Jessica Alba: Non provate a fermarmi
Sul grande schermo si è fatta conoscere come eroina sexy. Poi Jessica Alba ha fatto due figlie e fondato un’azienda di prodotti ecologici che l’ha trasformata in una Manager Star. Ora, dopo una lunga pausa, torna con un film d’azione. Per raccontare la lezione più importante che ha imparato lontano dal set: «Niente è più irresistibile di un’icona che sa cavarsela da sola»
Jessica Alba arriva al nostro incontro in un abito arancione mozzafiato di Victoria Beckham. Sorride, si presta agli scatti dei fotografi e poi comincia ad armeggiare con lo smartphone: sta registrando uno di quei brevi video che poi posta sul suo profilo del sistema di messaggistica Snapchat. La conosco da 15 anni, da quando esplose nella serie tv Dark Angel, nei panni di una supereroina sexy in giacca attillata di pelle nera. Ma negli ultimi anni l’attrice è stata più impegnata a metter su famiglia con il marito, Cash Warren, incontrato sul set del film del 2005 I Fantastici 4: ha dato alla luce due bambine, Honor e Haven, 8 e 5 anni, e ha creato quasi dal nulla un’azienda di prodotti ecologici, The Honest Company, che l’ha fatta diventare una delle nuove imprenditrici americane più dinamiche. Non molti giorni fa Jessica era una delle star americane invitate alle sfilate di Parigi, mentre la scorsa settimana era seduta accanto al direttore operativo di Facebook, Sheryl Sandberg, a spiegare come si diventa donne d’affari di successo.
Oggi, però, siamo qui per parlare del suo ritorno al cinema con il film d’azione Mechanic: Resurrection (nelle sale dal 3 novembre), accanto a Jason Statham, l’attore che periodicamente appare nella liste dei probabili nuovi James Bond dopo l’addio di Daniel Craig al ruolo del mitico agente segreto.
È bello rivederla su una spiaggia esotica in un film di spionaggio. Sul grande schermo è la protagonista di scene in bikini che nulla hanno da invidiare ai film di 007.
«Per la mia parte in Mechanic: Resurrection non bastava studiare un copione. Ho avuto un allenatore personale per tutte le sequenze di combattimento e sono dovuta tornare in palestra per quella che per me è stata la prova costume più difficile dell’anno».
È curioso che il film del suo ritorno al cinema abbia la parola “Resurrection”, resurrezione, nel titolo.
«Sì, è vero, negli ultimi tempi avevo un po’ messo da parte Hollywood, preferendo interpretare piccole parti in progetti di registi amici. Ma stavolta tutto sembrava adattarsi alla mia nuova vita: mi sono presa una vacanza e sono andata a girare le mie scene in Thailandia».
Quali arti marziali ha dovuto imparare?
«Il krav maga, una disciplina di autodifesa nata in Israele. Non l’avevo mai provato prima e l’ho trovato coinvolgente perché ti permette, anche nelle riprese più violente, di realizzare delle coreografie simili a quelle di una danza».
Questo le ha reso più accettabile la parte della bella ragazza in un film dove il protagonista è una specie di James Bond?
«Uno dei dettagli su cui non ho voluto cedere è stato proprio che Gina, la ragazza che interpreto, non fosse un personaggio banale. Doveva esserci un accenno di storia d’amore tra i protagonisti e non volevo essere la solita “bella e stupidina”. Mi sono assicurata che il mio personaggio avesse un passato: dovevo combattere? Bene, allora volevo che qualcosa della sua storia spiegasse la sua conoscenza delle arti marziali. Dovevo in qualche modo piacere al personaggio interpretato da Jason? Allora non potevo essere solo carina, ma dovevo essere un tipo di donna forte, di quelle che se la cavano anche da sole e che sanno guadagnarsi il rispetto di chi hanno intorno».
Lei in questo è stata molto brava. È riuscita a diventare in pochissimo tempo un’imprenditrice nel vero senso della parola con la sua The Honest Company. Come ci è riuscita?
«Il mio vero lavoro, forse, adesso è quello, mentre girare film è diventato quasi una vacanza. Recito da quando ho 12 anni e mi trovo a mio agio quando posso dare sfogo al mio lato creativo. Nel mondo degli affari, invece, è tutto molto più bianco o nero. Ma, quando sono partita per la Thailandia, ho detto al mio staff: “Mi raccomando, se succede qualcosa di urgente, scrivetemi subito un’email”».
