Jared Leto: «Non mi basta un corpo solo per far parlare tutte le mie anime»

«Conoscete un attore che lavora più di me?». Con questa domanda Jared Leto è solito sfidare i registi che lo chiamano per interpretare un personaggio o per reinventarlo.
La star lo ha fatto anche con Lee Eisenberg e Drew Crevello che lo hanno scelto per il ruolo di un guru dell’imprenditoria, l’israelo-americano Adam Neumann, nella serie sull’ascesa e caduta del progetto di coworking WeWork.
L’idea innovativa di creare uno spazio di lavoro condiviso crebbe fino a diventare un marchio globale dal valore di oltre 40 miliardi di euro e crollò in meno di un anno. WeCrashed, letteralmente “ci siamo schiantati”, è il nome della serie, tratta dall’omonimo podcast di successo della piattaforma digitale Wondery e disponibile su Apple TV+ (un episodio nuovo ogni venerdì fino al 22 aprile).
«Mi è piaciuto sentirmi parte di un progetto così fresco e coraggioso, non capita tutti i giorni di raccontare un capitolo importante di storia contemporanea», ha dichiarato Leto, protagonista della serie con Anne Hathaway nei panni di Rebekah Paltrow (cugina dell’attrice e imprenditrice digitale Gwyneth). Nella serie Leto sfoggia lenti a contatto scure e adotta alcuni accorgimenti per somigliare come una goccia d’acqua al miliardario Neumann, ennesima dimostrazione di quanto definirlo attore sia, da sempre, riduttivo. Cantante, polistrumentista e autore principale dei Thirty Seconds to Mars (la rock band che ha formato nel 1998 con il fratello Shan- non), regista dei suoi stessi videoclip e dei documentari Artifact e A Day in the Life of America, Jared Leto è soprattutto un trasformista nato.

Capace come nessun altro di scomparire dentro i suoi istrionici personaggi, utilizza il corpo come strumento vivo del suo lavoro, operando cambiamenti fisici talmente profondi da renderlo irriconoscibile. Prima di accettare un ruolo si pone sempre la stessa domanda: «Saprà trasformarmi abbastanza?». Non a caso, dopo aver vinto un Oscar dimagrendo di venti chili per interpretare la transessuale di Dallas Buyers Club, lo abbiamo visto negli ultimi anni calarsi nei panni del Joker dai capelli verdi di Suicide Squad, dell’inquietante Niander Wallace di Blade Runner 2049 o dell’impacciato dandy Paolo Gucci in House of Gucci. Ma la sua nuova sfida è il super antieroe Morbius, protagonista dell’omonimo film Marvel, ora nelle sale italiane. «Il punto questa volta era portare sullo schermo un personaggio inedito, mai apparso prima, a parte un paio di episodi di un cartoon sull’Uomo Ragno», racconta Leto. «Sono magneticamente attratto dai ruoli che mi offrono l’opportunità di cambiare radicalmente, non solo a livello esteriore. I mutamenti emotivi e psicologici mi affascinano al pari di quelli fisici». Questa volta si è dovuto trasformare in uno scienziato oscuro che passa «dalla malattia terminale a una forma fisica potentissima». Ha apprezzato subito due cose di lui: «Il fatto che fosse un personaggio originale e la possibilità di poterne raccontare tutte le sfumature, senza dover scegliere: fragilità e potenza, umanità e mostruosità», dice la star. È un ruolo che gli ha richiesto un grande allenamento fisico e mentale. «Nel film non ci sono solo azione, acrobazie e combattimenti, ma un continuo oscillare tra le diverse parti del personaggio a livello psichico».
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Foto di JAY L. CLENDENIN
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