Jonathan Bailey: «Io, visconte di Bridgerton, non mi nascondo più»
Lui davanti alla sua cena, io con un bicchiere di vino in mano. In mezzo a noi, il computer. Dopo un’intervista saltata all’ultimo momento, incontro finalmente Jonathan Bailey via Zoom.
È diventato famoso grazie al successo planetario di Bridgerton. E le prossime settimane si parlerà sempre di più di lui: è il protagonista della seconda serie in onda su Netflix dal 25 marzo.
E c’è da scommettere che nel ruolo di Anthony, primogenito della famiglia Bridgerton, ci farà presto dimenticare il super sexy duca di Hastings, Regé-Jean Page, l’unico del cast che non ritroveremo in questa nuova stagione.
Jonathan mi racconta il suo amore per il nostro Paese: «Ho lasciato lì un pezzo del mio cuore, anzi di gambe, per essere precisi», dice ridendo. Una o due volte all’anno Bailey viene infatti in Italia in bicicletta. «Le spiace se mangio mentre chiacchieriamo?», mi chiede rivelandomi il suo menù. «Hamburger di tacchino e broccoli. Me l’hanno appena consegnato a domicilio».
Ha l’aria scanzonata, ironica, leggera, molto diversa dal personaggio che interpreta nella serie in costume prodotta da Shonda Rhimes e ambientata tra l’aristocrazia londinese dell’era della Reggenza. Bridgerton, creata da Chris Van Dusen e basata sui romanzi rosa di Julia Quinn pubblicati da Mondadori, è stata vista da 82 milioni persone in più di 190 Paesi: ha battuto ogni record. Merito di un perfetto mix di ingredienti: una sceneggiatura ben orchestrata condita da segreti, intrighi di corte, costumi da sogno e un cast votato alla “diversity”.
Il pubblico ci ha così trovato evasione, amore, sesso, un po’ di “pruderie” e un tessuto narrativo innovativo in cui ognuno si sente rappresentato.
Ma chi è Jonathan Bailey? L’attore, 34 anni il 25 aprile, è nato a Benson, un paese di circa cinquemila abitanti nell’Oxfordshire. Si è innamorato della recitazione a 5 anni, quando ha visto nel teatro locale il musical Oliver!, tratto dal romanzo di Charles Dickens, Oliver Twist. Da piccolo si era appassionato anche di danza classica: si era ispirato a una delle sue tre sorelle maggiori che prendeva lezioni di balletto. Adorava “plié”, “rond de jambe”, “fondu”, ma ha dovuto smettere a 12 anni, perché i compagni lo prendevano in giro. «Il balletto è diventato un eufemismo per qualcosa d’altro», ha raccontato. Si è dedicato così solo alla recitazione, lavorando per alcune produzioni teatrali e serie tv britanniche, da Leonardo della Bbc, biopic del giovane Da Vinci, a Broadchurch, una serie poliziesca.
Ma in realtà ha conquistato fama mondiale con Bridgerton, interpretando Anthony, il primogenito degli otto fratelli. E se nella prima serie era l’abile amante della cantante lirica Siena, con cui ha avuto un’appassionata relazione clandestina, nella seconda è alla ricerca della moglie perfetta. Nella vita reale, invece, Bailey non ha mai nascosto di essere gay. Anche in questo Bridgerton è una serie rivoluzionaria. Perché dimostra che Hollywood sta cercando di superare i pregiudizi sull’omosessualità degli attori. Come dire: per interpretare un focoso amante etero non conta il suo orientamento sessuale, ma la sua bravura nel recitare.
Quando si è reso conto di essere diventato famoso a livello planetario?
«Non è ancora successo. Quando è uscita la prima serie eravamo in lockdown, poi ho iniziato a girare la seconda: è stata una maratona. Mi svegliavo alle cinque del mattino e tornavo a casa alle sette di sera. E non ho potuto socializzare troppo a causa dei rischi legati al Covid. È vero, sono stato negli Stati Uniti e mentre camminavo a New York qualcuno mi ha riconosciuto ed è stato comunque strano per me. Amo l’Italia e prima di Bridgerton sono stato in Salento, a fare un giro in bicicletta. Poi, in una pausa dalle riprese, sono tornato in Toscana e lì, in una piccola località, mi hanno riconosciuto. Il fatto che sia successo in un piccolo e remoto luogo suonava un po’ allarmante. La verità è che non voglio convincermi di essere famoso in tutto mondo. Preferisco continuare a fare una vita normale e mangiare hamburger».
Sta dicendo che a Londra non viene inseguito dai fan che le chiedono continuamente selfie al ristorante?
«No, forse sono fortunato. Ma effettivamente se dopo una cena al ristorante entro in un pub dove la gente è allegra e un po’ brilla, qualche richiesta di selfie arriva. Ma in generale le persone sono gentili e rispettose».
In Italia temo che siamo più invadenti. Soprattutto dopo questa seconda stagione in cui è il protagonista.
«Sono curioso di vedere che cosa succederà quest’estate. Torno in Italia con tutta la mia famiglia per tre settimane. Ma c’è sempre la possibilità di tirar fuori una mascherina anti-virus. Si presta ad applicazioni molto intelligenti».
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Foto di JASON HETHERINGTON
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