Volto della Hollywood più sofisticata, icona di eleganza, ma anche imprenditrice capace di seguire il suo istinto e ciò che le fa battere davvero il cuore. All’inizio della sua carriera Kate Bosworth, 38 anni, poteva accontentarsi del ruolo di Lois Lane nel film Superman Returns e costruire da lì una carriera fatta di kolossal e contratti sicuri. Invece l’attrice americana ha sempre scartato di lato, scegliendo con il cuore e l’intuito.
Quando la incontro mi parla del suo progetto, Kind.est, il sito dedicato alla gentilezza (“Kind” in inglese) e alle cose che ama di più. «Da quando mi occupo di tutti i contenuti mi sento molto meglio: scrivere è davvero un’esperienza straordinaria», dice. «Quando è iniziato il lockdown, lo scorso marzo, ho deciso di lanciare questo spazio digitale sebbene non avessi un piano preciso, tranne quello di cominciare a parlare delle cose che mi interessavano, pensando che qualcuno avrebbe potuto ascoltare». E così è stato, tanto che Kind.est ora viene considerato una sorta di fratello minore di Goop, il portale multimilionario dell’attrice Gwyneth Paltrow.

Nata a Los Angeles e cresciuta a San Francisco, Bosworth ottiene, grazie alla sua esperienza di cavallerizza, il suo primo ruolo cinematografico a soli 14 anni, quando viene scelta per interpretare Judith, nel film L’uomo che sussurrava ai cavalli. Nel 2002, poi, arriva il successo quando recita come protagonista nel film Blue Crush, incentrato sull’ambiente del surf e per il quale si preparò per mesi con l’aiuto di due allenatori privati.
«Volevo quella parte con tutta me stessa ed è ancora la sfida più importante della mia carriera. Per tutti vedermi nei panni della protagonista sembrava impossibile, dal momento che non avevo mai toccato una tavola da surf». Sposata dal 2013 con il regista Michael Polish, dopo una relazione importante con Orlando Bloom, Bosworth è coinvolta in molti progetti, incluso uno che, dice, le sta decisamente a cuore: essere la madre migliore per Jasper, la figlia nata dal primo matrimonio di suo marito. “Grazie di essere stata la mia mentore e la mia guida negli ultimi 11 anni”, le ha scritto di recente la ragazza su Instagram, “tu non sei solo mia madre ma anche la mia migliore amica”.
Lei ha compiuto da poco 38 anni e ha iniziato a recitare da giovanissima: che tipo di guida prova a essere per Jasper?
«L’essere figlie uniche ci lega molto e ne abbiamo parlato spesso. I figli unici hanno una sorta di familiarità con la solitudine, ma allo stesso tempo tendono a crearsi un mondo a parte, dove usare liberamente la propria immaginazione. Io mi sono sentita spesso un po’ strana, senza essere davvero a mio agio con gli altri».

Ora però si è aperta al mondo anche grazie al suo progetto digitale. Come è nato Kind.est?
«Mio marito e io siamo insieme da dieci anni ormai, il che è pazzesco, a pensarci. E in America abbiamo questa nozione romantica secondo cui le relazioni debbano essere perfette, semplici e facili, mentre quando si decide di vivere una vita insieme, ci sono due piani paralleli che si sviluppano: quello di noi come singoli e quello di coppia. E questo mette in moto una serie di meccanismi. L’idea del sito mi frullava in testa da tempo ma, prima del Covid, mi spostavo ogni due settimane ed ero impegnata su diversi progetti. Non riuscivo mai a concentrarmi. Così, all’inizio della pandemia mi sono detta: “Questo è il momento giusto per realizzare la mia idea”. In più l’anno prima mia nonna, la matriarca della nostra famiglia, alla quale ero legatissima, era morta e io non mi ero mai sentita così disconnessa da tutto ciò che mi circondava. Mi è sembrato importante condividere con gli altri quell’esperienza, spiegare che cosa significasse quel lutto per me e, in tal modo, scoprire che non ero sola a provare certe emozioni».
Per lei dunque è importante sentirsi “connessa” agli altri. Sul sito lei è stata una delle prime a ospitare la giovane poetessa Amanda Gorman, che ha stupito tutti all’inaugurazione del presidente americano Joe Biden. Come mai?
«Sì, l’avevo incontrata grazie a un’organizzazione con la quale collaboro che si chiama Vital Voices ed eravamo immediatamente diventate amiche. Così nove mesi fa ho pensato di ospitarla sul sito perché pensavo che tutti dovessero conoscerla. Nel presentarla, ho fatto riferimento a questo poema, Rise Up, e ho detto che lei avrebbe cambiato il mondo. Il punto è che, quando qualcuno ha una tale forza vitale dentro, sai che è solo una questione di tempo prima che se ne accorgano anche gli altri. Amanda è chiaramente brillante, ma è la sua anima a essere trascendente e lo penso con tutta me stessa. È qui per comunicare con noi e per aiutarci a comunicare gli uni con gli altri».
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Articolo di Zoe Ruffner
Foto di Sasha Samsanova
Styling di Petra Flannery
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