La scelta di Brittany
Avevo provato sollievo davanti al ripensamento di Brittany Maynard, quando in un video aveva raccontato: «Mi sento ancora abbastanza bene e sono ancora abbastanza felice e continuo a ridere e a sorridere con la mia famiglia e i miei amici».
Avevo provato sollievo davanti al ripensamento di Brittany Maynard, quando in un video aveva raccontato: «Mi sento ancora abbastanza bene e sono ancora abbastanza felice e continuo a ridere e a sorridere con la mia famiglia e i miei amici».
Mi ero detta: la vita è più forte, nonostante il cancro terminale non si può scegliere di morire quando si hanno 29 anni, ancora sprazzi di gioia, un marito e i tuoi cari che ti amano tanto. Mi ero sbagliata. Brittany non ha mai cambiato idea. Il primo novembre si è data la morte circondata dall’affetto dei suoi cari in uno Stato che consente l’eutanasia, l’Oregon, con farmaci prescritti dal suo medico. Per lei, malata di tumore al cervello, era più difficile scegliere di restare in vita, vedendo il suo corpo cambiare con la malattia, e non riuscendo a volte neppure a pronunciare il nome dell’uomo che aveva sposato quando era bella e stava bene. Mi hanno colpito le parole disperate della madre: «Non è compito mio dire come deve vivere e non è compito mio dire come deve morire. Devo solo darle
il mio amore mentre attraversa tutto questo».
Ho avuto l’impressione che dietro la decisione di Brittany ci fosse la passione per una vita che non contemplava né il dolore né la perdita. Ma chi sono io per poter giudicare una persona che ha un cancro terminale? Rispetto e rispetterò sempre la scelta di tutte le Brittany.
© Riproduzione riservata
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