto che le nostre democrazie siano diventate terre di conquista femminista e i maschi si trovino in svantaggio, vittime di donne potenti e sprezzanti.
Vogliono ricacciarci al nostro posto. In politica sono reazionari, nella sessualità predatori. Esistono comunità online dove si raggruppano uomini che condividono idee misogine, tra cui la regola dell’80/20. Sono convinti che l’80 per cento delle femmine sia attratto solo dal 20 per cento dei maschi (quelli con bellezza, patrimonio e status) e ignorino tutti gli altri spietatamente. Per questo condividono strategie per sedurle senza il loro consenso.
Quel mondo ha tifato affinché un 78enne bianco, ricco, noto per le sue uscite maschiliste e condannato per abusi sessuali, guidasse gli Stati Uniti. Donald Trump cerca di accontentarli: cancella le politiche d’inclusione per le donne e prova a farlo anche in Italia, dove chiede alle aziende che lavorano con l’America di non applicarle. Difende la visione conservatrice dei suoi sostenitori, secondo la quale l’emancipazione femminile peggiora la società.
La sua famiglia intercede per il rientro negli Stati Uniti, con aereo privato, dei fratelli Andrew e Tristan Tate. I due ex kickboxers americani erano agli arresti domiciliari in Romania per violenza sessuale e induzione alla prostituzione. Andrew è il leader acclamato della misoginia online con i suoi tutorial su come tenere a bada le donne e picchiarle.
Ma non è necessario arrivare agli eccessi dei Tate per capire che il clima è cambiato: basta leggere sui social gli apprezzamenti alla virilità del vicepresidente J.D. Vance, capace di portarsi ovunque la moglie Usha Bala Chilukuri, avvocata di successo che si è licenziata per mostrarsi adorante accanto al marito.
La misoginia emerge con tutta la sua ferocia in Adolescence, la serie Netflix più vista, dove un tredicenne nutrito di odio per le donne uccide a coltellate una coetanea che lo rifiuta. Anche il giovane femminicida è convinto che l'80 per cento delle donne sia attratto dal 20 per cento degli uomini. Agli altri restano scherno. sofferenza, pornografia online. Non mi fanno pena.
Cito la scrittrice canadese Margaret Atwood: «Gli uomini hanno paura delle donne che rideranno di loro. Le donne hanno paura degli uomini che le uccideranno». Filippo Turetta non voleva che Giulia Cecchettin si laureasse, perché temeva che il suo onore venisse sminuito. Non ci sono in Adolescence parole di pietà per la tredicenne uccisa. Protagonista è sempre il maschio rifiutato. È sua la sofferenza che viene studiata, mai quella della vittima.
Gli influencer della maschiosfera raggiungono anche i più giovani, che imparano velocemente a odiare le femmine. La radicalizzazione è avvenuta durante i lockdown, quando questi ragazzini, chiusi in casa, passavano il tempo su internet e siti pornografici. Tutta la sottocultura rap diffonde il messaggio che le femmine debbano essere oggetti sessuali con pochi diritti.
In ogni caso, senza bisogno di scomodare la maschiosfera, il sessismo è la norma. Quando l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi canzona prepotentemente una giornalista per una domanda sul Manifesto di Ventotene, le tira i capelli, poi si giustifica dicendo: «Il gesto che ho compiuto appartiene a una mia gestualità familiare», dimostra quanto sia normale considerare le donne esseri inferiori.
Non solo Prodi, ma quasi tutti gli uomini da sempre esercitano “mansplaining”, quel parlarci sopra, pretendendo di essere detentori della conoscenza e dandoci spiegazioni non necessarie.
La scrittrice americana Rebecca Solnit racconta che, durante una festa, un uomo imponente e molto ricco le si avvicinò dicendo: «Ho sentito dire che ha scritto un paio di libri». E, con lo stesso tono di chi incoraggia una bambina a raccontargli come vanno le lezioni di flauto, le chiese: «Di che cosa parlano?» Poi, senza ascoltarla, cominciò a pontificare su un libro molto importante. Peccato che l’autrice del volume, che il tizio le stava spiegando dopo aver letto solo una recensione, fosse lei: Solnit. Le donne conoscono bene quella presunzione degli uomini che ci riduce al silenzio, facendoci dubitare di noi, mentre rafforza nei maschi un’abnorme fiducia in se stessi.
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