Quando sposò William, compiansi Kate. Mi sembrava una schiavitù entrare nella casa reale inglese. Sostenevo che fosse un contratto di lavoro, più che un matrimonio, fare parte della famiglia che nel Regno Unito viene chiamata “the firm”, l’azienda. Mi pareva un messaggio terribilmente retrogrado andare a nozze con un principe, tanto più se sei, come lo è Kate, una ragazza moderna della classe media, con una madre imprenditrice. Ma mentre la guardavo volteggiare con grazia in abiti leggeri durante il viaggio ufficiale in Australia e Nuova Zelanda, con i suoi due uomini (marito e figlio George) che visibilmente l’adorano, ho cambiato idea.
Kate e William portano in giro per il mondo l’immagine di una coppia moderna, innamorata e complice. I due ragazzi si sostengono a vicenda, fanno bene l’uno all’altra, sono felici con il loro bebè cicciottello. Appaiono così diversi dai genitori di William. Diana e Carlo rappresentavano l’infelicità matrimoniale. Lei era tormentata dalle proprie fragilità, lui mal opportava quella moglie ingombrante che soggiogava il mondo con la sua bellezza e debolezza, relegandolo al ruolo del marito carnefice. William invece applaude forsennatamente i discorsi di Kate anche quando lei s’inceppa, la sostiene sempre con lo sguardo innamorato. Sembra aver imparato dalla madre Diana come finalmente si fa ad amare una donna.
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