«La colpa della madre di Impagnatiello»: l'editoriale di Silvia Grilli

Molti vorrebbero l’ergastolo per Alessandro Impagnatiello, che ha ucciso la fidanzata Giulia Tramontano e il figlio che aspettavano. Ma sento anche ripetere: «Però pure Giulia, che è andata all’ultimo appuntamento chiarificatore...»; «...Però anche l’altra ragazza, mettersi con uno così che al lavoro veniva chiamato “il lurido”...»; «...Però anche la madre: chissà come ha tirato su quel delinquente...».
Si continua a dare alle femmine parte delle colpe dei maschi, anche quando sono già state massacrate come Giulia, uccisa con il suo bambino; come la mamma che avrà la vita irrimediabilmente sconvolta dal crimine del figlio assassino; come l’altra giovane donna, perseguitata dal pregiudizio. Abbiamo costruito sufficiente coscienza sociale per condannare i femminicidi, ma non abbastanza per attribuire la totale responsabilità agli uomini che uccidono. Loro sembrano giustificati dall’essere maschi e cioè, da che mondo e mondo, pericolosi per le donne. Il messaggio sottinteso è che, poiché la biologia della sopraffazione non può essere cambiata, non resta che insegnare alle femmine a non correre pericoli.
E allora via: tiriamoci la zappa sui piedi, diamo le colpe a noi stesse. Alessandro Impagnatiello non ha chiesto scusa. Ha detto di avere ucciso «perché era stressato». Le scuse le ha domandate la sua mamma, sconvolta: «Chiedo perdono da madre, ma non so cosa fare. Chiedo perdono per aver fatto un figlio così». È l’unica che si è flagellata pubblicamente e in fondo, leggo qua e là nei commenti sui social, è un po’ anche imputabile di un figlio narcisista manipolatore.
Io invece credo che a 30 anni (l’età di Impagnatiello) le madri non siano più da tempo responsabili dei comportamenti dei figli. A 30 anni la colpa dei nostri crimini è nostra, e se qualcuno diventa un omicida non è a causa della mamma. Eppure continuiamo a cascarci tutti. Quando andiamo dallo psicoanalista e ci fanno la domanda «Raccontami di tua madre», capiamo: «Raccontami come ti ha sconvolto la vita».
Non so chi sia il padre di Impagnatiello, di lui non ho notizie, però so che la scienza e la società hanno sempre entusiasticamente dato la colpa alle madri per una grande quantità di problemi. Lo psichiatra Leo Kanner ipotizzò che la causa dell’autismo fosse una mancanza di calore materno delle cosiddette “mamme frigorifero”. Sigmund Freud e altri neurologi hanno fatto risalire la schizofrenia alle madri cattive.
E i padri?
Attribuire la responsabilità alle mamme è sempre stata una forma di controllo sociale. Le favole sono piene di madri buone morte e matrigne malvagie vive che maltrattano le cenerentole e puntano a prendersi tutti i soldi del vedovo. Le fiabe sono anche affollate di cappuccette rosse che si avventurano nel bosco, invece di stare tranquille chiuse in casa. Ma se osserviamo bene le une e le altre - le matrigne e le cappuccette - vediamo che erano semplicemente figure femminili che sfidavano la morale dei tempi, perciò da incolpare.
Ciò che mi fa più rabbrividire nei dati dei femminicidi è l’età di chi li commette: soprattutto dai 18 ai 35 anni, segno che anche per uomini giovani le donne restano proprietà su cui fare ciò che si vuole. Un cambiamento c’è, ma è molto lento. Finché non si condannerà la sopraffazione, e non vincerà il rispetto, daremo sempre la colpa alle madri, alle mogli, alle fidanzate perché gli uomini sono fatti così e tocca a noi difenderci dai lupi.
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