L’enormità del male
Non dimenticherò questo giorno, lunedì 16 giugno, quando l’enormità e l’insensatezza del male sono entrate nelle nostre vite con violenza inaudita.
Non dimenticherò questo giorno, lunedì 16 giugno, quando l’enormità e l’insensatezza del male sono entrate nelle nostre vite con violenza inaudita.
Non scrivo qui del muratore identificato dai test genetici come assassino della tredicenne Yara Gambirasio, quattro anni dopo il delitto. Si è avvalso della facoltà di non rispondere e preferisco aspettare che si faccia più chiarezza.
Ma di Carlo Lissi, il padre e marito che ha ucciso a coltellate la moglie e i figli di 5 e 21 mesi, sì, desidero scrivere. Perché guardando la faccia bella e giovane di questo trentunenne, le foto della sua sposa e dei suoi bambini, tutto evoca normalità. Perché sembrava solo un incapricciamento, anch’esso iscrivibile alla normalità, la sbandata che aveva preso per una collega che l’ignorava. E ancora pareva normalità che fosse andato a vedere con gli amici la partita dell’Italia. E invece la verità è il male: il coltello da cucina, la moglie sgozzata dopo aver fatto l’amore, i figli accoltellati nel sonno, poi la messinscena di una finta rapina e la ricerca di un amico da cui andare a vedere la partita per crearsi un alibi.
Quando, interrogato dai carabinieri sulla ragazza di cui si era pazzamente innamorato, Lissi è crollato, ha confessato di avere sterminato la famiglia perché era diventata una «gabbia insopportabile». La moglie e i bambini erano un intralcio per nuovi amori e li ha massacrati.
È stato quando ha preso consapevolezza dell’enormità del male compiuto, che l’assassino ha chiesto il massimo della pena. Sì, perché solo la pena potrà dargli sollievo per tutte quelle vite annientate. E tuttavia nessuna condanna, per quanto lunga e severa, potrà mai commisurarsi all’enormità del male che ha commesso.
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