«Kate Middelton e noialtre»: l'editoriale di Silvia Grilli

Venticinque anni dopo la morte di Diana Spencer il mondo ha una nuova principessa del Galles: Kate Middleton. Il titolo di principi del Galles spetta al successivo nella linea di successione al trono e dopo la morte di Lady D c’era stato il vuoto.
Non sarebbe certo stata Camilla ad aggiudicarselo, seppure dopo essersi sposata con Carlo. Con intelligenza vi aveva rinunciato: per rispetto, con la consapevolezza che sarebbe stata considerata un’usurpatrice.
La regina se n’è andata, la passione del suo popolo e anche nostra ha saltato una generazione. Siamo passati direttamente a William e Kate, una coppia apparentemente quasi normale, in una dinastia che dopo Diana ha imparato ad accettare che i matrimoni siano basati su compatibilità di carattere, comprensione e amore.
C’è poco che avvicini le due principesse del Galles, quella morta il 31 agosto 1997 sotto il ponte dell’Alma a Parigi e la misurata protagonista di oggi. Dalle immagini che confrontiamo, salta all’occhio il loro amore manifesto per i bambini, un certo sorriso (malinconico quello di Diana, rasserenante quello di Kate). Non ci sono le crisi e i pianti di Lady D nella vita di Kate, c’è sempre una lieve compostezza. E c’è la distanza (o la timidezza).
La vita pubblica e privata di Catherine è perfettamente coreografata sui social media, dove lei stessa scatta le foto dei compleanni dei suoi figli e ci offre scorci della loro vita privata. Kate così bella, così alta, così perfetta, e tuttavia così dolce da farsi venire il mal di testa quando è lontana dai suoi bambini, con un’esistenza personale apparentemente così armoniosa e quasi noiosa, nonostante le varie tragedie della famiglia reale. Nel mondo dei social noi abbiamo l’illusione di essere amici di tutti perché li seguiamo, perché mettiamo un like, eppure di Kate non sappiamo niente, se non il suo silenzio, il suo non rispondere mai alle critiche. E sogniamo i suoi abiti, talmente amati dalle italiane che, dopo il funerale della regina, sono tornate a comprare vestiti neri, soprattutto come quello che indossava la principessa.
Ci eravamo immedesimate in Diana, nei suoi pianti, nei tradimenti subìti, nei suoi nuovi amori, nella sua umanità, nel suo glamour anche audace degli ultimi anni. Guardiamo a Kate Middleton senza nessuno dei furori che allora ci avevano travolto seguendo la vita di Lady D. Amiamo i suoi capelli, la sua manifesta solidità, la sua devozione a un ruolo che sarà suo. E vediamo in lei più Elisabetta che Diana, un’ambasciatrice reale che svolge un ruolo senza drammi, senza show, e un sorriso che è una dichiarazione di distensione.
Questo numero di Grazia è su Kate, sulla sua persona e i suoi abiti indossati alla maniera della regina Elisabetta: come strumenti di riconoscibilità e diplomazia internazionale, utilizzando marchi britannici ma, diciamolo, anche molto italiani soprattutto se hanno cognomi inglesi ma sono italianissimi, come Alessandra Rich.
Questa edizione è per lei e non per sancire da che parte stiamo tra Kate e sua cognata Meghan che amiamo pure in modo differente, ma perché nell’epoca dei social Kate è rimasta l’ultima icona un po’ distante. Non sappiamo davvero come sia, ma crediamo di saperlo e questa è la cosa più importante.
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