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Quando lavoravo nei giornali cosiddetti maschili, mi prendevano in giro per i miei «vestitini», come li chiamavano i colleghi maschi.
Quando lavoravo nei giornali cosiddetti maschili, mi prendevano in giro per i miei «vestitini», come li chiamavano i colleghi maschi.
In un quotidiano di Torino, dove mi occupavo di cronaca nera ed ero brava a risolvere i delitti, mi spostarono alla sezione società, preferendomi una giornalista che faceva meno scoop, ma vestiva da maschiaccio.
Da sempre alcune colleghe mi teorizzano che, per essere prese sul serio, bisogna vestirsi in maniera asettica. Ma io sono testarda e mai ho rinunciato alla mia passione per la moda, anche quando andavo in Medio Oriente a raccontare i terroristi islamici. Per questo provo simpatia per Alyssa Mastromonaco, una 38enne che, da braccio destro di Barack Obama nella gestione di guerre e uragani, è diventata collaboratrice di una rivista femminile.
Subissata di critiche, ha risposto: «Una donna può essere impegnata e contemporaneamente appassionata di moda, chi sostiene il contrario è un retrogrado».
Anche le nuove ministre britanniche sono state massacrate dai giornali pettegoli per i loro vestiti, borse, tacchi, scarpe. E personalmente provo ancora più fastidio se le critiche arrivano da altre donne. Come Helen Goodman, la portavoce del partito laburista, che ha accolto così le neo nominate: «Sono solo bamboline. L’unica cosa veramente interessante è il loro aspetto.» Le interessate hanno risposto dandole del dinosauro. Siete grandi, bamboline!
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