Come è cambiato per lei il valore del denaro da quando dirige un’azienda con centinaia di dipendenti?
«Sono cresciuta in una famiglia in cui i miei genitori, per mantenerci, avevano tre lavori ciascuno. Ho vissuto con i nonni gran parte della mia vita da bambina. Il mio primo obiettivo è sempre stato quello di raggiungere una certa tranquillità economica, adesso, invece, devo garantirla ad altre persone. E mi rende molto fiera riuscire a farlo e, nel frattempo, crescere come imprenditrice».
Da quando è negli affari la gente la tratta con più o meno rispetto?
«Vengo considerata in maniera diversa. Finire sulla copertina della rivista economica Forbes mi ha aiutato a essere presa più sul serio, anche perché ero lì non per presentare un film, ma per i risultati della mia azienda».
Che tipo di capo è lei?
«Direi collaborativo. Cerco sempre di capire che cosa c’è dietro le scelte dei miei colleghi, non mi tiro indietro davanti alle sfide e mi piace occuparmi personalmente dei problemi finché non si trova una soluzione».
Ha mai licenziato nessuno?
«Direttamente ancora no. Per me sarebbe una cosa orribile da fare, soprattutto perché vorrebbe dire che qualcuno ha in qualche modo tradito il nostro rapporto di fiducia».
Che cosa le dà il lavoro d’imprenditrice che non trova nel cinema?
«Nel mondo dello spettacolo entri immediatamente a contatto con tantissime persone, ma per un periodo di tempo limitato. La maggior parte dei tuoi colleghi, poi, non la rivedrai per anni. Invece in un’azienda incontri le stesse persone tutti i giorni e con loro affronti sfide e prepari progetti che definiranno la tua vita nei mesi successivi. Non mi era mai capitato di conoscere così bene i miei collaboratori, sapere che cosa sognano e le vite che hanno lontano dal lavoro. Questo crea un enorme valore, che va oltre quello degli affari della tua società».
Tra le due carriere, quella di attrice e quella di manager, c’è poi l’impegno come madre di due bambine. Quanto conta questo aspetto per lei?
«È in assoluto l’esperienza che più mi ha cambiata. Ormai non riesco nemmeno più a immaginare che cosa sarebbe la mia vita se non fossi una mamma. Crescere Honor e Haven mi ha fatto capire quanto da bambina fossi un tipo difficile per la mia famiglia. Solo adesso ho compreso la fatica dei miei genitori. Purtroppo, certe cose le vedi ben chiare solo da adulta: non sa quante volte mi sono ritrovata a piangere sulla spalla di mia madre e a chiederle scusa per non essere stata una figlia migliore».
Che cosa, invece, la rende felice?
«Non so, ogni giorno è diverso dall’altro. La serenità delle mie bambine è al primo posto. Finché sono serene, amate e sane, il resto è solo qualcosa che si può sistemare».
Lei è popolarissima sui social media e spesso le sue figlie appaiono in foto e video.
«Mi piace moltissimo essere sempre connessa e poter essere aggiornata su quello che succede nel mondo, o anche solo ai miei amici. Dei social amo poi l’idea che sia io a raccontare la mia storia di madre e di imprenditrice, dal mio punto di vista. L’importante con queste tecnologie è che, alla fine della giornata, tu possa separare la tua vita privata da quella pubblica».
Che cosa ricorda, invece, dei suoi esordi al cinema da teenager?
«Non dimentico che avevo pochissimi amicizie e che mio padre era sempre via. Per anni ho avuto problemi di salute e passavo moltissimo tempo in ospedale a pensare quanto mi sarebbe piaciuto essere qualcun altro. Recitare è stata la mia possibilità di fuggire da un mondo di solitudine che mi faceva soffrire. Forse è per questo che poi, in carriera, ho sempre interpretato supereroine, o comunque donne forti».
Jessica me lo dice sorridendo, con gli occhi quasi lucidi. Anch’ io penso che quello della donna determinata non sia un ruolo casuale. È la parte che la vita le ha cucito addosso.
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